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Dall’ago che scioglie il tumore al Dna alieno: quando il titolo va oltre la notizia

“VENETO: ECCO L’AGO CHE SCIOGLIE I TUMORI IN 5 MINUTI, TECNICA A CHIOGGIA” (Adnkronos); “Tumore, l’ago incandescente lo scioglie: il primo intervento in soli 10 minuti” (Il Messaggero); “Così l’ago incandescente brucia i tumori” (Il Tempo); “Incredibile,10 minuti e il tumore sparisce” (Diretta News.it). “Ecco l’ago che scioglie i tumori in 10 minuti. L’intervento rivoluzionario eseguito a Chioggia” (Salute.diariodelweb.it)

È il 16 novembre quando, prima sulla stampa locale veneta, poi su quella nazionale, si diffonde una notizia che subito accende le speranze di molti malati oncologici: all’Ospedale di Chioggia sarebbe stata applicata una metodica “rivoluzionaria” che – riportiamo dal Comunicato della Asl14 – con “un ago incandescente”, “permette di sciogliere il tumore (e anche le forme metastatiche) al fegato, ai reni, ai polmoni, alla tiroide e alle ossa in un’unica seduta, anche ambulatorialmente, in cui il paziente viene sedato e curato in pochi minuti senza sentire dolore e, in molti casi, senza avere la necessità poi di altri trattamenti come quelli chemioterapici”.

Continuando nella lettura, è vero, si evince chiaramente che “si tratta di casi selezionati, discussi con il comitato oncologico, in cui il tumore non supera i 4 centimetri di grandezza”. Mentre a un occhio esperto non sfugge che la “termo ablazione mediante microonde” (questo il nome della tecnica), pur terapia di per sé innovativa, è – come ci informa il Segretario della FNOMCeO Luigi Conte – “in uso già da alcuni anni in diversi ospedali italiani, per determinati tipi di tumori e indicazioni precise e in una percentuale del 30-40% dei casi non è  seguita da successo”.

Ma tant’è: i centralini dell’Ospedale di Chioggia sono subissati dalle telefonate e dalle richieste di pazienti che desiderano saperne di più su questa tecnica che appare quasi “miracolosa”, tanto da dover far seguire al primo comunicato (potete leggerlo qui) una nota di smentita (in apertura del sito).

Sul supplemento Salute de Il Corriere della Sera (disponibile anche sul sito) compare un’esaustiva risposta a un lettore a firma di Luigi Solbiati, direttore di Radiologia interventistica e Oncologica all’ospedale Busto Arsizio di Varese, che spiega nei dettagli la metodica e “l’eccesso di ottimismo” con il quale è stata presentata.

Riportiamo qui un estratto della lettera aperta che, proprio su questo tema, il collega Adriano Provera, per 38 anni redattore de La Stampa, ha voluto rivolgere anche al presidente FNOMCeO, oltre che al Ministro della Salute e al presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti.

"Non ho elementi per giudicare se la cronaca riferisce correttamente quanto è avvenuto. Mi fermo invece a stigmatizzare un’abitudine purtroppo molto diffusa, di pubblicizzare interventi miracolosi, medicine e risultati di ricerche scientifiche ancora in fase di sviluppo, poteri salutistici di questo o quell’alimento, ‘record’ chirurgici.  Risultato: si alimentano speranze nei malati. Il che è oltremodo grave, perché favorisce uno stato di confusione informativa quando invece, proprio per la particolare situazione clinica dei malati, occorrerebbero certezze. Non solo. Si concede spazio a chi vuole speculare sulla sofferenza delle persone con inutili cure. E, in aggiunta, vedo un danno d’immagine della Sanità pubblica"

Ma non è questo l’unico caso nel quale, per analizzare solo gli ultimi giorni, prima si lancia una notizia, e solo dopo, quando si è ormai diffusa in maniera dilagante si “corre ai ripari” con le necessarie precisazioni.

