Asiago/2 – Cerimonia al sacrario, tra commozione e dignitá

Al sacrario di Asiago, uno dei più imponenti dedicati alla Prima Guerra Mondiale (qui riposano i resti di 54.286 caduti italiani ed austro-ungarici, di cui circa 30.000 ignoti) si é celebrato il secondo momento della due giorni della FNOMCeO sull’altipiano caro a Emilio Lussu e Mario Rigoni-Stern. Nelle mura del sacrario si é tenuta infatti una semplice cerimonia, con deposizione di corona d’alloro, cui hanno partecipato autorità militari e civili, nel silenzio pieno di rispetto e memoria verso i caduti di entrambi gli schieramenti e verso una generazione che ha lasciato negli stupendi prati di Asiago vita e speranze.

Il momento piú toccante della cerimonia, é stata la lettura della lettera del ventenne tenente Adolfo Ferrero, caduto sull’Ortigara poche ore dopo la stesura di queste sue ultime parole:"Cari genitori, scrivo questo foglio nella speranza che non vi sia bisogno di farvelo pervenire. Non ne posso fare a meno. Il pericolo è grave, imminente. Avrei rimorso se non dedicassi a voi questi istanti di libertà, per darvi un ultimo saluto. Voi sapete che odio la retorica… Fra cinque ore qui sarà un inferno. Fremerà la terra, s’oscurerà il cielo, una densa caligine coprirà ogni cosa e rombi e boati risuoneranno fra questi monti, cupi come le esplosioni che in questo istante medesimo sento in lontananza.Il cielo si è fatto nuvoloso: piove. Vorrei dirvi tante cose… tante…. ma Voi ve l’immaginate. Vi amo tutti, tutti…. Darei un tesoro per potervi rivedere… Ma non posso… Il mio cieco destino non vuole…." (La lettera integrale é in allegato).

Una testimonianza drammatica, firmata da un ragazzo di vent’anni, coetaneo di tanti giovani che oggi affollano discoteche e pub, corridoi universitari e metropolitane. Testimonianza di giorni tremendi, quelli fissati in un celebre passo di Lussu, nel suo Anno sull’Altipiano: "Nella vita normale della trincea, nessuno prevede la morte o la crede inevitabile; ed essa arriva senza farsi annunciare, improvvisa e mite. In una grande città d’altronde vi sono più morti d’accidenti imprevisti di quanti ve ne siano nella trincea di un settore d’armata. Anche i disagi sono poca cosa. Anche i contagi più temuti. Lo stesso colera che è? Niente. Lo avemmo fra la 1a e la 2 a armata, con molti morti, e i soldati ridevano del colera. Che cosa è il colera di fronte al fuoco d’infilata di una mitragliatrice?”.

Autore: Redazione FNOMCeO

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