Vitamina D e salute muscolo-scheletrica

Con piacere, pubblichiamo sul portale FNOMCeO l’articolo “Vitamina D e salute muscolo-scheletrica” a cura del Prof. Silvio Garattini, Presidente Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCSS, e della Dott.ssa Rita Banzi, Responsabile Centro Politiche Regolatorie del Farmaco del medesimo istituto di ricerca sito in Milano.

L’uso di integratori di vitamina D per migliorare la salute muscolo-scheletrica appare adeguato solo nella prevenzione o il trattamento di rare condizioni osteoporosi documentata, rachitismo e osteomalacia, che possono verificarsi dopo una prolungata carenza di vitamina D. Tale intervento non risulta avere effetti benefici clinicamente significativi su fratture, cadute o aumento della densità ossea nei soggetti sani, anche se anziani, che vivono in comunità.

Negli ultimi decenni la produzione di letteratura scientifica sull’utilizzo della vitamina D per la prevenzione e il trattamento di molteplici condizioni cliniche è aumentata esponenzialmente, sulla base di osservazioni epidemiologiche e di fisiopatologia. Da un iniziale grande entusiasmo in relazione ai potenziali benefici di questo trattamento appare ormai chiaro che, allo stato attuale delle conoscenze, l’utilizzo appropriato della vitamina D è limitato a poche e specifiche condizioni. Nonostante ciò, l’uso di vitamina D e analoghi, in particolare colecalciferolo (vitamina D3) è in costante aumento in Italia, soprattutto negli anziani e nelle donne. L’aumento delle prescrizioni ha ovviamente fatto incrementare significativamente la spesa a carico del Servizio sanitario nazionale che, nel 2017, ha superato, solo per questi prodotti, i 260 milioni di euro. (1)

Numerosi studi e meta-analisi hanno valutato l’effetto della integrazione di vitamina D (almeno 800 UI/die) in associazione al calcio (almeno 1.200 mg/die) sulla salute muscolo-scheletrica (2-4). L’efficacia della somministrazione di vitamina D e calcio risulta di dubbia rilevanza clinica, come riportato in una revisione sistematica Cochrane pubblicata nel 2014, che ha riassunto i dati provenienti da 53 studi clinici randomizzati su oltre 90.000 donne in post-menopausa o uomini anziani (2). Trattando 1000 soggetti a basso rischio, come gli anziani che vivono in comunità, si eviterà soltanto una delle 8 fratture d’anca attese mentre  999 soggetti sarebbero trattati inutilmente. 992 dei quali, tra l’altro, per non avere neppure l’evento. Anche in una popolazione a più alto rischio, come gli anziani istituzionalizzati per i quali si stima un rischio di 54 fratture su 1000 pazienti per anno, la supplementazione risparmierebbe nove fratture su 1000 trattati. Va detto che, a fronte di questo esiguo beneficio, sono stati identificati effetti collaterali, poco frequenti ma importanti, legati alla somministrazione di calcio. D’altronde, la stessa revisione riporta che la vitamina D da sola non avrebbe alcun effetto sulle fratture. Questi risultati sono stati riconfermati da un recente aggiornamento che ha raccolto 81 studi randomizzati controllati (5). L’integrazione con vitamina D non ha avuto effetto sulle fratture totali (36 studi; n = 44.790; rischio relativo 1,00, intervallo di confidenza 95%, 0,93-1,07) o cadute (37 studi; n = 34.144; rischio relativo 0,97; intervallo di confidenza 95%, 0,93-1,02). La maggior parte degli studi ha valutato l’effetto della vitamina D come monoterapia, a dosi di oltre 800 UI/die in popolazioni non selezionate di donne con più di 65 anni che vivono in comunità. Più della metà degli studi è stata condotta su popolazioni con valori basali medi di 25-idrossicolecalciferolo inferiori a 50 nmol/L e solo quattro studi sono stati effettuati in popolazioni con valori basali medi di 25 nmol/L.

