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Violenza medici, mozione FNOMCeO: “Emergenza nazionale, servono misure urgenti sulla sicurezza e interventi tesi a rivalutare il rapporto di fiducia tra medici e cittadini”

L’organizzazione delle cure psichiatriche; la vigilanza, capillare e visibile, da parte delle forze di polizia, sui presidi sanitari; la garanzia di investimenti sulle risorse umane del Servizio Sanitario Nazionale, in misura pari ai grandi Paesi europei. Ancora, una semplificazione e trasparenza delle procedure che ostacolano il rapporto di cura e attribuiscono ai professionisti responsabilità inappropriate e una riduzione drastica della burocrazia. Infine, una campagna di comunicazione sul ruolo dei medici nel Servizio Sanitario Nazionale.
Sono questi gli interventi che, a pochi giorni dall’uccisione a Pisa della psichiatra Barbara Capovani, e alla vigilia del funerale, il Consiglio nazionale, massimo organo della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, composto dai 106 Presidenti degli ordini territoriali, riunito in seduta straordinaria, chiede con urgenza e forza alle Istituzioni e alla Politica. Lo fa attraverso una Mozione, approvata ieri sera, che dà anche mandato al Comitato Centrale, che della Fnomceo è l’organo di governo, di “organizzare le necessarie iniziative pubbliche, insieme a Sindacati e Società Scientifiche, a sostegno e protezione della categoria, dandone visibilità mediatica e istituzionale”.
Il Documento si apre proprio con il ricordo della dottoressa, “grande professionista che ha immolato la propria vita per i valori espressi dal Codice di Deontologia Medica e che rappresenta un modello per la società civile e la comunità professionale tutta”, con l’espressione di cordoglio e vicinanza alla famiglia, ai colleghi, all’Ordine di Pisa, e con la piena condivisione della proposta del Presidente, Filippo Anelli, di dedicare anche a lei la medaglia d’oro al merito della Sanità pubblica conferita dal Quirinale per l’impegno dei medici e il sacrificio di tutti i colleghi che hanno perso la vita durante la pandemia di Covid.
“Il tragico evento – continuano i Presidenti – si aggiunge ad una serie di episodi drammatici e luttuosi, che sono espressione di una grave situazione emergenziale, relativamente alla quale è necessario intervenire urgentemente, ponendo in essere tutti gli atti di tutela che da troppo tempo avrebbero dovuto essere attuati e che richiedono un’analisi profonda della situazione in cui versano, nel nostro paese, il Servizio Sanitario Nazionale e i servizi psichiatrici in particolare”.
Per quanto riguarda i servizi psichiatrici, il Consiglio Nazionale concorda con la proposta del Ministro della Salute, Orazio Schillaci, di rivederne l’organizzazione.
“Oltre a imprescindibili misure ordinamentali – affermano ancora i Presidenti – è necessario intervenire con adeguati investimenti su un settore da tempo dimenticato, rispetto al quale il vuoto di risorse è stato mascherato da prese di posizioni e dibattiti puramente ideologici. L’indifferibile riforma della psichiatria deve fondarsi sulle proposte di tutti i professionisti, che, a diverso titolo, intervengono in un mondo complesso e articolato che investe tutta la società civile e in primo luogo dei medici psichiatri che, mettendo in gioco la vita stessa, si impegnano, nonostante le difficoltà e i rischi personali, per costruire un rapporto di fiducia e di cura, vicini a pazienti particolarmente fragili e svantaggiati”.
Il Consiglio nazionale evidenzia inoltre “come la violenza contro i medici, sia essa verbale o fisica sino a mettere a rischio la vita, sia ormai entrata nella quotidianità della Professione e come i provvedimenti sino ad ora intrapresi non ne abbiano prodotto l’attenuazione, essendo il fenomeno in rapido e inquietante peggioramento”.

