Questa mattina, durante la conferenza stampa per la presentazione degli Stati generali della professioni medica, tenutasi presso la sede della FNOMCeO a Roma, sono state presentate anche le “100 Tesi”, ideate da Ivan Cavicchi, su cui si basa il percorso degli Stati generali, i cui lavori saranno in corso fino al 2020.
Qui potete trovare il testo integrale delle “100 tesi per discutere il medico del futuro”, qui la versione ridotta. In allegato anche gli ebook in formato .mobi e .epub.
Di seguito la presentazione del Presidente FNOMCeO Filippo Anelli.
IL “CAMBIO DI PASSO”
Il Consiglio Nazionale della FNOMCeO, riunitosi il 24 marzo 2018, il primo dopo la mia elezione a Presidente, affrontò alcuni temi oggetto della mia relazione; in particolare si con-centrò sulla crisi della professione e sulla cosiddetta “questione medica”.
Queste tematiche erano già state proposte con una mozione approvata con pochissimi di-stinguo, nel corso del Consiglio Nazionale del 13 gennaio 2018, riunitosi per discutere sul rinnovo del nuovo Comitato Centrale.
Il Consiglio Nazionale del 24 marzo fece propria tale mozione al punto che alcuni analisti ed osservatori parlarono di “cambio di passo”. Io credo che di cambio di passo, senza esagera-zioni, si sia trattato.
Nella mia relazione, infatti, avevo sostenuto che “serve un cambio di passo. Se i medici devono prioritariamente garantire gli obiettivi di salute, devono essere messi nella condizione di poter gestire le risorse per la loro definizione e la loro realizzazione, restando medici”.
Che cosa stava accadendo?
Molto semplicemente, con il manifestarsi della “crisi” del ruolo del medico era cambiato, da parte nostra, il modo di leggere i problemi della professione. Si usciva automaticamente da una visione frammentata delle nostre vicende e, altrettanto automaticamente, si entrava in una logica strategica nuova, quella della complessità e della varietà dei problemi, della loro interconnessione, della visione d’insieme di una “crisi”, ammessa e riconosciuta, che presup-poneva la ricerca di una strategia in grado di risolverla.
Da ciò nasce la mia proposta di organizzare, nell’immediato futuro, gli Stati Generali: “avanzo la proposta di indire gli Stati Generali della professione medica, cioè di diventare operativi, elaborando una nostra originale e inedita progettazione. Vi propongo di lavorare tutti insieme, di farne un grande evento per dire a tutti che i medici vogliono fare i medici e per questo sono pronti a sfidare il cambiamento”.
Aggiungendo: “Per organizzare gli Stati Generali abbiamo necessità di predisporre una piattaforma di base e costruire, tappa dopo tappa, la nostra proposta”.
Il Comitato Centrale, per dar seguito alle indicazioni del Consiglio Nazionale e al fine di organizzare gli Stati Generali, decise di istituire una commissione, che si riunì immediatamente e che, in primis, si pose il problema di trovare le strategie per dar corpo al dibattito negli Ordini provinciali.
In seguito, nel Consiglio Nazionale del 6 e 7 luglio 2018, nella relazione dal titolo “Verso gli Stati Generali” indicai, su proposta della commissione, 6 macro-aree, ossia le grandi tematiche intorno alle quali sviluppare il dibattito:
- I cambiamenti e le crisi
- Il medico e la società
- Il medico e l’economia
- Il medico e la scienza. Clinica e cultura
- Il medico e il lavoro
- La medicina, il medico e il futuro. Una nuova definizione di medicina
La commissione, rispetto alle aree tematiche indicate, decise di elaborare le tesi dalle quali partire per favorire la discussione. Stabilì anche che lo schema del documento, che avrebbe dovuto contenere le tesi, fosse composto da sinossi, proposizioni, aporie, tesi e quesiti, al fine di dipanare le problematiche in gioco.
La complessità
La commissione ed il Comitato Centrale delegò per la loro materiale stesura, un suo componente, il prof. Ivan Cavicchi, un intellettuale che resta uno dei più grandi provocatori culturali del nostro settore, ma nello stesso tempo uno dei più stimati studiosi dei problemi della sanità e della medicina. Sicuramente un “amico severo” dei medici, che da anni ci pungola, ci sollecita al cambiamento e autore d’importanti saggi sulla medicina da ripensare e sulla professione da ridefinire.
Il tempo in cui la medicina era prevalentemente un “affaire” dei medici, soprattutto da un punto di vista deontologico, è finito poiché la medicina e, di conseguenza, la nostra professione è diventata super complessa e, quindi, oggetto di studio da parte di esperti.