“Ricciardi (Iss), in Italia un caso di difterite” titola l’Ansa il 18 novembre. La dichiarazione sarebbe stata rilasciata dal presidente dell’Istituto Superiore di Sanità nel corso di un suo intervento a un congresso di pediatria a Firenze.

Continuando nella lettura (qui il lancio), il solito occhio esperto capisce che non si tratta di un caso di malattia conclamata  ma di un “insulto difterico”: l’organismo è  cioè venuto in contatto con il batterio che causa la difterite ma il sistema immunitario è stato in grado di contrastarlo.

"In Italia si è già verificato un primo caso di insulto difterico, l’ho già detto pubblicamente, ma non posso dire dove" recita infatti il virgolettato. Tra l’altro la stessa dichiarazione era già stata rilasciata, proprio da Ricciardi, il 3 novembre scorso, in occasione del Convegno “Perché vaccinarsi – il ruolo dei media per una cultura della prevenzione”,organizzato dalla FNOMCeO, indicando tra l’altro il luogo di reperimento (qui il lancio di Adnkronos, a firma dell’inviata Raffaella Ammirati).

Non che la notizia sia meno grave, perché indica che il batterio, che sembrava fosse stato fermato dai vaccini, ha ripreso a circolare anche nel nostro paese, ma è comunque impreciso parlare di “caso” di malattia, o di “attacco” di difterite. E invece la notizia viene rilanciata, con toni sempre più allarmistici, da molte testate, quotidiani online, radio e televisioni, tanto che Ricciardi interviene per ribadire che si è trattato di un “nodulo difterico” (vedi Adnkronos).

Inesperienza, redattori locali “prestati” alla sanità, “voglia di far notizia”: l’imprecisione ha molte attenuanti e non inficia la gravità dell’episodio in sé, il fatto che l’agente patogeno, per il calo delle coperture vaccinali, abbia ripreso a circolare. Per avere però un’idea di quali danni possa fare la modalità sbagliata, pur con tutte le buone intenzioni, di comunicare su questa materia basta leggere uno dei tanti commenti sui siti antivax: qui il link ad autismo vaccini.org. Unica avvertenza: si prega cliccare con moderazione, per non aumentare la popolarità del sito.

Ottima la disamina fatta da Riv, Rete Informazione Vaccini pubblicato sulla pagina Facebook.

Ancora diverso il caso del “DNA alieno” che, come riportato da moltissime agenzie e quotidiani, sarebbe stato ritrovato, grazie a uno studio dell’Università Statale e dell’Ospedale Niguarda di Milano – pubblicato niente meno che su Nature – nelle cellule di alcuni ammalati di leucemia mieloide acuta. Qui, ad esempio, l’articolo de Il Fatto Quotidiano; qui, invece, il lancio di Adnkronos. Il termine “alieno”, sempre citato tra virgolette, è presente già nel Comunicato dell’Ospedale Niguarda, e, pur invogliando il lettore ad approfondire l’argomento, non sembra possa dare adito a grossi dubbi, anche perché è chiaramente specificato che si tratta di sequenze di nucleotidi “non umane”, che possono avere origine batterica o virale. L’uso un po’ disinvolto dei termini, tuttavia, ha sì dato la giusta diffusione a questa scoperta di grande rilevanza, ma ha scatenato i rimbrotti dei “puristi”, la parte di scienziati divulgatori che auspicherebbero una maggiore accuratezza nelle scelte lessicali.

Come trovare, allora, il giusto equilibrio tra rigore scientifico e appeal comunicativo? Il dibattito è aperto, sempre tenendo presente che, quando si parla di medicina, non si parla solo di scienza ma, come ha ricordato il Segretario FNOMCeO Luigi Conte, rivolgendosi alla platea di giornalisti del convegno “Comunicare la salute”, ci si fa mediatori tra la vita e la morte, tra la speranza e la disperazione. E, in questo percorso, l’etica è, per i medici come per i giornalisti, imprescindibile compagno di viaggio.

Autore: Redazione FNOMCeO

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