Cultura e medicina

Da qualche tempo si assiste ad un fenomeno insolito: mentre la tecnologia continua ad avere un posto d’onore in Sanità sono sempre più numerosi i medici che si rivolgono alle arti e che le introducono negli spazi di cura, le coltivano come forme di sostegno alla propria attività clinica, le propongono ai pazienti come efficace supporto terapeutico e stimolo di guarigione. E’ il momento in cui la medicina e le professioni sanitarie stanno riscoprendo e riaffermando i loro bisogni: l’arte, la letteratura, la filosofia come nuovi strumenti per "fare salute", per creare un modo nuovo di parlare di cura, per rifondare anche una lingua della pratica clinica.

Sono i lampi accecanti delle Medical Humanities a promettere un nuovo orizzonte in cui le arti diventino un vero e proprio atto. Cioè un’azione di cambiamento dell’essere medici, pazienti, operatori, cittadini: se infatti le identità sembrano entrate in crisi, questo è forse il momento di recupero autentico delle radici umanistiche della medicina, di quell’umanesimo che fonda il rispetto, l’ascolto, lo spirito critico, la speranza e la solidarietà. Basti dire per esempio che nelle più prestigiose istituzioni sanitarie, negli Stati Uniti, in Inghilterra, Canada, Francia, ci sono reparti che coinvolgono artisti nei processi di cura, e vengono avviati programmi di ricerca per studiare gli effetti dell’arte sulla mente come feconda via di conoscenza della malattia e delle sue possibilitdi guarigione o di cura. Le scoperte delle Neuroscienze fanno da apripista a questo cammino. L’arte che, nelle sue varie ed articolate manifestazioni, accompagna l’uomo fin dalle sue remote origini, continua a restare un’esigenza profonda dello spirito umano. E il suo bisogno si fa più acuto nelle situazioni estreme dell’assistenza, ma anche nelle emozioni più semplici, come il dubbio e la paura che spesso accompagnano la nascita, la malattia, la morte. Negli ospedali, oltre la cura, ormai si narra, si compone, si dipinge, si suona, si danza, si fa teatro. Come esperienza personale dell’operatore o fatto collettivo di comunità l’arte è ardente generatore di creatività medico-sanitaria, fonte di arricchimento intimo, di conoscenza e di significato.  In molti casi essa riesce a suscitare la forza per accettare il cambiamento esistenziale che spesso la malattia impone. Fino al passaggio ultimo.

Il recupero delle arti in Sanità dovrebbe quindi diventare un comportamento condiviso che parte da una premessa: la cura è innanzitutto un atto libero, spesso veloce e smarrito tra speranze e difficoltà, frutto di cultura ed esperienza, ma soprattutto è un atto creativo tra persone.

 Amedeo Bianco
Presidente FNOMCeO

 

Autore: Redazione FNOMCeO

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