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“Sweep day” sulla privacy dei minori. Limite o tutela?

L’iniziativa afferisce alla "Privacy Sweep 2015", promossa dal Global Privacy Enforcement Network (GPEN), la
rete internazionale nata per rafforzare la cooperazione tra le Autorità
della privacy di diversi Paesi. 28 le Autorità di tutto il mondo, tra cui l’Italia, che hanno dedicato attenzione ad uno "sweep" cioè un’indagine a tappeto sulla privacy dei bambini, in particolare quelli compresi tra gli 8 e i 12 anni, già abili nell’uso delle tecnologie e dei nuovi media. L’obiettivo è monitorare alcuni format e luoghi virtuali più gettonati, app o device, per capire se sono rispettate le norme di tutela: nello specifico il grado di trasparenza sulla raccolta e sull’ uso delle informazioni riguardanti i minori, le autorizzazioni richieste loro per scaricare le applicazioni e il rispetto della normativa italiana sulla protezione dati. I risultati saranno raccolti ed elaborati per poi essere presentati nel prossimo autunno.

Un tema caldo quello della tutela dei dati personali, sopratutto se si configura uno stretto rapporto tra informazione e salute: un recente giro di vite del Garante sull’uso dei dati sanitari (vedi) sollecita una riflessione sul conflitto aperto che oggi domina la materia della comunicazione digitale: dalle tecnologie indossabili alle applicazioni dedicate al monitoraggio dei parametri vitali. Si definisce Internet of Things, Internet delle cose, cioè uno spostamento di soglia di accesso alla realtà che diventa da un lato più controllabile e dall’altra completamente centripeta. Ma la creazione di uno smart care system rientra nella sfida di una sanità più moderna che ingloba l’ICT, la Telemedicina, i social media come nuovi strumenti della comunicazione, il fascicolo sanitario elettronico…
L’accesso ai dati deve essere però tutelato in modo ragionato, secondo modelli di efficacia che non mettano in crisi l’intero sistema di fruibilità: penalizzare la ricerca per la paura di violazioni è sbagliato – ha affermato la Prof.ssa Lella Mazzoli dell’Università di Urbino, che ha diretto nel 2014  la ricerca  “La Diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico in Italia: Stato e Criticità” . Le competenze digitali non consistono primariamente nel saper usare un database o una App, ma nel saper ragionare e costruire sistemi ICT che abbiamo senso logico rispetto agli obiettivi che vogliamo raggiungere- ha affermato Gianfranco Gensini, presidente nazionale della Società Italiana Telemedicina e sanità elettronica, a chiusura del V congresso nazionale.

E-Health come risorsa o come pericolo? Una risposta che ha ancora bisogno di dibattito e ricerca, ma soprattutto di modelli concreti di efficacia e qualità per il SSN.

Una ricerca condotta dal Politecnico di Milano «Innovazione Digitale in Sanità: dai patti ai fatti» attraverso l’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management dello stesso Politecnico
sottolinea come l’e-Health abbia avuto un maggior investimento, progressivo, dal 2014, ma ancora sotto soglia rispetto alle potenzialità che l’ICT potrebbe introdurre in termini di qualità. Altro aspetto fondamentale: il feedback degli utenti, o meglio dei pazienti, che della sanità elettronica dovrebbero constatare i benefici. La risposta del pubblico è però molto sconfortante, a quanto risulta dall’indagine condottta in collaborazione con Doxa: l’83% della popolazione italiana infatti non ha mai sentito parlare di Fascicolo Sanitario Elettronico, l’88% non sa se è attivo nella propria Regione e il 95% non ha mai cercato informazioni a riguardo… vai alla notizia




Autore: Redazione FNOMCeO

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