Trattamento medico praticato e consenso informato

Cassazione Civile Trattamento medico praticato e consenso informato –  La Corte di Cassazione ha affermato che se nel corso di un trattamento terapeutico o di un intervento venga a palesarsi una situazione la cui evoluzione può comportare rischi per la salute del paziente, il medico che abbia a disposizione metodi idonei ad evitare che la situazione pericolosa si determini non può non impiegarli, essendo suo dovere professionale applicare soluzioni che salvaguardino la salute del paziente anziché metodi che possano anche solo esporla a rischio, sicché ove opti per un trattamento terapeutico o per un metodo d’intervento più rischioso, e la situazione pericolosa si determini, non riuscendo a superarla senza danno, la sua colpa si radica già nella scelta iniziale.  La Corte di Cassazione ha inoltre riIevato che il medico ha il dovere di informare il paziente in ordine alla natura dell’intervento, alla portata dei possibili e probabili risultati conseguibili nonché delle implicazioni verificabili. Il consenso informato attiene infatti al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente, atteso che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. Sentenza n. 19213/15

FATTO: Con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. del 25/9/2012 la Corte d’Appello di Roma ha respinto il gravame interposto dal sig. C.B. in relazione alla pronunzia Trib. Roma 27/2/2012, di rigetto della domanda proposta nei confronti dell’Azienda Complesso Ospedaliero S. Filippo Neri e della chiamata società Ina-Assitalia s.p.a. di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza di intervento microchirurgico di asportazione di ernia discale degenerata paramediana destra D6 – D7, per via trans articolare destra extra durale, effettuato dal prof. F. il 27 maggio 1998, all’esito del quale si è reso necessario altro intervento, eseguito il 30 maggio sempre presso l’Ospedale S. Filippo Neri ma con la tecnica trans toracica, con esito finale di lesione dell’integrità psico-fisica pari al 68%. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il C. propone ora ricorso per cassazione. Resistono con separati controricorsi l’Azienda Complesso Ospedaliero (OMISSIS) e la società Ina-Assitalia s.p.a.,

DIRITTO: Se nel corso di un trattamento terapeutico o di un intervento venga a palesarsi una situazione la cui evoluzione può comportare rischi per la salute del paziente, il medico che abbia a disposizione metodi idonei ad evitare che la situazione pericolosa si determini non può non impiegarli, essendo suo dovere professionale applicare soluzioni che salvaguardino la salute del paziente anziché metodi che possano anche solo esporla a rischio, sicché ove opti per un trattamento terapeutico o per un metodo d’intervento più rischioso, e la situazione pericolosa si determini, non riuscendo a superarla senza danno, la sua colpa si radica già nella scelta iniziale.  L’acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce prestazione altra e diversa da quella dell’intervento medico richiestogli, assumendo autonoma rilevanza ai fini dell’eventuale responsabilità risarcitoria in caso di mancata prestazione da parte del paziente. Il consenso informato attiene al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente, atteso che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (anche quest’ultima non potendo peraltro in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana:art. 32, 2° co, Cost. ). L’autonoma rilevanza della condotta di adempimento della dovuta prestazione medica ne impone pertanto l’autonoma valutazione rispetto alla vicenda dell’acquisizione del consenso informato, dovendo al riguardo invero accertarsi se le conseguenze dannose successivamente verificatesi siano, sotto il profilo del più probabile che non, da considerarsi ad essa causalmente astrette. Con l’ulteriore avvertenza che, trattandosi di condotta attiva, e non già passiva, non vi è nella specie luogo a giudizio contro fattuale. In mancanza di consenso informato l’intervento del medico è – al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità – sicuramente illecito, anche quando sia nell’interesse del paziente, l’obbligo del consenso informato costituendo legittimazione e fondamento del trattamento sanitario. A tale stregua, l’informazione deve in particolare attenere al possibile verificarsi, in conseguenza dell’esecuzione del trattamento stesso, dei rischi di un esito negativo dell’intervento e di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente , ma anche di un possibile esito di mera "inalterazione" delle medesime (e cioè del mancato miglioramento costituente oggetto della prestazione cui il medico- specialista è tenuto, e che il paziente può legittimamente attendersi quale normale esito della diligente esecuzione della convenuta prestazione professionale), e pertanto della relativa sostanziale inutilità, con tutte le conseguenze di carattere fisico e psicologico (spese, sofferenze patite, conseguenze psicologiche dovute alla persistenza della patologia e alla prospettiva di subire una nuova operazione, ecc.) che ne derivano per il paziente. Il medico ha dunque il dovere di informare il paziente in ordine alla natura dell’intervento, alla portata dei possibili e probabili risultati conseguibili nonché delle implicazioni verificabili. Il consenso libero e informato, che è volto a garantire la libertà dell’individuo e costituisce un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi consentendogli di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico o anche di rifiutare (in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale) la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, salvo che ricorra uno stato di necessità non può mai essere presunto o tacito, ma deve essere fornito espressamente, dopo avere ricevuto un’adeguata informazione, anch’essa esplicita. Va al riguardo ulteriormente posto in rilievo come il medico venga in effetti meno all’obbligo di fornire un valido ed esaustivo consenso informato al paziente non solo quando omette del tutto di riferirgli della natura della cura prospettata, dei relativi rischi e delle possibilità di successo, ma anche quando acquisisca con modalità improprie il consenso dal paziente).

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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