Taranto: una città in cerca di speranza

“Non è possibile subordinare alla logica del profitto valori supremi come la vita umana”. Questa frase dell’ordinanza con cui il Gip Patrizia Todisco ha disposto il sequestro di alcuni impianti dell’acciaieria ILVA, chiarisce meglio di ogni commento il senso di quanto sta accadendo in questi giorni a Taranto. Meglio sicuramente di molti articoli di stampa, o servizi televisivi, in cui si sprecano quantità di inchiostro (e di parole), per descrivere un incoerente scenario di contrapposizione fra "ambientalisti" e operai, per dipingere inesistenti barricate lì dove un’identica paura del futuro si dipinge sui volti e interroga finalmente la coscienza collettiva di questa antica e sventurata città.
Come se il problema di Taranto fossero gli operai dell’Ilva, quelli che negli anni hanno pagato un tributo pesante di sudore e sangue al mostro metallurgico, ed ora non vogliono rinunciare al "privilegio" di respirarne per primi e più da vicino i miasmi.

Come se il problema di Taranto, ancora, fosse il risveglio (finalmente) di un diffuso e per troppo tempo sopito senso della dignità del vivere e del diritto a respirare aria pulita, e magari interrogarsi sulle possibili alternative ad una mono-cultura industriale che comunque contiene in se stessa il germe della propria inevitabile fine.

No, l’ordinanza parla chiaro, molto chiaro, e in attesa di essere convertita (forse) in verità giudiziaria, racconta una storia di anni di aggiramenti di prescrizioni, di sotterfugi per sfuggire ai controlli, di spregio totale per la salute dei cittadini, quasi che Taranto fosse un satellite inutile e occasionale del rovente sole degli altiforni.

E poi snocciola dati impressionanti sull’incidenza di patologie cardiovascolari e neoplastiche direttamente correlate, secondo l’autorevolissimo parere dei periti del Tribunale, alle emissioni incontrollate di ogni genere di agente inquinante, dati così precisi e inequivocabili da rendere obbligatoria e non rinviabile l’azione penale esercitata dal magistrato.

Dati che erano sotto gli occhi di tutti, ma dai quali si preferiva distogliere lo sguardo forse proprio per la paura di questo momento, per il timore di questo drammatico eppure atteso e inevitabile epilogo.

In questa preoccupante cornice, l’Ordine dei medici ha da tempo scelto di stare dalla parte del diritto alla salute, come é suo preciso dovere istituzionale, affiancando quando necessario azioni di denuncia supportate da dati scientifici, intervenendo puntualmente per le proprie competenze nelle analisi di sostenibilità del sistema, sino ad un convegno pubblico del gennaio 2011 nel quale furono presentati alla cittadinanza e alle autorità intervenute molti dei
dati tornati in questi giorni di cogente e dolorosa attualità.

Non é un caso che l’intero Consiglio direttivo abbia scelto di aderire all’ISDE, presieduto a livello provinciale dal nostro consigliere Alberto Airò, e ad una Consulta per l’ambiente inter-professionale, proprio a rimarcare una doverosa e opportuna scelta di campo in una realtà problematica come quella ionica. Sempre in quest’ambito opera attivamente una "Commissione ambiente", fondamentale ed autorevole supporto tecnico per gli orientamenti del Consiglio in materia.

Senza trascurare peraltro la professionalità che ciascun medico esprime quotidianamente nel rapporto di aiuto dei propri pazienti, magari segnati proprio da malattie ambiente-indotte, in una situazione di atavica carenza di strutture e servizi, sul cui necessario adeguamento l’Ordine è ripetutamente intervenuto.

Cosa accadrà nei prossimi giorni? É possibile ipotizzare una via d’uscita che contemperi diritto alla salute, inalienabile per la nostra carta costituzionale, e mantenimento dei livelli occupazionali?

Di certo il "caso Taranto" é argomento di vitale importanza per l’intero mezzogiorno, di cui per anni Taranto, volente o nolente, é stata motore di sviluppo economico, e per tutto il Paese, considerando la non irrilevante incidenza della produzione metallurgica autoctona sul PIL nazionale.

La stessa ordinanza quasi "suggerisce" un ravvedimento operoso della proprietà industriale nel senso di una stringente e non derogabile "eco-compatibilità". D’altronde, in altri distretti produttivi, come è il caso della Rhur, il "miracolo" della convivenza fra industria dell’acciaio e salvaguardia dell’ambiente é perfettamente riuscito, anche grazie ad una politica meno disattenta e ad una legislazione rigida e rispettosa dei determinanti di salute piuttosto che dei moltiplicatori di profitto.

Meno percorribili appaiono altre strade, atteso peraltro che produzioni tipiche dell’area ionica, mitilicoltura in primis, sono state irrimediabilmente compromesse, almeno nei grandi numeri, proprio dall’insistente inquinamento, in particolare da diossine.

Altrettanto improbabili, quando non pretestuose e demagogiche, devono ritenersi altre ipotesi, come la chiusura con
impiego nella riconversione e nelle bonifiche (a Bagnoli occupati meno di un decimo delle maestranze preesistenti), o vagheggiate similitudini con il "caso Pittsburgh", una delle più antiche città universitarie degli USA dove per qualche tempo è esistita "anche" un’acciaieria. Più credibile, prudente, e purtroppo tutt’altro che incoraggiante, il raffronto con altre "steel towns" americane, come Youngstown o Detroit, con i problemi di contrazione demografica e degrado socio-urbanistico che tanto preoccupano l’amministrazione Obama.

Dunque, immaginare per Taranto un futuro senza siderurgia è purtroppo, almeno per l’immediato, poco meno che utopia.

Di certo tuttavia l’ordinanza della Magistratura segna un punto di non ritorno, e qualunque sarà l’esito del riesame, credo che nessun cittadino, primi fra tutti gli operai, sarà più disposto a consentire politiche industriali che non privilegino il diritto alla salute.

Taranto di domani sarà comunque diversa da tutto quello che è stata in questi troppi anni di sonnolenta disattenzione della politica. Comunque migliore.

Cosimo Nume
Presidente Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Taranto

Autore: Redazione FNOMCeO

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