Si è conclusa la due giorni che, prima, il 10 luglio, a Procida, con il Workshop FNOMCeO – ANSPI, e poi, il giorno dopo, a Napoli, durante il Comitato Centrale della Federazione, ha visto i medici confrontarsi su “La sanità nelle Piccole Isole”. Ma, a distanza di alcuni giorni, ancora non si spegne l’eco dell’evento.
Mentre radio, giornali, televisioni intervistano Gabriele Peperoni, Segretario della FNOMCeO, e i rappresentanti dell’ANSPI (leggi qui), proprio al presidente dell’Associazione Nazionale Sanitaria Piccole Isole, Antonino Scirè, l’Ufficio Stampa ha voluto affidare il compito di tracciare il bilancio dell’iniziativa.
Allora, Presidente: soddisfatto?
«Certamente: non posso che salutare con grande favore l’impegno e la sensibilità dimostrata dal Presidente Amedeo Bianco, dal Segretario Gabriele Peperoni e da tutta la Federazione nei confronti delle problematiche di chi opera, a vario titolo, nella sanità delle nostre piccole e meravigliose isole. I sette punti approvati all’unanimità dal Comitato Centrale disegnano un modello sanitario ad hoc, studiato sulle esigenze dei medici e dei cittadini, affinché queste terre non rimangano “isolate” ».
Ma, in estrema sintesi, quali sono le problematiche a cui vanno incontro gli operatori sanitari nelle piccole isole e che sono emerse durante il Workshop?
«I problemi principali sono la carenza di organico e l’insufficienza dei collegamenti. I medici delle isole minori vivono e lavorano in condizioni disagiate dal punto di vista e umano e professionale. Operare in una realtà dove si è l’unico medico o il solo specialista in un dato campo fa sì che non ci si possa allontanare né per il giusto riposo né per l’aggiornamento».
Un esempio?
«La cronica carenza degli organici, oltremodo sottostimati nelle piccole isole, fa sì che alcuni operatori sanitari si trovino ad essere “figure uniche” e per l’obbligo della pronta disponibilità e del servizio, sono letteralmente “SEQUESTRATI” nel posto di lavoro, senza avere la possibilità di spostarsi nemmeno sull’isola più vicina, né avere un solo giorno di ferie(che ti spetta per legge!) o la possibilità di chiedere anche un solo giorno di “RIPOSO FISIOLOGICO” dopo turni stressanti e continuativi! So di qualche operatore che è stato costretto a turni anche di 43 giorni continuativi senza un solo giorno di riposo!!!
Inoltre, i sanitari sono costretti a vivere lontani dalla famiglia, e sono costretti a continui traslochi perché d’estate gli affitti diventano troppo cari e i proprietari preferiscono dare gli appartamenti in locazione ai turisti».
E cosa è venuto fuori sulle condizioni di lavoro dei medici?
«Su una piccola isola, la professione stessa è svolta in condizioni di precarietà. Senza supporti diagnostici e strumentali e senza uno specialista presente sul territorio, diventa spesso difficile anche fare una diagnosi. Ecco allora che il paziente viene spostato, ad esempio con l’elicottero, con costi elevati in termini economici e di tempi».
E d’estate la situazione peggiora…
«Sì: nella stagione estiva, la carenza di personale si scontra con l’emergenza del moltiplicarsi della popolazione, per cui alcune isole vedono anche centuplicare il numero di abitanti. In queste condizioni, ogni semplice emergenza può trasformarsi in una tragedia».
Come si può ovviare a queste criticità?
«Il problema dell’accessibilità ai servizi sanitari e del raggiungimento dei Livelli Essenziali di Assistenza è, nelle piccole isole, una questione da risolvere con una peculiare politica di investimenti e di provvedimenti “su misura”. Non si tratta solo di aumentare i trasporti o le infrastrutture, occorre progettare un nuovo modello di sanità».
Può spiegarci meglio?
«Non si possono fare leggi uguali per diseguali. E l’obiettivo di tutti gli attori sanitari deve essere quello di migliorare la qualità del lavoro e dei servizi per garantire livelli sempre più efficaci di tutela della salute per i residenti e per le migliaia di turisti che necessitano di cure e assistenza adeguate e tempestive.
In particolare, in questi contesti ove il cosiddetto “territorio” emerge come sede primaria di risposta ai bisogni, questo deve essere oggetto di sviluppo di un sistema di servizi basati dell’integrazione multidisciplinare e multistrutturale, che passa attraverso determinati punti obbligati quali la formazione, lo sviluppo dei collegamenti, la costruzione e la messa in rete delle strutture, il superamento della rigidità dei ruoli contrattuali attuali, la forte integrazione con gli ospedali di riferimento. Si realizza così una vera continuità territoriale che garantisce a tutti la continuità delle cure».
In conclusione, quali sono gli interventi improrogabili?
«Occorrono incentivi economici per chi viene a lavorare in queste terre di frontiera. Bisogna potenziare le infrastrutture, gli ospedali già esistenti, la rete dei trasporti. Si devono sfruttare tutte le potenzialità della telemedicina. È necessario dare la possibilità ai medici di aggiornarsi e confrontarsi con i colleghi “esterni” mediante stage sul campo. Tutte priorità che il Comitato Centrale della FNOMCeO ha ben sintetizzato nel Documento approvato sabato».
Autore: Redazione FNOMCeO