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Violenza sessuale – Aggravante della pubblica funzione rivestita

Cassazione Penale Sentenza n. 36784/17 – Violenza sessuale – Aggravante della pubblica funzione rivestita – Il medico professore universitario che lavori presso un’azienda ospedaliera in regime di intramoenia deve ritenersi pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 357 c.p. , e quindi i reati commessi, di violenza sessuale sulle pazienti, sono aggravati ex art. 61 c.p. , n. 9, poiché esercita una pubblica funzione amministrativa. L’attività intramoenia infatti non significa attività privata poiché esercitata sempre in convenzione, nella struttura e con i mezzi pubblici, con un compenso per l’azienda ospedaliera.

FATTO E DIRITTO: Con sentenza della Corte di appello di Venezia del 26 novembre 2015, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Padova del 28 febbraio 2001, si dichiarava di non doversi procedere nei confronti dell’imputato L.F. relativamente ai reati commessi sino alla data del (OMISSIS) perché estinti per prescrizione, e si rideterminava la pena per le residue ipotesi di reato ad anni 4 e mesi 3 e giorni 20 di reclusione (reati di violenza sessuale, art. 609 bis c.p., ritenuti in continuazione, aggravati ex art. 61 c.p. , n. 9, in quanto commessi con abuso di poteri e violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione rivestita, di (OMISSIS) in base ad una convenzione tra i due enti, nei confronti delle pazienti precisate nell’imputazione). L.F. propone ricorso, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p. , comma 1. Il ricorrente ritiene che la Corte di appello ha operato sostanzialmente un’omologazione dell’attività privatistica esercitata "intramoenia" con la diversa attività esercitata da un medico per una casa di cura convenzionata con il servizio sanitario nazionale; trattasi invece di fattispecie ben diverse. Le due attività sono disciplinate da diverse normative, quella "intramoenia" non può in alcun modo definirsi pubblicistica, se non limitatamente a quella frazione di compenso che il medico dovrà corrispondere all’azienda ospedaliera, anche la giurisprudenza sul punto ritiene che non sia pubblico ufficiale il medico che agisce in tale veste. I primi due motivi di ricorso sono inammissibili per manifesta infondatezza dei motivi. In tema di reati sessuali, poiché la testimonianza della persona offesa è spesso unica fonte del convincimento del giudice, è essenziale la valutazione circa l’attendibilità del teste; tale giudizio, essendo di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene al modo di essere della persona escussa, può essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre è precluso in sede di legittimità, specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria. Le dichiarazioni della persona offesa possono da sole, senza la necessità di riscontri estrinseci, essere poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve, in tal caso, essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. La Corte rileva che nel nostro caso le analisi delle due decisioni (conformi) sono precise, puntuali e rigorose nell’affrontare l’attendibilità delle persone offese, e individuano anche precisi riscontri, anche se non necessari, quali la perizia del consulente del P.M. – Prof. N.G. B. – (e, in parte, dello stesso consulente di parte – prof. B.G. -), che evidenziava come le metodologie delle visite attuate dal ricorrente nei confronti delle parti offese fossero anomale rispetto alle pratiche mediche normalmente richieste per compiere gli accertamenti richiesti. Del resto alcune pazienti erano giovani, e quindi senza secchezza vaginale, e pertanto la stimolazione anomala e naturale per la lubrificazione non aveva motivi validi, come evidenziato sempre dal Prof. N..Inoltre il marito della Pe. vide la moglie uscire sconvolta dalla visita. Relativamente all’aggravante dell’art. 61 c.p. , n. 9, la sentenza impugnata contiene adeguata motivazione immune da vizi di contraddizione e di manifesta illogicità, poiché applica correttamente i principi in materia della Corte di Cassazione. Il ricorrente agiva quale prof. Universitario in convenzione con l’azienda ospedaliera, in intramoenia. Ai sensi dell’art. 357 del cod. pen. è pubblico ufficiale colui che esercita una pubblica funzione – legislativa, giudiziaria o amministrativa -, e per l’effetto della convenzione si esercitava la stessa pubblica funzione amministrativa dell’ospedale pubblico. L’attività intramoenia non significa attività privata poiché esercitata sempre in convenzione, nella struttura e con i mezzi pubblici, con un compenso per l’azienda ospedaliera. Può quindi affermarsi il seguente principio di diritto: "Il professore Universitario che lavori presso un’azienda ospedaliera in regime di intramoenia deve ritenersi pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 357 c.p. , e quindi i reati commessi, di violenza sessuale sulle pazienti, sono aggravati ex art. 61 c.p. , n. 9, poiché esercita una pubblica funzione amministrativa").

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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