Proprio questa è una delle grandi novità con le quali dobbiamo fare i conti: una volta la me-dicina aveva una connotazione “paternalistica”, tutto ruotava intorno al medico. Oggi non
- più così! Bisognerà tener conto degli interessi e del ruolo di svariati soggetti a partire dal cittadino, per non tacere del politico, dell’economista, del gestore, delle altre professioni, solo per citarne alcuni. Con tanti giocatori entrano in campo tanti contesti, tanti interessi diversi, tante diverse visioni del mondo. In una parola, entra in campo un grado alto di complessità al quale non siamo abituati.
La visione d’insieme
Elaborare delle tesi significa, prima di ogni cosa, studiare, ossia improvvisare il meno pos-sibile, organizzare le tematiche, esporle nella loro interezza, al fine di non trascurare i tanti problemi sul tappeto e affrontare il notevole. Quindi scandagliare le problematiche, cogliere il mutamento sociale e culturale in essere e la necessità del cambiamento.
Oggi ritengo che la nostra professione abbia nei confronti del mutamento sociale e culturale della società, un fondamentale problema di adeguatezza, accentuato da forti condizionamen-ti economici e organizzativi. Questo vuol dire che il cambiamento per noi medici è equiva-lente alla ridefinizione della professione, al fine di rendere adeguati i suoi valori ai contesti sociali che cambiano, facendo i conti con i limiti economici.
Se essere adeguati, cioè governare il cambiamento, è la sfida, allora cambiare per essere adeguati non può che essere la nostra strategia.
A mio modesto parere, le tesi, viste nel loro complesso non sono altro che uno sforzo culturale per adeguare la nostra professione a un mondo che muta.
Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare l’intera commissione per l’entusiasmo e la passione con le quali hanno affrontato il lavoro e per i contributi elaborati e messi a disposizione.
Le tesi
Le tesi prospettate indagano la nostra realtà professionale e le sue contraddizioni.
Al fine di facilitare al massimo la discussione sulle tesi abbiamo pensato di pubblicare accanto alla versione integrale del documento anche una versione più sintetica che si limita ad elencare le tesi ed i relativi quesiti, senza nessun approfondimento.
Queste tesi vanno considerate delle “provocazioni”, in senso buono, cioè argomenti per sollecitare e suscitare un dibattito, delle riflessioni, dei pronunciamenti, quindi argomenti per “scuotere” l’albero, per superare gli steccati, per allargare gli orizzonti.
Altra cosa saranno le tesi conclusive degli Stati Generali, quelle sulla base delle quali sarà riscritta, tenendo conto delle proposte degli Ordini, la “Magna Carta” della professione. Queste tesi saremo tutti noi a scriverle.
Il ruolo degli Ordini
Attraverso questo testo ed insieme ai contributi che contestualmente pubblichiamo, intendiamo aprire ufficialmente il dibattito in preparazione degli Stati Generali che si terranno il prossimo anno.
Agli Ordini provinciali, sulla base di queste pubblicazioni, tocca il compito materiale di or-ganizzare la discussione nelle loro sedi, con l’obiettivo di coinvolgere il maggior numero di colleghi e di comunicare alla Federazione Nazionale le risultanze del dibattito.
Gli Ordini in questo dibattito a dimensione nazionale sono il trait d’union, ossia l’interfaccia tra la comunità della professione in tutte le sue possibili espressioni e la FNOMCeO.
Con questo ruolo intendiamo assegnare agli Ordini provinciali la funzione di capire, conoscere, studiare i nostri problemi e, con l’aiuto delle tesi, di indicarci le strade più adeguate da perseguire.
Un evento storico
Nella nostra storia recente nessuna discussione sulla professione, sui suoi fondamenti, sulla sua identità e sul suo ruolo è stata mai affrontata su scala nazionale, con lo scopo di definire una “Magna Carta” della professione.
Infatti, nel corso del 900, la professione si è sviluppata insieme ad un poderoso progresso scientifico e all’affermarsi di sistemi di welfare pubblico, diventando, nello stesso tempo, lo strumento di un nuovo progresso scientifico e l’espressione di un’avanzata politica dei diritti. Sul finire di questo secolo la professione ha iniziato a subire condizionamenti tra cui quelli di tipo economico e socio-culturali, resi più accentuati dagli effetti della grande crisi economica e dalla rivendicazione di una maggiore partecipazione alle scelte in sanità da parte del cittadino, nonché dalla contestuale presa di coscienza dei propri diritti.
