Esercizio abusivo della professione medica

Cassazione Penale Esercizio abusivo della professione medica – Condannato l’imputato che aveva abusivamente esercitato la professione di medico chirurgo in mancanza della relativa abilitazione professionale e aveva dichiarato falsamente alla polizia giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Como di essere in possesso della laurea in medicina e di svolgere la professione di medico. (Sentenza 19554/15)

FATTO: Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di Como del 25/10/2012, con la quale T.M. era ritenuto responsabile del reato continuato di cui agli artt. 348, 582 e 495 cod. pen , commesso nel 2007 esercitando abusivamente in Villa Guardia la professione di medico chirurgo in mancanza della relativa abilitazione professionale, visitando e medicando nel corso di detta attività L.S., affetto da una vescica al piede destro, omettendo di prescrivergli la necessaria terapia antibiotica, i dovuti accertamenti diagnostici ed il ricovero ospedaliero in conseguenza dell’evoluzione della malattia e cagionando un processo gangrenoso che esitava nell’amputazione della gamba destra, ed il 21/5/2008 dichiarando falsamente alla polizia giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Como di essere in possesso della laurea in medicina e di svolgere la professione di medico; e condannato alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile.
DIRITTO: La Corte territoriale, riproponendo sinteticamente un’argomentazione più estesamente sviluppata nella sentenza di primo grado, giungeva infatti a confermare quest’ultima principalmente in base alla ravvisabilità, nei confronti dell’imputato, del dolo eventuale con riguardo alla causazione delle lesioni. Ed osservava in questi termini come il T. avesse agito accettando il rischio dell’evento lesivo;segnatamente intraprendendo l’intervento curativo senza la necessaria preparazione, con ciò prefigurandosi la possibilità, senza essere in grado di escluderla in base alle cognizioni delle quali disponeva, che la semplice medicazione della vescica fosse insufficiente in assenza di più approfonditi accertamenti e di un’adeguata terapia farmacologica, e che la malattia evolvesse fino a rendere necessario il ricovero ospedaliero. Il successo di interventi realizzati nei confronti di altri pazienti non contrasta con la consapevolezza dell’imputato di potersi trovare nell’impossibilità di gestire situazioni diverse, in mancanza di adeguata preparazione professionale, e con la conseguente accettazione del realizzarsi di tali condizioni; e nessuna contraddittorietà è altresì ravvisabile rispetto all’iniziale correttezza delle cure effettuate dal T. nel caso in esame, nel momento in cui il ravvisato dolo eventuale ha ad oggetto l’accettazione della possibilità di uno sviluppo infettivo quale quello effettivamente verificatosi, che avrebbe richiesto interventi che l’imputato sapeva essere al di sopra delle proprie possibilità

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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