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Fermo “no” dei medici di Padova al dilagare della burocrazia

Le organizzazioni professionali dei medici della provincia di Padova, attraverso la “voce” autorevole dell’Ordine provinciale, hanno espresso profondo disagio di fronte alle nuove norme sulla certificazione telematica delle inabilità temporanee al lavoro e sulla verifica da parte dei medici delle esenzioni dal ticket in base al reddito. Tali norme – sostengono con forza – hanno ulteriormente aggravato il carico burocratico già intollerabile della professione, sottraendo tempo e altre risorse alle attività di diagnosi e terapia, con il risultato di squalificare le prestazioni del medico e di minarne la fiducia da parte del cittadino.

La burocratizzazione della professione – si legge nel documento/denuncia diramato dall’Ordine – sta subordinando alla propria logica le stesse basi morali dell’assistenza sanitaria rimodellando profondamente le forme e i contenuti dell’attività professionale medica, con la unica vera finalità del risparmio economico.

La sua intrusione – continua il documento – sta gradatamente privando la classe medica del controllo della propria attività lavorativa che assume sempre di più la forma di un “prestazionificio” nel mercato sanitario in cambio di un salario.

Le conseguenze di questo processo di burocratizzazione sono del tutto evidenti:

  1. l’unicità della persona e ogni elemento di personalizzazione viene rimosso nella relazione medico paziente a favore di una oggettivazione del paziente che consente una standardizzazione delle procedure tale da consentire un aumento della produttività;
  2. con la burocratizzazione dei servizi sanitari si verifica inoltre una pressione crescente a favore della produttività del medico spesso misurato in maniera spuria come numero di pazienti che il singolo medico è in grado di processare in un dato periodo di tempo;
  3. Il risultato nel medio-lungo periodo non è certo una migliore medicina, ma solo un rendimento quantitativamente superiore che consente di realizzare gli obiettivi di efficienza del sistema, che non sempre coincidono con la efficacia e con un miglioramento delle condizioni di salute.

Si crea così una divaricazione tra gli scopi della medicina e quelli dell’apparato sanitario, con una costante delegittimazione dei "contenuti" scientifici e metodologici propri della medicina e di conseguenza anche del medico, rispetto ai contesti di processo nei quali questi "sono organizzati”.

"Attribuiamo questa pericolosa divaricazione – ha detto il presidente dell’Ordine Maurizio Benato ad una impostazione politica di fondo che tende a ridurre la complessità degli intrecci medicina/sanità, a tecniche, procedure, standard, indicatori ecc, proponendo soluzioni semplici perché settoriali e illusorie a una domanda di salute e di benessere che è quanto mai complessa e variegata".

"Il medico si trova quindi a pagare un prezzo altissimo in termini di delegittimazione sociale e di contenzioso legale e, per tutelarsi, non si deve dimenticare, spesso è costretto ad utilizzare pratiche professionali difensive. Il politico sembra ignorare che la domanda di medicina che sta dietro alle parole come ‘umanizzazione’, ‘relazione’, ‘informazione’, ‘consenso informato’, ‘sicurezza’, ‘contenzioso legale’, ‘personalizzazione’, ‘centralità del malato’, richiede un vero rovesciamento della scala delle priorità perché non si tratta più di limitarsi a razionalizzare l’organizzazione sanitaria indipendentemente dai contenuti e dalle qualità dei medici che vi operano, ma invece di salvaguardare la medicina quale pratica umana fatta di conoscenza etica e pensiero esistenziale, ripensando in questa prospettiva le organizzazioni e le prassi sanitarie"
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Secondo i medici patavini occorre ridefinire l’intero impianto assistenziale, dall’organizzazione dipartimentale delle aziende, ai nuovi modelli di erogazione di cure primarie e alla loro vera integrazione, superando il concetto quanto mai obsoleto di competizione.

Vanno inoltre individuati con chiarezza gli obiettivi di salute da raggiungere: l’organizzazione e l’interazione dei servizi e delle figure professionali coinvolte devono essere finalizzati solo agli obiettivi di salute e non ad altre esigenze del sistema. Il problema della limitazione nelle risorse va considerato dal punto di vista della appropriatezza della risposta sanitaria e non dovrebbe, come avvenuto con le recenti disposizioni sulle esenzioni per reddito, arrecare gravissimi danni alla professionalità degli operatori in nome di risparmi ottenibili con altri mezzi.

"Occorre organizzare con una gestione efficiente ed efficace la soluzione dei problemi di salute in una ottica ‘ad societatem’, considerando il malato oggetto del nostro intervento, il referente che determina la qualità dello stesso", dice Benato, che non perde l’occasione per ribadire ancora a voce alta: "questo al fine di continuare a garantire al cittadino il diritto alla salute che si esplicita nel diritto all’accesso alle cure!".

"Ed è per questo che alla politica diciamo che non si riuscirà a rifondare la medicina nella sanità se non si imparerà a decifrare le loro interconnessioni recuperando conoscenze scientifiche, cliniche, psicologiche sociologiche, antropologiche, filosofiche, finalmente conciliando la scienza con le istanze neoumanitarie che provengono dalla nostra società".

Con questo appello l’Ordine ha inteso adempiere alla funzione istituzionale di tutela della qualità professionale e si oppone a che la medicina possa essere considerata al livello di una delle tante attività burocratiche e amministrative dello Stato con il rischio di una vera e autentica destrutturazione della professione medica.

La professione – conclude il documento dell’Ordine – è pronta a fare la sua parte perché efficienza, equità e solidarietà permangano principi ispiratori del servizio sanitario assicurando l’impegno a perseguire gli obiettivi originari della propria missione, chiedendo nel contempo a Politici e Amministratori di garantire la dignità e il decoro di chi la pratica.

Autore: Redazione FNOMCeO

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