La Suprema Corte ha affermato che non è illecita la violazione del diritto alla riservatezza, cioè la condotta di registrazione d’una conversazione tra presenti in mancanza dell’altrui consenso, ove rispondente alle necessità conseguenti al legittimo esercizio del diritto di difesa in giudizio. In particolare, nel caso di specie, la scriminante opera a prescindere dalla esatta coincidenza soggettiva tra i conversanti e le parti processuali, purché l’utilizzazione di tale registrazione avvenga solo in funzione del perseguimento di tale finalità e per il periodo di tempo strettamente necessario. Inoltre, tale Corte ha, altresì, precisato che il diritto di difesa non è limitato alla pura e semplice sede processuale, estendendosi a tutte quelle attività dirette ad acquisire prove in essa utilizzabili, ancor prima che la controversia sia stata formalmente instaurata mediante citazione o ricorso; non a caso, nel codice di procedura penale, il diritto di difesa costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost. sussiste anche in capo a chi non abbia ancora assunto la qualità di parte in un procedimento.
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