Trieste, esperienze trivenete di ECM e dossier formativo

Medici di tre regioni a confronto sul tema della formazione continua in medicina: questo l’orizzonte su cui si è sviluppato il convegno "ECM Dossier formativo" tenutosi lo scorso week end a Trieste alla presenza di circa 150 medici e rappresentanti degli Ordini del Nordest. Una tavola rotonda che si iscrive all’interno di eventi similari organizzati in alcune grandi città e che in questa zona fortemente produttiva del Paese offre numeri interessanti, visto che oggi nel Triveneto operano circa 43mila medici, di cui circa 27.300 hanno partecipato nel 2013 ad eventi formativi; nel complesso nel periodo 2011-2013 sono stati circa 803mila i professionisti (di tutte le aree professionali) che hanno seguito corsi accreditati.

Maurizio Scassola, presidente dell’OMCeO di Venezia e coordinatore della Federazione degli Ordini del Veneto, ha definito il convegno un momento "di sintesi di un percorso, all’interno di un coordinamento funzionale tra le regioni, un laboratorio coordinato messo a disposizione della FNOM" e così, in effetti, é stato.

CONTE, RENZO, BOVENGA: TRA QUALITÁ E FUTURO

Gli interventi di Giuseppe Renzo, Luigi Conte e Sergio Bovenga hanno offerto alla lettura interregionale una serie di spunti e prospettive nazionali. Conte ha esordito ricordando il valore di riferimento di ogni sistema di formazione in medicina, sintetizzato dalla frase del premio Nobel Luc Montagner: "Occorre studiare tutta la vita per essere sempre aggiornati". Se, quindi, è vero che dopo 10 anni di vita "possiamo considerare oggi il sistema ormai a regime", è anche vero che "oggi consideriamo l’ECM come un tassello che contribuisce a creare un più ampio quadro che potremmo definire sviluppo professionale continuo", approccio che ci permette di abbandonare la logica della formazione occasionale, per passare a quella corretta programmazione dei fabbisogni, "rispondendo alla domanda: quale professionista della formazione vogliamo formare".

Entrando poi nel merito del "dossier formativo", il rappresentante FNOM in sede di Commissione per la formazione continua ha ricordato che se ne parla dal 2007, dal testo di riferimento per l’ECM in sede di conferenza Stato-Regioni, e che è già stata realizzata una sperimentazione di riferimento che ha coinvolto Treviso, Piacenza e Napoli. "Il Dossier", ha precisato Luigi Conte, "è un documento diviso in quattro sezioni – anagrafica, programmazione del bisogno formativo, realizzazione ed evidenze, valutazione – che si propone come espressione di libertà ed autonomia del singolo", diventando strumento di accompagnamento del professionista e rendendo visibile il percorso formativo e che permette di "programmare e valutare la pertinenza delle azioni formative in rapporto alla propria mission clinica". Provider accreditati, sviluppo professionale continuo, presenza sempre maggiore di corsi supportati dalle nuove tecnologie, appropriatezza andragogica oltre che didattica: la sfida del prossimo triennio, ha concluso Conte, "è quella del passaggio dalla quantità alla qualità".

E a questo tema si è idealmente collegato anche Giuseppe Renzo, concentrato su tematiche professionali e formative nazionali ed europee. Renzo, in una comunicazione incentrata sul tema "ECM, quo vadis?" ha ricordato le tappe che hanno portato il mondo dell’odontoiatria all’interno del sistema dell’educazione continua, ma ha anche sottolineato che le problematiche dei dentisti (che chiudono l’ambulatorio per potersi formare) rimangono vive, "costringendoci a continuare a chiedere sgravi fiscali e deducibilità delle spese, oltre che a puntare sempre di più su sistemi e percorsi di formazione a distanza". Ma soprattutto, ha ricordato il presidente nazionale CAO, occorre ragionare in termini di mobilità europea: "La situazione europea ci dice che dobbiamo pensare in termini di sovrapponibilità dell’aggiornamento, che deve essere analogo ed uniforme in tutti i Paesi". Il tema é quello della qualità, richiesta agli odontoiatri italiani, ma necessariamente condivisa con i colleghi europei, affinché i livelli di prestazione assicurati ai cittadini (soprattutto oggi in un’ottica di mobilità "crossboarder") siano palesemente similari ed assimilabili.

