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Ufficiali e, prima di tutto, medici: la parola a Maurizio Benato

Medici e ufficiali, in tempo di pace e in tempo di guerra: sono tante le peculiarità dei medici militari. E sono ancor di più i problemi etici che si pongono a questi professionisti, tenuti a seguire il Codice Deontologico prima ancora che il “Codice d’Onore”.

A pochi giorni dal Convegno “Sanità militare e Società Civile”, che, a La Maddalena, vedrà il 30 settembre e il 1° ottobre confrontarsi queste due componenti professionali, l’Ufficio Stampa ha voluto sentire, su questi delicatissimi temi bioetici, il suo promotore: il Vicepresidente della FNOMCeO, Maurizio Benato.

Presidente, quali implicazioni etiche comporta rivestire il doppio ruolo di medico e di militare?
La professione del medico militare ha una peculiare specificità: è un operatore di salute inserito in una organizzazione gerarchica, che ha proprie regole e un proprio sistema organizzativo.
Già occuparsi di etica professionale in ambito sanitario rappresenta, di per sé, una sfida complessa sotto il profilo filosofico, culturale, scientifico, professionale e storico. Parlare di un medico che esercita in un “teatro” che può essere anche di guerra è ancora più difficile. Al di là dei valori che attengono alla sua coscienza – di uomo e di medico – e che costantemente sottopone al vaglio della sua ragione morale, il problema etico cruciale per il professionista si pone quando, dal piano del “factum”, voglia passare a quello del “faciendum”.

Intende dire che la sua autonomia decisionale potrebbe essere limitata dalla gerarchia militare?
In effetti, la sua autonomia professionale può essere messa a dura prova sia nell’ambito dei contenuti che della prassi. La riflessione etica per il medico militare ha implicazioni spesso scomode. In quanto medico, non può non aderire ai comuni principi deontologici del Codice, che esclude la violenza e nel quale è prioritaria l’istanza etica che costantemente fa emergere il sacrale rispetto del diritto universale alla vita e il senso della ragione quale obbligo morale. In buona sostanza, il medico militare ha il compito di difendere il fondamento della medicina, che è rappresentato dall’autonomia, dall’indipendenza e dalla libertà intellettuale del professionista.
Questo convegno si pone proprio l’obiettivo di far emergere, condividere e realizzare l’insieme dei valori e dei relativi comportamenti all’interno del Servizio sanitario militare, in riferimento alle logiche e agli assetti organizzativi, agli obiettivi prioritari, alle modalità e alla tipologia delle prestazioni erogate.

Qual è il compito del medico militare nelle missioni di peace keeping?
Da più di due decenni le nostre truppe sono impiegate in operazioni “fuori area”, ricevendo spesso il plauso non solo delle autorità militari alleate ma anche attestazioni da parte delle autorità locali, che asseriscono che l’approccio italiano alle diverse problematiche è un modello da imitare.
Ma non c’è solo da cogliere l’obiettivo della sicurezza, con le classiche operazioni di pattugliamento e presenza in armi nelle aree sensibili. Indispensabili appaiono per tanti versi le azioni tese a consentire alla società di quei paesi di ripartire da un punto di vita sociale ed economico.
In tutto questo le risorse strategiche più importanti sono la qualità, la generosità, la professionalità delle donne e degli uomini in armi.
La medicina militare con i propri operatori è il fiore all’occhiello delle Forze Armate, in grado di affrontare i problemi della tutela della Salute a favore delle fasce più deboli della popolazione.

Ma come può il medico, con le cure ma anche con la sua opera di consulenza e di mediazione, contribuire ai processi di peace enforcing e peace building?
Accanto alla ricostruzione delle infrastrutture fondamentali e al ripristino dei servizi essenziali, il medico militare è chiamato a valorizzare i modelli locali di rilevazione dei bisogni, di definizione dei problemi, di individuazione delle risposte e di valutazione degli interventi.
È ancora chiamato a favorire azioni che privilegino la solidarietà, la giustizia, il dialogo e la riconciliazione con particolare attenzione ai bambini e alle donne, che possono divenire vittime di violenza e sfruttamento.
Non per ultimo, ha il compito di rafforzare le dimensioni culturali, sociali, storiche, e politiche proprie di quel specifico contesto quale elemento di riduzione del disagio psico-sociale.
Una funzione che per esempio ha portato a promuovere la coltivazione dello zafferano per contrastare la diffusione della coltivazione del papavero da oppio. In questo caso si può parlare di medicina militare che si esprime integralmente nella sua veste ippocratica.

Supponiamo di essere di fronte a un’emergenza che coinvolga anche la società civile, ad esempio un attacco bio-terroristico. In che modo i medici militari possono raccordarsi e collaborare con le altre componenti della Sanità, per salvaguardare la salute della popolazione?
Non sono solo le emergenze antropiche e geologiche a preoccupare i governi e le popolazioni. Da qualche tempo tutto il mondo occidentale si trova ad affrontare una nuova emergenza scaturita dalle minacce terroristiche dopo i sanguinosi attentati delle Torri Gemelle, di Londra e di Madrid.
La sicurezza sanitaria è messa in grande difficoltà dalla minaccia sempre più reale del bioterrorismo che mina la pace e la convivenza civile nel mondo occidentale. Ci troviamo di fronte ad una guerra mai dichiarata in cui il mondo intero è diventato un campo di battaglia privo di confini e in cui non si individua fin da principio il nemico, come si insegnava fino a qualche tempo fa nelle scuole di guerra. Lo stesso concetto di guerra è cambiato, non è convenzionale, è dinamico, accidentale, imprevedibile.
In questo campo, la conoscenza e la trasmissione del sapere dei rischi a cui si va incontro è opera precipua della sanità militare, che dovrebbe operare in rete di condivisione di informazioni integrando quelle pubbliche e private, con una attività di intelligence in grado di fronteggiare le minacce sanitarie sempre più planetarie.

Cosa propone, dunque, la FNOMCeO per valorizzare questa componente così importante della Sanità?
La medicina militare ha in sé una forte potenzialità, che postula accanto all’esigenza di un coinvolgimento professionale sempre più forte, la disponibilità di risorse tecnico scientifiche che siano in grado di metterla in condizioni di rispondere e offrire una solida reazione adeguata a questi scenari. Questi aspetti devono portare a una nuova valorizzazione della sanità militare e del suo capitale umano, per cui è importante investire nella formazione professionale di questo settore.
Vorrei concludere dicendo che l’Ordine dei medici si sente vicino ai colleghi in divisa che vigilano in contesti spesso disagiati, per preservare in armi la sicurezza del paese, ma che hanno sempre più voce in capitolo anche sulla salute e sulla malattia della nostra nazione. 

Autore: Redazione FNOMCeO

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