“I recenti interventi sulle sanzioni – commentano i Presidenti – sulla perseguibilità d’ufficio delle lesioni personali anche lievi e sulla sanzionabilità d’ufficio anche delle violenze verbali, pur imprescindibilmente necessari, non hanno dimostrato reale efficacia nel prevenire i continui episodi, ben evidenziati dall’Osservatorio Nazionale, ma in gran parte misconosciuti, specie negli eventi meno gravi, ma tali da rendere conflittuale un rapporto che dovrebbe fondarsi sulla vicinanza e sull’empatia”.
Chiedono quindi, nell’immediato, “interventi di vigilanza mirati a mettere in sicurezza le strutture sanitarie a partire dalle grandi concentrazioni ospedaliere fino alle più capillari articolazioni del servizio sanitario nazionale sul territorio, queste ultime ancor più a rischio in quanto isolate e prive, spesso, dei più elementari dispositivi di protezione”.

Sul lungo periodo, il Consiglio Nazionale ritiene necessaria “anche una politica di più ampio respiro, mirata all’identificazione delle cause che stanno producendo l’attuale recrudescenza di violenza e che non sono disgiunte dalla crisi profonda che investe il nostro Servizio Sanitario Nazionale”.
Una crisi che ha ragioni profonde e che vengono da lontano. In primis, un’aziendalizzazione della sanità, che ha come effetto, da una parte, una “medicina dei desideri”, dove ognuno si sente legittimato a scegliersi cure e risultati a lui graditi, dimenticando i limiti della medicina stessa; e, dall’altra, una riduzione del medico a mero prestatore d’opera, a colui che tali desideri deve realizzare, sempre, subito, in maniera totale.
“È necessario fare chiarezza- spiegano i Presidenti – in modo trasparente nei confronti dei cittadini, su quali sono le reali tutele che il nostro Servizio Sanitario Nazionale è in grado di offrire, in un contesto nel quale, nel nostro Paese, l’investimento sulla salute è tra i più bassi d’Europa, in termini di rapporto tra spesa sanitaria e PIL. Al contrario si assiste ad una continua enfatizzazione delle tutele offerte e si pongono in atto continui provvedimenti parcellari, apparentemente migliorativi, ma in realtà scarsamente esigibili, che finiscono con l’attribuire al medico, a diretto rapporto con il cittadino, la falsa immagine di colui che si arroga il diritto di concedere o di negare un diritto costituzionalmente garantito: un Servizio Nazionale falsamente presentato come forte e tutelante, di cui il medico rappresenterebbe l’anello debole. Un sistema che invece produce infiniti andirivieni dissuasivi, legati a piani terapeutici, autorizzazioni varie e infinita burocrazia, che finisce con il presentare il medico come un funzionario arrogante, anziché come un alleato empatico. Un sistema che dipinge i servizi di emergenza-urgenza come realtà critiche, senza dire che si sono tagliati i posti letto ospedalieri. Anche la depenalizzazione dell’atto medico (come avviene nella stragrande maggioranza degli altri paesi) deve essere intesa come un provvedimento che metterebbe la professione nelle migliori condizioni di svolgere la sua funzione di tutela della salute dei cittadini, piuttosto che come uno strumento per ridurre la spesa dovuta alla medicina difensiva, che riversa sul medico ulteriori responsabilità”.
Per ricomporre la frattura tra medicina e società, è fondamentale la comunicazione, che la Legge e il Codice deontologico definiscono come parte della cura stessa. Una comunicazione che, però, è sempre più sacrificata, costretta dai ritmi serrati dovuti alla carenza di personale e ad altri problemi organizzativi.

“Il Consiglio Nazionale- concludono infatti i Presidenti, prima di elencare i punti della Mozione – nel ribadire che il tempo della comunicazione è tempo di cura, come sancito dal Codice di Deontologia Medica e dalla Legge, denuncia la difficoltà di realizzazione di questo principio fondamentale in una realtà che prevede carichi di lavoro insostenibili in ospedale e nel territorio. Questa situazione porta a una grave crisi del rapporto di cura e, nel caso delle frange più estreme ed emarginate, a esplosioni di violenza, che non è certo la minaccia di sanzioni a poter contenere”.

In allegato, il testo della mozione.


Ufficio Stampa e Informazione FNOMCeO
informazione@fnomceo.it
www.fnomceo.it
29/04/2023

 

Autore: Ufficio Stampa FNOMCeO

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