Cassazione Civile sentenza n. 15745/18 – Responsabilità medica

Cassazione Civile sentenza n. 15745/18 – Responsabilità medica – La natura della CTU – In caso di accertamento della responsabilità medico-chirurgica, attesa l’innegabilità delle conoscenze tecniche specialistiche necessarie non solo alla comprensione dei fatti, ma alla loro stessa rilevabilità, la consulenza tecnica presenta carattere “percipiente”, sicché il giudice può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati, ma anche quello di accertare i fatti medesimi, ponendosi pertanto la consulenza, in relazione a tale aspetto, come fonte oggettiva di prova.

FATTO E DIRITTO: La Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con sentenza numero 1/2016 del 9 gennaio 2016, in riforma della sentenza di primo grado n 716 del 2011 del tribunale di Bolzano, accertava l’inadempimento delle obbligazioni dovute dai sanitari del nosocomio di Bolzano diretto dall’azienda sanitaria dell’Alto Adige nell’intervento chirurgico praticato al signor L. T., paziente affetto da morbo di Crown, relativamente alle complicanze mediche (setticemia) che l’avevano in seguito condotto a dover subire il trapianto di un rene. A tale conclusione la Corte d’appello era pervenuta dopo avere rinnovato la CTU esperita nel giudizio di primo grado che invece aveva causalmente ricondotto la complicanza verificatasi alle patologie preesistenti. La nuova CTU aveva accertato che all’intervento di anastomosi praticato non era seguita una corretta applicazione dei punti di sutura nei tessuti dell’intestino non infiammati e tale errata applicazione aveva causato la sepsi, peraltro riscontrata tardivamente in fase post operatoria. L’azienda sanitaria ricorre per cassazione della sentenza della Corte d’appello con atto notificato il 22 aprile 2016 e deduce tre motivi di ricorso; è comparso il contro ricorrente che nel resistere ha proposto ricorso incidentale. Nel giudizio di risarcimento del danno derivato da colpa medica non costituisce inammissibile mutamento della domanda la circostanza che l’attore, dopo avere allegato nell’atto introduttivo che l’errore del sanitario sia consistito nell’imperita esecuzione di un intervento chirurgico, nel concludere alleghi, invece, che l’errore sia consistito nell’inadeguata assistenza postoperatoria; dovendosi considerare il fatto costitutivo, idoneo a delimitare l’ambito dell’indagine, nella sua essenzialità materiale, senza che le specificazioni della condotta, inizialmente allegate dall’attore, possano avere portata preclusiva, attesa la normale mancanza di conoscenze scientifiche da parte del danneggiato. Il fatto che il giudice di merito abbia impropriamente indicato, facendo ricorso a nozioni comunemente reperibili su Internet, che l’anastomosi chirurgica è una sutura che unisce due visceri cavi, sì da ritenere che i due termini siano sinonimi, non rileva ai fini della valutazione degli esiti della terapia praticata e della sua conformità alle tecniche dell’arte, in tal caso essendo stato dedotto che l’ intervento de quo, facente parte della prestazione medica che la struttura si era obbligata ad eseguire, non ha avuto esiti favorevoli per il paziente. Difatti, come sopra visto, la prestazione medica ospedaliera non rimane circoscritta all’intervento in sé praticato come terapia, ma ricomprende l’insieme delle prestazioni richieste dall’ars medica nel caso concreto, ivi comprese le attività complementari di sutura dei tessuti con manovre corrette e di assistenza post chirurgica, da considerarsi come parti altrettanto essenziali e complementari della terapia praticata.  In caso di accertamento della responsabilità medico-chirurgica, attesa l’innegabilità delle conoscenze tecniche specialistiche necessarie non solo alla comprensione dei fatti, ma alla loro stessa rilevabilità, la consulenza tecnica presenta carattere “percipiente”, sicché il giudice può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati, ma anche quello di accertare i fatti medesimi, ponendosi pertanto la consulenza, in relazione a tale aspetto, come fonte oggettiva di prova». La CTU, pertanto, non ha accertato fatti e condotte ulteriori alle allegazioni attoree di malpractice medica circoscritte alla terapia praticata. Difatti per quanto la consulenza tecnica d’ufficio e le correlate indagini peritali abbiano generato una opinione percipiente, essa si è limitata ai fatti allegati dalla parte che solo un tecnico era in grado di accertare per mezzo della conoscenza degli strumenti di cui dispone. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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