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Benato: bilancio del convegno di Padova e prospettive future

Al termine del Convegno "Pensare per la professione" abbiamo intervistato Maurizio Benato per un bilancio a caldo della tre giorni padovana. Ecco le risposte del vicepresidente FNOMCeO.

Presidente, possiamo fare un primo e immediato bilancio del Convegno "Pensare per la professione"?
E’ stato sicuramente un convegno partecipato e molto affollato. Devo ringraziare, innanzitutto, i colleghi presidenti di Ordine che hanno fatto sentire la voce di quasi tutte le province italiane. Il convegno ha centrato gli obbiettivi che si era proposto; si sono infatti chiariti diversi concetti che stanno alla base di un ragionamento proiettato a delineare un futuro modello in cui la medicina e sanità possano evolvere in modo sincrono e correlato a cavallo tra scienza e umanità, tra tecnologia e relazione, tra un livello micro, costituito dall’autonomia clinica di cui il medico ancora gode in relazione al contesto di esercizio della professione, e un livello macro, dove è preponderante il ruolo regolatorio delle istituzioni civili. 

Tutta la sanità italiana si è confrontata in questi giorni sui temi del "pensare" e del "decidere". Crede che il confronto sia stato franco e senza preconcetti?
Non ci sono stati limiti nei nostri discorsi , come ormai è prassi nel pensiero moderno filosofico  che viene ben chiarito da una locuzione tedesca “Denken ohne Geländer” abbiamo cercato di pensare senza barriere, senza limiti. D’altro canto lo richiede la nuova ontologia del malato che è oggetto e soggetto  dell’intervento sanitario e che determina  la qualità dell’intervento sancendone l’efficacia. Lo richiede la sanità che entra spesso in collisione con la realtà applicativa del medico, ma anche con la sua cultura, la sua esperienza e la sua storia e delegittima il suo operare agli occhi del paziente. Dobbiamo rapidamente recuperare la pienezza di operatività dei nuovi strumenti di Governo clinico per dare attuazione alla continuità dell’intero processo di cura e costruire dinamiche e relazioni nuove in una visione coerente incentrata sul paziente . 

Nelle aspettative della FNOMCeO quale potrebbe essere la disseminazione di contenuti, tematiche e dibattito che dovrebbe proseguire dopo il Convegno?
Ci sono almeno tre piani da affrontare per dare immediate risposte.
Un piano tutto intrinseco alla medicina ma con riflessi sulla formazione del medico. La medicina presenta serie difficoltà epistemologiche dei suoi modi conoscitivi , dovendosi muovere tra singolarità, contingenza, necessità costante di verificare le certezze cliniche e le modificazioni profonde dello stato ontologico di malato. Il malato in particolare quello cronico ormai preponderante per la transizione epidemiologica degli ultimi anni non pretende risposte standardizzate derivate da regole fisse e predeterminate e questo comporta una approfondita rivisitazione del metodo applicato in medicina per dare nuovo significato al senso dell’atto di cura.
Un piano esterno alla medicina dovuto alla domanda sociale che spinge al cambiamento del tradizionale approccio alla cura e che ha sostituito il paradigma della malattia con quello della salute mettendo in discussione i livelli di assistenza economicamente sostenibili mentre la politica lascia il medico da solo ad operare nelle priorità con le implicite difficili scelte di fronte ai progressi offerti dalla tecnologia scientifica .
Un terzo piano da affrontare è la sanità. Un argomento difficile perché non ci può essere buona sanità se non c’è una buona società. Dobbiamo prendere coscienza che è arrivato il momento per tutti di valorizzare sobrietà e parsimonia e questo sulla base di considerazioni legate fondamentalmente allo sviluppo esponenziale delle tecnologia, e all’impossibilità di assicurarne l’accesso a tutti, con la conseguenza di gravi disparità sociali.
Dobbiamo porci il problema di valutare ciò che è efficace e ciò che non lo è nella pratica clinica, e dunque augurarci un felice connubio tra l’epidemiologia clinica (medicina basata sulle prove di efficacia), l’economia sanitaria (una razionale allocazione delle risorse) e la bioetica (una giusta allocazione delle risorse), ma noto che sono tutte discipline ancora largamente assenti nella formazione del medico.
La prevenzione, basata su fattori di rischio documentati, deve ritornare il fulcro delle politiche sanitarie e potrebbe richiedere scelte importanti ed economicamente impegnative. Una politica per la salute impone  una forte attenzione per l’ambiente perche la sola assistenza medica ha contribuito in misura comparativamente modesta allo stato di salute della popolazione, mentre i più importanti successi  sono stati sempre realizzati sul piano dello sviluppo comportamentale e culturale. Per riassumere, dovremmo impegnarci sempre di più per l’attuazione di una politica sanitaria che faccia proprio il concetto di medicina sociale che si ottiene ribaltando la prospettiva da individuale a collettiva attenuando il perfezionismo medico e favorendo il miglioramento delle condizioni economiche e sociali di fondo. Insomma, fare della medicina-della-cura  una strategia secondaria e limitandone le aspirazioni sul terreno delle tecnologie avanzate.
Come si può capire  vogliamo delineare una politica che consolidi il consenso sociale alla medicina che possa far acquisire al medico la forza morale che può legittimare un dialogo serrato e costruttivo con le componenti della società, mondo politico in primo piano, che non puo’ scaricare contraddizioni, insufficienze ed errori esclusivamente sulla categoria medica .

A Padova è stato annunciato l’anno delle celebrazioni per il centenario della Federazione: possiamo anticipare già alcune delle iniziative previste per il 2010?
Nel 2010 compie cento anni la legge costitutiva del nostro Ordine professionale. Penso che debba essere l’occasione per ripensare la storia dei medici italiani abbandonando le retoriche e lasciando da parte i facili narcisismi di queste occasioni. Si dovrà nel corso dell’anno ricercare attuando manifestazioni presso gli ordini sparse per tutta Italia le radici che accumunano una identità che il tempo del divenire ha frammentato e diviso .La professione, come anche la medicina, è una costruzione storico sociale che detiene un ruolo riconosciuto e l’occasione del centenario dovrà essere il momento della sua pubblica conferma.

Autore: Redazione FNOMCeO

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