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Tatuaggi: un mondo con poche regole, a volte disattese

Il tatuaggio (vedi) è una manifestazione culturale comune della nostra specie da millenni: Oetzi, “l’Uomo del Similaun” il cadavere mummificato di un uomo, restituito cidall’arretramento di un ghiacciaio dell’alta Val Venosta (BZ), testimonia che il tatuaggio era già una moda sei mila anni fa in Europa. Inutile in questa sede addentrarsi in analisi antropologiche che occuperebbero intere bibliotechee che sarebbero fuorvianti visto che la notizia è uno studio su questo tema,condotto dall’Istituto Superiore di Sanità, su un campione di circa 8 mila cittadini e cittadine, rappresentativo della popolazione italiana dai 12 anni in poi (vedi).

Gli italiani tatuati sono quasi 7 milioni, pari al 12,8% della popolazione. I tatuaggi sono più diffusi fra le donne (13,8%) che tra gli uomini (11,7%). “E se nella maggior parte dei casi-come afferma un dispaccio dell’ADN- Kronos- il primo tatuaggio viene fatto a 25 anni, i più ‘decorati’ sono i connazionali dai 35 ai 44 anni (29,9%); circa 1,5 milioni hanno 25-34 anni, e quasi 8 su 100 (7,7%) sono minorenni.

Si tratta di un fenomeno in crescita che va osservato con attenzione per le sue ricadute sanitarie – afferma il presidente dell’Iss,Walter Ricciardi – È importante studiarlo nel suo complesso cercando di comprendere anche chi è la popolazione che si rivolge ai tatuatori, per contribuire più efficacemente alla formulazione di una normativa specifica sulla sicurezza dei tatuaggi alla quale siamo stati inoltre chiamati a collaborare in sede europea.

Se per la maggior parte degli italiani che ricorrono ad aghi e inchiostri il tattoo è una forma di body-art – emerge dai dati elaborati dall’Ondico (Organismo notificato dispositivi e cosmetici, vedi) dell’Iss – lo 0,5% ha fatto un tatuaggio con finalità mediche (ad esempio la ricostruzione di areola e capezzolo dopo un’asportazione della mammella, il camouflage di cicatrici, la colorazione di zone colpite da vitiligine o alopecia), e il 3% per finalità estetiche (il cosiddetto trucco permanente).

La maggior parte degli italiani tatuati si dice soddisfatta del risultato (il 92,2%). Tuttavia una percentuale elevata, pari al 17,2%, ha dichiarato di voler rimuovere il tatuaggio e il 4,3% dei ‘pentiti’ lo ha già cancellato.

Gli uomini preferiscono tatuarsi braccia, spalla e gambe, mentre le donne soprattutto schiena, piedi e caviglie, risulta ancora dall’istantanea dell’Iss. Un tatuato su 4 (25,1%) risiede al Nord Italia, il 30,7% ha una laurea e il 63,1% lavora. Il 76,1% si è rivolto a un centro specializzato di tatuaggi e il 9,1% a un centro estetico, ma il 13,4% lo ha fatto al di fuori delle strutture autorizzatee ciòpuò costituire una rilevante fonte di rischio, avverte l’Iss.

Capire chi si tatua e dove, come lo fa e con quale consapevolezza, tracciare una sorta di demografia del tatuaggio – spiega Alberto Renzoni, esperto dell’Iss che ha coordinato l’indagine – significa comprendere meglio le criticità connesse a questa pratica e di quali regole ci sia bisogno perché sia effettuata in piena sicurezza. Il 22% di chi si è rivolto a un centro, non ha firmato il consenso informato. E’ invece necessario non solo firmarlo, ma anche che nel farlo ci sia un reale consenso e una reale informazione, considerato inoltre che una fetta consistente delle persone tatuate è rappresentata da minori che potrebbero farlo solo con il consenso dei genitori.

Il tatuaggio non è una camicia che sii ndossa e si leva -ammonisce Renzoni – E’ l’introduzione intradermica di pigmenti che entrano a contatto con il nostro organismo per sempre e con esso interagiscono; possono comportare rischi e, non raramente, anche reazioni avverse. Per questo è fondamentale rivolgersi a centri autorizzati dalle autorità locali, con tatuatori formati che rispettino quanto prescritto dalle circolari del Ministero della Salute.

Secondo i risultati dell’indagine, infatti, il 3,3% dei tatuati dichiara di aver avuto complicanze o reazioni: dolore, granulomi, ispessimento della pelle, reazioni allergiche, infezioni e pus. "Ma il dato appare sottostimato",precisa l’Iss.

In tutti questi casi solo il 12,1% si è rivolto a un dermatologo o al medico di famiglia (9,2%); il 27,4% si è rivolto al proprio tatuatore, ma più della metà (51,3%) non ha consultato nessuno”.

M. Molinari 

Autore: Redazione FNOMCeO

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