La discussione che ci accingiamo a fare è da considerarsi un evento storico perché la crisi in cui versa la professione ha caratteristiche tali da non avere precedenti.
Il rapporto tra medicina e medico è così stretto, così decisivo, che non è plausibile pensare alla crisi della professione senza pensare, nello stesso tempo, ad una eventuale crisi della medicina.
Il dibattito in Occidente
In tutto l’occidente medico sono anni che, attraverso prestigiose riviste scientifiche, discutiamo dei problemi della medicina e della professione, senza grandi sussulti.
Ne discutiamo senza mai mettere in discussione il nostro modo di essere medico ed il rap-porto tra medico e medicina. Eppure, questo paradigma concettuale, quello classico della medicina, così come dimostra proprio la storia della medicina, non può essere intoccabile, come del resto qualsiasi altro paradigma.
I paradigmi cambiano non solo a causa delle scoperte scientifiche, ma anche a causa dei mu-tamenti sociali e culturali di una società. Questo vale in particolare per la medicina che è al servizio della società, dei suoi bisogni, delle sue necessità.
Così, il nostro essere medico ed il rapporto tra medico e medicina non è solo funzione di ciò che si conosce, ma anche di quello che questa società si aspetta da noi e di ciò che a noi chiede. Cioè dell’uso sociale che si fa della conoscenza scientifica.
Se le necessità individuali e sociali cambiano, anche il nostro comportamento, il nostro modo di esser medico deve adeguarsi al cambiamento, se non vogliamo restare indietro.
Adeguare un paradigma, adeguare dei modelli, degli stampi culturali, delle pratiche consoli-date, perfino delle abitudini, non è una impresa facile, non è come cambiarsi d’abito.
- un processo riformatore complesso perché riguarda tante cose e nello stesso tempo è un processo creativo che presuppone sapere “cosa cambiare” e “come cambiare”.
- un processo difficile perché riguarda una comunità fatta da centinaia di migliaia di indi-vidui, di storie personali, di esperienze di lavoro diverse. Infine, è un processo trans-generazionale, perché per ripensare una cosa complessa, come la nostra professione e la medicina, richiede tempo.
L’idea degli “Stati Generali”, così come l’abbiamo qui disegnata, cioè una grande, vasta discussione sul medico e sulla medicina, da quello che mi risulta, non ha precedenti.
Tentare di risolvere i problemi della professione, adeguando il nostro modo di esser medici e il rapporto tra medico e medicina, vale a dire il nostro paradigma classico di medicina scientifica dentro una società in forte cambiamento, è davvero una novità storica.
Quale cambiamento?
La questione che gli Stati Generali dovrà affrontare può porsi in questi termini: “Ammesso che il medico per ridefinirsi ha bisogno di cambiare; quale cambiamento si deve mettere in campo?”.
Non si può rispondere a questa domanda prescindendo da un’analisi oggettiva dei problemi.
La “cura” della professione dipende dall’ampiezza e dalla profondità della diagnosi sui suoi problemi. Più l’analisi è ampia e profonda, includendo tante variabili, tanti fattori, tante pro-blematiche, più il cambiamento sarà, a sua volta, grande, profondo e articolato. Più l’analisi è ristretta e superficiale o parziale, più il cambiamento sarà piccolo e marginale.
Le tesi proposte offrono spunti di riflessione e provocazioni utili per giungere ad una diagnosi puntuale, richiamando questioni che usualmente sono rimaste, in questi anni, nell’ombra e problemi, sino ad ora, giudicati marginali.
L’auspicio è quello di giungere ad un grado di cambiamento efficace.
La nuova “Magna Carta” del medico
Da ultimo mi preme ribadire che la discussione che si apre su questo tema è funzionale agli Stati Generali. Essa vede come sua naturale evoluzione l’elaborazione di un pensiero strategico che, per ragioni di sintesi, definisco una nuova “Magna Carta” del medico.
Il suo scopo è eminentemente pragmatico. Vorremmo restituire alla nostra professione medi-ca un ruolo adeguato ai cambiamenti tipici di una società in evoluzione, in crescita.
Il nostro obiettivo politico è superare la crisi professionale e mettere in sicurezza deontologica la professione, guardando al futuro.
Perciò, è importante discutere e, nel rispetto delle proprie legittime convinzioni, contribuire a definire il nuovo ruolo della professione medica nella nostra “Magna Carta”.
Questo è il significato degli Stati Generali che vorrei fosse colto.
Buona discussione a tutti.
Autore: Redazione