Si è parlato di privacy in sanità, a Cortina nell’ambito del Convegno del Triveneto sulle Ict. Ma veramente i cittadini conoscono i loro diritti? Siamo tutti a conoscenza delle regole più elementari, ad esempio di come condividere un contenuto sui social difendendolo da sguardi indiscreti? A portare il punto di vista del cittadino nella tre giorni – e soprattutto nella Tavola Rotonda che ha aperto i lavori – è stato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale dei Diritti del Malato – Cittadinanzattiva. Con lui abbiamo voluto approfondire questo argomento che non può esaurirsi in un dibattito ma che riguarda da vicino la vita di ognuno di noi.
A Cortina si è parlato di cultura delle nuove tecnologie, di cultura della privacy: come informare i cittadini sui loro diritti in questi ambiti?
Sicuramente bisognerebbe mettere in campo azioni di formazione e di informazione, per sensibilizzare i cittadini sulla normativa in materia di privacy e sui diritti che tale normativa accorda loro. Quest’opera di sensibilizzazione dovrebbe attuarsi attraverso un’azione congiunta, integrata tra le istituzioni, i professionisti e i cittadini. Si tratta di individuare un linguaggio comune, di definire dei messaggi che siano insieme formativi e informativi e farli arrivare nelle case delle persone, per far comprendere l’importanza della partita in gioco. Si devono selezionare dei concetti chiave che vadano al cuore della questione: altrimenti si rischia di focalizzarsi su tecnicismi che rispondono a problematiche solo residuali.
Il diritto al consenso, all’accesso sono fondamentali ma la loro importanza non viene colta appieno né dai cittadini né dai professionisti, proprio perché vengono privilegiate questioni più burocratiche.
Il Garante dovrebbe lavorare con le associazioni di cittadini e di professionisti, oltre che con i Ministeri, per mettere a punto una strategia comune e condivisa.
Abbiamo realmente bisogno di linee guida per l’uso dei social (qui avevo capito linee guida per la tutela della privacy…)? E come tracciarle?
Più che a vere e proprie linee guida, dobbiamo innanzitutto pensare a un’attività di semplificazione che guardi alla realtà dei fatti e che tenga conto del contesto nel quale operiamo. Se la legge impone alle Asl di dedicare una persona a questa tematica ma poi le Asl non hanno fondi né risorse umane sufficienti, i buoni propositi resteranno sulla carta. Bisogna che le associazioni di cittadini e pazienti, la Fnomceo, il Governo si mettano a tavolino e facciano un ragionamento concreto, incrociando la normativa con il contesto reale in cui questa deve essere applicata. Questa è la vera semplificazione: una volta fatto questo passaggio propedeutico, possiamo pensare a linee guida, raccomandazioni, modifiche di parti del Codice della privacy. In altre parole, quando si produce una normativa non può essere avulsa dal contesto: le normative devono nascere già con le adeguate coperture e modalità applicative.
Recentemente, Cittadinanzattiva e Fnomceo hanno lanciato un ’decalogo’ dei diritti e dei doveri di medici e pazienti. Cosa chiede il cittadino al medico, in termini di comunicazione e di ascolto?
Il tempo della comunicazione e dell’ascolto sono fondamentali per la crescita della relazione di cura.
Sono i momenti nei quali la relazione tra medico e paziente trova la sua massima espressione. Senza comunicazione non c’è alleanza, non c’è rapporto di fiducia. Senza ascolto il Servizio Sanitario Nazionale diventa una catena di montaggio, il paziente un bullone, il medico un mero esecutore.
Dobbiamo riportare il Servizio Sanitario Nazionale ad essere un sistema che guarda soprattutto ai bisogni della persona, che mette la persona al centro. Dobbiamo passare da un Servizio Sanitario Nazionale standardizzato a uno personalizzato. Questo lo facciamo se mettiamo il medico nelle condizioni di svolgere la sua professione intellettuale e lo riscattiamo dalla burocratizzazione. Ma non devono restare solo belle parole: è necessario formalizzare economicamente questo lavoro, che non è più solo un dettame deontologico ma è norma di legge, perché il concetto che ‘il tempo di comunicazione è tempo di cura’ è stato introdotto nella Legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento. A una forza di Legge deve quindi corrispondere un valore anche economico al tempo della comunicazione.
Altri provvedimenti però non vanno in questa direzione: pensiamo ai tempari, che sono stati introdotti da diverse Regioni e che contingentano la durata della visita, sottraendo tempo alla comunicazione …
La sfida è proprio questa: dare a questo principio che ha forza di legge la cogenza di forza di legge. In altre parole, non possono essere messi in campo provvedimenti che contrastino con una legge dello Stato. Il medico non deve trovarsi costretto a ridurre ai minimi termini la comunicazione, perché la comunicazione è strumento di cura, prima e oltre ogni tecnologia, e se poi, per questo motivo, qualcosa dovesse andare storto ci potrebbero essere conseguenze anche legali.
La comunicazione è parte della terapia.
A proposito di comunicazione, la Fnomceo sta mettendo in campo il sito dottoremaeveroche, per aiutare il cittadino a risolvere i suoi dubbi sulla salute e per dare uno strumento in più al medico per avere spunti di dialogo con il paziente. Cosa pensa dell’iniziativa?
Mi sembra una buona idea: ora è importante far conoscere il sito ai cittadini, presentandolo a tutti gli stakeholders, e poi pubblicizzandolo nelle scuole, negli ospedali, sui mezzi pubblici, negli stabilimenti balneari. Deve diventare un fenomeno virale, non di elite. Deve essere patrimonio di tutti.