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Corte di Cassazione Civile: responsabilità medica e volontarietà delle lesioni

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE – Responsabilità medica: la finalità terapeutica esclude la volontarietà delle lesioni. In tema di responsabilità civile da trattamento sanitario non è ipotizzabile il delitto di lesioni volontarie gravi o gravissime nei confronti del medico che sottoponga il paziente ad un trattamento da questo non consentito se comunque sia rinvenibile nella sua condotta professionale una finalità terapeutica o comunque la terapia sia inquadrabile nella categoria degli atti medici (sentenza n. 15239/14).

FATTO: Con atto di citazione del 24 e 25 settembre 2004 — convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Pavia, il prof. — ed il Policlinico —- affinché fossero condannati al risarcimento dei danni conseguenti ad un intervento chirurgico alla testa da lui subito nel (omissis) , all’età di poco più di un anno, dal quale era derivata, a suo dire, la completa cecità. Tale situazione era conseguente al fatto che il sanitario aveva eseguito un intervento chirurgico diverso da quello concordato, non necessario ed assai più pericoloso di quello stabilito anche con il pediatra che aveva in cura il bambino. Il Tribunale respinse la domanda e compensò le spese, accogliendo la preliminare eccezione di prescrizione sollevata dai convenuti. Proposto appello da parte del — , la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 4 febbraio 2008, ha rigettato il gravame, ha confermato l’impugnata sentenza ed ha compensato le spese del giudizio di secondo grado. Contro la sentenza della Corte d’appello di Milano propone ricorso — , con atto affidato a quattro motivi. Resistono con separati controricorsi il prof. — e la Fondazione IRCCS Policlinico -. Il ricorrente ha presentato memoria.

DIRITTO: La Corte di Cassazione ha affermato che in tema di responsabilità civile da trattamento sanitario ed ai fini dell’individuazione del termine prescrizionale per l’esercizio dell’azione risarcitoria, non è ipotizzabile il delitto di lesioni volontarie gravi o gravissime nei confronti del medico che sottoponga il paziente ad un trattamento da questo non consentito (anche se abbia esito infausto e anche se l’intervento venga effettuato in violazione delle regole dell’arte medica), se comunque sia rinvenibile nella sua condotta professionale una finalità terapeutica o comunque la terapia sia inquadrabile nella categoria degli atti medici. In questi casi, infatti, la condotta non è diretta a ledere e, se l’agente cagiona lesioni al paziente, è al più ipotizzabile il delitto di lesioni colpose se l’evento è da ricondurre alla violazione di una regola cautelare. La Corte ha inoltre rilevato che non risponde del delitto preterintenzionale il medico che sottoponga il paziente ad un trattamento non consentito – anche se abbia esito infausto e anche se l’intervento venga effettuato in violazione delle regole dell’arte medica – se comunque sia rinvenibile nella sua condotta una finalità terapeutica o comunque la terapia sia inquadrabile nella categoria degli atti medici. Risponderà invece di omicidio preterintenzionale il medico che sottoponga il paziente ad un intervento (dal quale poi consegua la morte), in mancanza di alcuna finalità terapeutica, per fini estranei alla tutela della salute del paziente; come quando provochi coscientemente un’inutile mutilazione o agisca per scopi estranei alla salute del paziente (scopi scientifici o di ricerca scientifica, sperimentazione, scopi dimostrativi, didattici o addirittura esibizionistici, scopi di natura estetica ovviamente non accettati dal paziente.

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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