CORTE DI CASSAZIONE (Sez. Lavoro) – Licenziamento di un medico per violazione del diritto di riservatezza dei colleghi (sentenza nr. 26143/13)
FATTO: Con sentenza del 21/9 – 18/10/2010 la Corte d’appello di Torino ha rigettato l’impugnazione proposta da —— avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale dello stesso capoluogo piemontese che gli aveva respinto l’impugnativa del licenziamento intimatogli il 4/8/2008 dall’Azienda ospedaliera Ordine Mauriziano di —– per la grave situazione di sfiducia, sospetto e mancanza di collaborazione venutasi a creare all’interno della "equipe" medica di chirurgia plastica dovuta al fatto che il medesimo aveva registrato brani di conversazione di numerosi suoi colleghi a loro insaputa, in violazione del loro diritto di riservatezza, per poi utilizzarli in sede giudiziaria al fine di supportare la denuncia di mobbing nei confronti del primario.
DIRITTO: La Corte Suprema di Cassazione rileva che “la Corte d’appello ha adeguatamente motivato il proprio convincimento sulla gravità del fatto oggetto dell’addebito disciplinare posto a base del licenziamento attraverso argomentazioni congrue, ancorate a dati istruttori precisi ed immuni da qualsiasi rilievo di ordine logico-giuridico. In sostanza la Corte di merito ha spiegato che le risultanze processuali avevano dato ampia contezza del fatto che il —- aveva mostrato di aver tenuto un comportamento tale da integrare una evidente violazione del diritto alla riservatezza dei suoi colleghi, avendo registrato e diffuso le loro conversazioni intrattenute in un ambito strettamente lavorativo alla presenza del primario ed anche nei loro momenti privati svoltisi negli spogliatoi o nei locali di comune frequentazione, utilizzandole strumentalmente per una denunzia di mobbing, rivelatasi, tra l’altro, infondata. La stessa Corte ha, altresì, messo in risalto la reazione dei medici coinvolti, quale riportata nella lettera del 28/4/2008, che si concretizzò in una richiesta alla Direzione Sanitaria di adozione di provvedimenti necessari per la prosecuzione da parte di ciascuno di loro di un sereno ed efficace rapporto lavorativo, la qual cosa ha consentito ai giudici di merito di prendere atto del clima di mancanza di fiducia che si era venuto a creare nei confronti del ricorrente, fiducia indispensabile per il miglior livello di assistenza e, quindi, funzionale alla qualità del servizio, il tutto con grave ed irreparabile compromissione anche del rapporto fiduciario che avrebbe dovuto permeare il rapporto tra il dipendente e l’Azienda ospedaliera datrice di lavoro”. La Corte di Cassazione ha quindi confermato che la registrazione di brani di conversazione di numerosi suoi colleghi deve ritenersi di per sé illegittima e ha quindi respinto il ricorso del ricorrente