Anche Sergio Bovenga, presidente del Cogeaps, si è fatto guidare nel suo intervento dalla stella polare della qualità, intesa come "concetto dinamico, un work in progress che non é possibile cristallizzare una volta per tutte". Così, dal punto di vista del Consorzio, Bovenga ha plaudito alla definizione di Conte: "Oggi il sistema è a regime ed è anche culturalmente pronto per la sfida del prossimo triennio", nel quale "passeremo dalla certificazione ECM alla certificazione professionale", ricordando che "l’atto finale della formazione di qualità non deve essere sommatoria di partecipazioni, ma la coerenza e la pertinenza dei percorsi con l’attività clinica svolta. Abbiamo così identificato il nostro impegno immediato: realizzare il passaggio alle competenze, ricordandoci che la Leva formativa deve assicurare ai cittadini prestazioni efficaci e appropriate".

TRIVENETO, SITUAZIONI A CONFRONTO

Il simposio triestino ha poi registrato una serie di comunicazioni strettamente connesse ad esperienze territoriali trivenete, che hanno fotografato l’excursus storico dell’educazione in medicina all’interno del Nordest. Il presidente della Commissione ECM del Friuli, Moreno Lirutti, ha ricordato come oggi operino in regione 28 provider, di cui 5 riconducibili a soggetti privati. Punti di forza dell’educazione in medicina friulana: pochi provider, con conseguente possibilità di lavorare molto bene, buon gruppo di responsabili regionali, forte sistema informatico regionale; punti di debolezza: mancato adeguamento del sistema regionale a quello nazionale dal punto di vista dell’accreditamento, dialogo informatico molto complesso con il sistema Cogeaps. Considerazione finale di Lirutti: "Forse troppe regole ammazzano la qualità e quindi l’orientamento all’eccellenza va perseguito anche con programmi volontari".

Per quanto riguarda il Veneto, Claudio Costa, della Direzione generale della Sanità regionale, ha presentato i numeri che riguardano il sistema ECM veneto: 84 provider regionali, 39 provider nazionali con sede legale sul territorio, 12 soggetti in fase di valutazione e 20 in fase di iscrizione. Tutto questo all’interno di un percorso che ha visto all’inizio del 2014 il Veneto aderire alle regole Agenas e attivarsi per un Piano regionale della formazione che ha spinto i provider a progettare in un modo più attento. Ma il Veneto – all’interno del quale Daniele Frezza, OMCeO Treviso, ha mostrato l’esperienza del dossier formativo di gruppo, testato in ambito di medicina d’urgenza, anestesia, rianimazione, pronto soccorso e parto, con il coinvolgimento complessivo di circa mille medici – si farà anche portatore di una serie di proposte per la semplificazione del sistema, visto che allo stato attuale le "troppe" regole sono in certi caso percepite come elemento di pesantezza.

A Bolzano e Trento, come espresso da Helene Bernhart (segretario OMCeO) e Fabrizio Zappaterra (consigliere OMCeO) i provider sono rispettivamente 54 e 23, con sistemi ben funzionanti su base provinciale. Le problematiche percepite sono un ancora scarso sviluppo di proposte FAD, ed alcune criticità (soprattutto a Bolzano) riguardanti i crediti conseguiti all’estero. In entrambe le situazioni del Trentino Alto Adige il dossier formativo è percepito come scelta strategica e su questa base la sua introduzione nella quotidianità professionale è non solo auspicata, ma già fortemente attesa.

Conclusioni affidate ai tre presidenti organizzatori, Pandullo, Scassola e Rocco: la capacità di leggere l’andamento e il radicamento del sistema di formazione in medicina aumenta se esiste un coordinamento territoriale tra regioni contigue. Per questo il convegno di Trieste potrebbe diventare un modello di riferimento anche per altre realtà. Idea stimolante, bene sapendo che si basa su una realtà territoriale già abituata da decenni a dialogare internamente. 

Autore: Redazione FNOMCeO

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