di Annarita Frullini
Isernia, che per numero di iscritti è il penultimo Omceo in Italia, realizza da sette anni AmbientaMente, un meeting di livello internazionale, promosso dalla UEMS, dalla FNOMCeO, dalla CIRB, dall’Istituto Italiano di Bioetica – Campania e dal locale Omceo, per la determinazione di Giorgio Berchicci, locale presidente Cao presente da anni nel board della UEMS.
L’argomento dell’edizione 2018 – “Diritti individuali e diritti ambientali” – è stato affrontato in modo multidisciplinare e transdisciplinare.
Raffaele Iandolo presidente nazionale Cao, ha portato i saluti del presidente FNOMCeO Filippo Anelli e ha ricordato quanto sia necessario rivalutare la cultura e l’etica nella cultura, in un tempo nel quale la cultura è sempre meno praticata.
Raffaele Prodromo, medico e bioeticista, presidente dell’Istituto Italiano di Bioetica -Campania ha evidenziato come diritti quali vita e lavoro siano a volte contrapposti, con il rischio di perdere entrambi. Nella complessità i due valori vanno bilanciati, interpretati e integrati.
Lorenzo Chieffi, costituzionalista dell’Università della Campania, ha inquadrato le varie generazioni dei diritti: dai civili, affermatisi nel Settecento, ai politici, a matrice liberale rivendicati nell’Ottocento, fino ai diritti sociali a matrice socialista emersi nel fase post bellica. Poi – ha detto – vi sono i diritti dell’era dell’interdipendenza mondiale, e della solidarietà planetaria e quelli relativi al campo delle manipolazioni genetiche, della bioetica e delle nuove tecnologie di comunicazione. Questi nuovi diritti, derivanti della scoperta di nuove tecnologie, sono sempre più specifici e di natura sempre più collettiva. Chieffi ha riproposto il tema della distanza fra scienza e diritto, già trattato nel 1959 da Charles Percy Snow in Le due culture, proponendo un bilanciamento di diritti e doveri per quei valori che si possono venire a contrapporre. Infine Chieffi ha invitato a seguire questi argomenti anche nel convegno che si svolgerà a Napoli il prossimo 6 e 7 dicembre: “Il post-umano nella civiltà delle neuroscienze”.
Pasquale Giustiniani, filosofo e bioeticista, ha delineato scenari che riguardano i biosistemi, la comunicazione e le politiche economiche. Dice Giustiniani: – “Dobbiamo ipotizzare, per il diritto di conservazione e protezione dei propri habitat, nuove prospettive oltre l’abusata prospettiva antropocentrica. Di incalzante attualità è oggi il diritto all’acqua: fra 25 anni non avremo più acqua potabile per metà del pianeta. L’ambiente, che è un bene comune, subisce un eccessivo consumo danneggiamento, deterioramento”.
Franco Manti, docente di Etica Sociale all’Università di Genova, ha proposto di sviluppare un’economia della cura per prenderci cura di noi, gli altri e di quanto ci circonda come parte dell’ecosistema.
Nicola Rotundo, teologo, nel suo intervento ha sottolineato l’opportunità di restituire la dignità che spetta all’uomo e alla creazione e all’ambiente.
Gaetano Di Palma, biblista, attraverso la lettura della Genesi ha evidenziato il progetto di Dio sull’umanità. “Dio affida il creato all’uomo perché abbia a cuore il benessere della creazione e custodisca le risorse ambientali come beni in sé. Affida quindi all’uomo non la supremazia sulla natura ma la responsabilità della creazione che gli è donata, perché non domini ma si “metta al servizio” di ogni forma di vita”.
Zlatko Fras, medico componente dell’esecutivo UEMS, ha detto: “La promozione e la protezione dei diritti umani e della salute sono fondamentalmente collegate. La violazione di ogni diritto umano, ha effetti indiretti e diretti sulla salute”.
Giorgio Berchicci ha evidenziato similitudini fra la vita di San Francesco e quella di Siddharta e di Giordano Bruno nella scelta della nuda vita e nella loro rinuncia ai diritti individuali. Berchicci ha voluto presentare le religioni come un volano sia per l’acquisizione di coscienza e diritti sia per atteggiamenti esistenziali. Poi Berchicci è tornato sull’importanza della cultura per salvare l’uomo sulla via dell’estinzione ricordando il lavoro di Giorgio Agamben e dei libri Homo sacer che tracciano l’evoluzione, dall’uomo antico che “poteva” all’uomo moderno che “vuole”, porsi al di sopra delle leggi umane e divine con un nuovo uso dei corpi, della tecnica, del paesaggio.
Stefano Almini, presidente Cao Bergamo, ha presentato un interessante lavoro fotografico sulla medicina, arte del prendersi cura fra intrecci relazionali e tramature di azioni, fra fiducia, dovere e diritto, nello spazio emotivo e fisico della professione medica. Ha evidenziato i diritti del professionista sanitario e la necessità di fedeltà intellettuale fra professionista e paziente.
Maria Antonella La Torre, sociologa dell’ambiente, ha posto la questione di chi debba stabilire chi ha diritto a tutela e cosa merita di essere tutelato. La tutela della biodiversità è un diritto da garantire, ma l’ambiente non può essere considerato come detentore di diritto perché la la natura non è un essere vivente. Insieme ai diritti vanno pensati i doveri che sono frutto di educazione.
Sara Patuzzo, filosofa e bioeticista, ha posto domande. Se i diritti individuali alla salute, intesi come esercizio del principio di autodeterminazione, incontrano il diritto alla salute della società nel suo insieme, quale linea di confine è possibile tracciare tra etica privata ed etica pubblica? Patuzzo ritiene che l’ambiente circostante sia un determinante fondamentale del nostro benessere e della nostra salute sia individuale che pubblica. Per il medico, curare l’ambiente dovrebbe significare curare l’essere umano perché un ambiente maltrattato ha effetti negativi sulla salute del cittadino.
Carmela Bianco, psicologa dell’Apprendimento, ha ripresentato un dilemma storico nella genesi dei nuovi diritti. L’espansione anomica del repertorio dei diritti fondamentali rischia di sollevare una grave aporia: se tutto è fondamentale, niente è fondamentale. Bianco ha affermato che un diritto può fondarsi solo sul dovere che chiama direttamente in causa il soggetto con il principio di responsabilità. Sottovalutare i doveri significa incamminarsi verso un incessante conflitto fra i diritti. E ha concluso che nella comunità risiede l’unica salvezza delle persone, perché la democrazia non può vivere solo di diritti ma deve poggiarsi sui doveri di solidarietà.
Autore: Redazione