Applicando una tecnica statistica detta trial sequential analysis ai risultati di questa revisione, è stato possibile stabilire che i dati raccolti sono sufficienti a confermare che la vitamina D non diminuisce il rischio di fratture e cadute nemmeno del 5% in termini relativi. In altre parole, è ragionevole pensare che nuovi studi clinici condotti in futuro sullo stesso quesito non potrebbero cambiare la sostanza di questi risultati.

L’uso razionale di integratori di vitamina D è inoltre reso difficile dall’estrema eterogeneità delle definizioni di stato carenziale emesse dalle diverse società scientifiche internazionali (6, 7). Livelli di 25-idrossicolecalciferolo tra i 10 e 30 ng/mL sono normalmente indice di insufficienza, anche se recentemente tali soglie sono state riviste, definendo “valori ridotti di vitamina D” quelli al di sotto di 20 ng/mL (8). Una buona parte dei soggetti attualmente dichiarati “carenti di vitamina D” cadono proprio tra i 20 – 30 ng/mL, contribuendo così alla presunta epidemia di ipovitaminosi e, conseguentemente, all’incongrua prescrizione dei supplementi. E’ importante ribadire che un’adeguata esposizione al sole e attività fisica sono essenziali per mantenere livelli adeguati di vitamina D.

Queste recenti analisi dovrebbero essere rapidamente integrate nelle linee guida nazionali e internazionali al fine di migliorare l’appropriatezza prescrittiva dei preparati a base di vitamina D.

 

Dr.ssa Rita Banzi, Responsabile Centro Politiche Regolatorie del Farmaco (rita.banzi@marionegri.it)

Prof. Silvio Garattini, Presidente Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCSS, Milano


Riferimenti bibliografici

  1. Rapporto OsMed 2018 – L’uso dei farmaci in Italia http://www.aifa.gov.it/content/rapporti-osmed-luso-dei-farmaci-italia.
  2. Avenell A, Mak JC, O’Connell D. Vitamin D and vitamin D analogues for preventing fractures in post-menopausal women and older men. Cochrane Database Syst Rev. 2014 Apr 14;(4):CD000227. doi: 10.1002/14651858.CD000227.pub4.
  3. Kahwati LC, Palmieri Weber R, Pan H, et al. Vitamin D, Calcium, or Combined Supplementation for the Primary Prevention of Fractures in Community-Dwelling Adults Evidence Report and Systematic Review for the US Preventive Services Task Force JAMA. 2018 319(15):1600-161.
  4. US Preventive Services Task Force, Grossman DC, Curry SJ, Owens DK, et al. Vitamin D, Calcium, or Combined Supplementation for the Primary Prevention of Fractures in Community-Dwelling Adults: US Preventive Services Task Force Recommendation Statement. JAMA. 2018 319(15):1592-1599.
  5. Bolland MJ, Grey A, Avenell A. Effects of vitamin D supplementation on musculoskeletal health: a systematic review, meta-analysis, and trial sequential analysis. Lancet Diabetes Endocrinol 2018 6(11):847-858.
  6. D’Alò, Ciabattini M, Da Cas R, Traversa G. Somministrazione di vitamina D per la prevenzione dell’osteoporosi: una scelta basata sull’evidenza? http://www.epicentro.iss.it/ben/2018/giugno/2.asp
  7. Bouillon R. Comparative analysis of nutritional guidelines for vitamin D. Nat Rev Endocrinol. 2017 Aug;13(8):466-479.
  8. Cesareo R, Attanasio R, Caputo M, et al. on behalf of AME and Italian AACE Chapter Italian Association of Clinical Endocrinologists (AME) and Italian Chapter of the American Association of Clinical Endocrinologists (AACE) Position Statement: Clinical Management of Vitamin D Deficiency in Adults Nutrients 2018 10(5). pii: E546.

 

 

Autore: Redazione

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