C’erano moltissimi medici, sabato 28 settembre nell’aula universitaria di Taranto per seguire il Convegno "Salute, ambiente, lavoro nella città dell’acciaio", proposto dalla FNOMCeO, dagli Ordini provinciali dei medici di Taranto e Brindisi e dall’ISDE, Associazione medici per l’ambiente. E c’erano moltissimi cittadini e studenti raccolti attorno alle parole di Cosimo Nume, presidente dell’OMCeO della città pugliese: "Questa è una giornata che vuole essere simbolo e ripartenza, una giornata che insieme è di denuncia e di richiesta di maggior salute pubblica per tutti".
A Taranto l’inquietante presenza di ciminiere e nubi tossiche è un immagine che si stampa negli occhi, che deturpa la bellezza dei due mari che accarezzano la città. E mentre da Bruxelles arriva la bacchettata ambientale (sotto forma di avvio di procedura di infrazione, in quanto il nostro Paese proprio sull’Ilva non ha rispettato le direttive sulle emissioni inquinanti), dal convegno tenuto in questa città antica e deturpata, è arrivato un messaggio medico scientifico preciso e impegnativo, che Amedeo Bianco, presidente della Federazione, ha sintetizzato in due punti chiave: i medici di tutta Italia sono vicini alla città e i dati scientifici devono orientare le iniziative di tutela della salute.
Mantenendo fede al suo impianto scientifico, il convegno ha presentato approfondimenti e riflessioni che, come detto dal primo relatore Agostino Di Ciaula (ISDE) possono diventare promemoria sanitario per decisori politici. Decisori che devono prendere atto dei dati di carcinomi e dell’incidenza della Bpco, ma anche di quelli dell’abnorme infertilità (20-25%) mostrata da Raffaella Depalo (Policlinico di Bari), come anche dell’insolito dato socio-statistico: Taranto è l’unica città italiana in cui l’aspettativa di vita si è abbassata di due anni, contraddicendo l’orientamento che vuole l’Italia (insieme al Giappone) come il paese più vecchio del mondo. Insomma: Taranto rappresenta una sfida. A chi fa azienda, a chi gestisce la produzione nel nostro Paese, a chi progetta la sanità pubblica. Una sfida anche per quella parte di mondo medico e di ricercatori (sempre più esigua) che mette in dubbio il rapporto tra inquinanti e salute.
Una sfida e una preoccupazione che Ernesto Burgio, Direttore scientifico dell’ISDE e da un ventennio acceso sostenitore di ricerche "eretiche", ha lanciato anche più in avanti sottolineando che il problema non è solo nei tumori manifesti, visto che "non è la dose che fa il veleno, bensì la quantità nel lungo periodo", nella convinzione che embrioni, feti e gameti sono i target piu sensibili agli agenti inquinanti. In una perfetta linea epigenetica, Burgio ha sottolineato che "quel che si genera adesso lo percepiremo tra 20 anni", citando il Lancet che ormai parla di pandemia quando riporta i dati dell’autismo in zone fortemente inquinate. Il riferimento del ricercatore siciliano è quella parte di scienza internazionale che ormai vede il DNA non come un elemento immutabile, ma come un dato "sprogrammabile" fin dall’utero, fortemente mutevole e sottoposto a pressioni ambientali: non a caso esistono centri di ricerca che stanno concentrando il loro lavoro proprio sulle eco-interferenze sul DNA, offrendo chiavi di lettura nuove degli effetti dell’inquinamento sul corpo umano e sui suoi meccanismi.
E dunque che fare? Chiudere, riconvertire, bonificare, statalizzare? I temi del “dopo” sono giustamente rimasti sullo sfondo, ma non si può dimenticare cosa accade da altre parti del mondo. Altrove è la stessa classe imprenditoriale a cercare le soluzioni a miglior impatto. Altrove – si pensi al bacino della Ruhr, a Bilbao, a Pittsburgh – la riconversione ha pagato e ha fruttato economicamente al meglio, sia nelle situazioni in cui le fabbriche sono rimaste, sia in quelle in cui le ciminiere sono state sostituite da cultura e turismo. Taranto potrebbe essere un modello di rinascita, invece che di morte, soprattutto se accorpata in un ipotetico “piano nazionale” alle altre due grandi aree pericolose del nostro Paese, Marghera e Augusta-Priolo, anch’esse sul mare, anche loro ad altissima incidenza tumorale.
Da Taranto la classe medica rilancia un messaggio chiaro: non chiudiamo gli occhi, partecipiamo e condividiamo dati, preoccupazioni, sfide, affinché diventino coscienza professionale e messaggio politico. Come ha sottolineato Emanuele Vinci, coordinatore della Commissione ambiente della Federazione nazionale degli Ordini: "Ora non si può non sapere. La FNOMCeO sulle tematiche ambientali ha costituito un gruppo che sta cercando di produrre proposte che prendono atto dei dati della ricerca, ragionando sulla Valutazione dell’impatto sulla salute e sulla Valutazione del danno sanitario. La ratio di tutto questo è una sola: non si può non sapere". Dopo queste giornate tarantine ciò è piu vero che mai.
Autore: Redazione FNOMCeO