100 anni FNOMCeO: l’intervento di Giuseppe De Rita

“Non sono un medico, ma da anni mi occupo di Sanità. Le vostre professioni ha la loro identità nella memoria, nella realtà presente, ma anche nella prospettiva di futuro”. Così Giuseppe De Rita, fondatore e Presidente del Censis, ha esordito nel descrivere le ‘derive’ lunghe della Sanità italiana.

“Il medico, il farmacista, il veterinario una volta avevano il rapporto con la comunità. Erano quelli che, rispetto alla propria comunità, si ponevano in maniera asimmetrica, semplicemente perché ne sapevano di più, con un sapere specifico che altri non avevano. Era così fino agli anni ’50, poi le cose sono cambiate almeno per tre aspetti: dalla legge Mariotti in poi si è abbandonato il concetto di comunità, preferendogli il concetto un po’ astratto del territorio, derivato dall’idea di poter coprire tutti i bisogni sanitari. E’ prevalsa la tendenza a governare i territori, anche con l’avvento del regionalismo e del federalismo”. Il secondo aspetto, connesso al primo, è la burocratizzazione che le professioni temono tanto. Ma è il terzo aspetto quello che preoccupa di più De Rita: “E’ la sovrabbondanza dell’offerta. Fino agli anni ’50, c’era la povertà di tutto, dagli anni ’60 in poi è cambiato tutto, è con l’aumento dell’offerta, parallelamente alla cosiddetta Università di massa. Oggi occorre capire che il sistema va più verso una mentalità capitalistica, piuttosto che statalistica. Il paziente, oltre che essere centrale nel senso classico, oggi diventa centrale anche come potenziale cliente che poi valuta, e, all’occorrenza, denuncia. Con il rischio che queste professioni diventino prigionieri dei clienti. Pertanto l’identità di una professione sta anche nel come riesce a fare relazione con il futuro”.

Sul modo di intendere poi il rapporto tra centro e periferia, De Rita si rifà a consolidate intuizioni del Censis: “Non vale più l’apologo di Menenio Agrippa: nella società dell’informatica, si comunica in rete, in maniera orizzontale, spesso non c’è nemmeno necessità di comunicare con il centro. Non è anarchia, si sa che io sono un cultore della poliarchia, delle cose che crescono dal basso e che poi si mettono in rete”. Magari anche con la riscoperta della cultura borghigiana.

Autore: Redazione FNOMCeO

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