Interrogazione e risposta del Governo – Orari di lavoro del personale medico

Interrogazione e risposta del GovernoOrari di lavoro del personale medico – Nella interrogazione si rileva che il 25 novembre 2015 è entrata in vigore la legge n. 161 del 2014, che all’articolo 14, comma 1, abroga due precedenti norme italiane, derogatorie della direttiva comunitaria in tema di orari e riposi del personale sanitario dipendente, medici e non medici. Da quella data si applicano a pieno titolo, anche alla dirigenza sanitaria e ai sanitari, tutte le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 66 del 2003 e, in particolare, la previsione dell’articolo 7, comma 1, del decreto, secondo la quale “il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo continuativo, ogni 24 ore”. Peraltro, l’articolo 14, comma 3, della legge n. 161 del 2014 dispone che le norme contrattuali (ad esempio l’articolo 17 del Contratto collettivo nazionale di lavoro 2008, area IV) che avevano dato attuazione alle norme ora abrogate cessino di aver applicazione alla stessa data del 25 novembre 2015, dalla quale va pienamente applicata la direttiva europea 88/2003 sull’orario di riposo e di lavoro dei medici (e sanitari) dipendenti. Si chiede se il Governo non ritenga di assumere iniziative volte a rivedere la legge n. 161 del 2014 in modo da garantire pienamente il diritto al riposo per il personale medico e sanitario, in particolare con riferimento al regime di reperibilità passiva, in quanto l’effetto della chiamata, che sospende e non interrompe il riposo, attenuerebbe concretamente l’originaria finalità di tutela dalla norma.  Nella seduta della Commissione Lavoro del 23.3.17 il sottosegretario Massimo CASSANO ha risposto all’interrogazione rilevando che  ”Con riferimento all’ultimo quesito formulato dagli interroganti, faccio presente che il Ministero che rappresento – con interpello n. 31 del 2007 – ha precisato che, in caso di interruzione del riposo giornaliero o settimanale per prestazioni da rendere in regime di reperibilità, lo stesso periodo di riposo decorre “nuovamente dalla cessazione della prestazione lavorativa, rimanendo escluso il computo delle ore già eventualmente fruite.   Occorre inoltre evidenziare che l’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 66 del 2003 – nella sua nuova formulazione introdotta dal decreto-legge n. 112 del 2008 – ha previsto, tra l’altro, che il principio della consecutività delle undici ore di riposo giornaliero possa essere derogato dai contratti collettivi nazionali di lavoro mentre, per il settore privato, in assenza di specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali, le deroghe possano essere stabilite mediante contratti collettivi territoriali o aziendali. L’unica condizione – posta dal comma 4 del predetto articolo 17 – è che le eventuali deroghe debbano comunque prevedere periodi equivalenti di riposo compensativo o, comunque, una protezione appropriata. Tali riposi compensativi – come peraltro evidenziato dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee nella sentenza del 9 settembre 2003 (causa C-151/02) – devono essere immediatamente successivi all’orario di lavoro che sono intesi a compensare, al fine di evitare uno stato di fatica o sovraccarico del lavoratore dovuti all’accumulo di periodi di lavoro consecutivi. In linea con quanto stabilito dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 66 del 2003, e con specifico riferimento al personale del Servizio sanitario nazionale l’articolo 14, comma 3, della legge n. 161 del 2014 ha stabilito che le deroghe alle disposizioni in materia di riposo giornaliero sono disciplinate dai contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto sanità. Tali contratti devono altresì prevedere equivalenti periodi di riposo compensativo, immediatamente successivi al periodo di lavoro da compensare, ovvero, nei casi in cui ciò non sia oggettivamente possibile, adeguate misure di protezione del personale stesso”. Claudio COMINARDI (M5S) intervenuto in replica “si dichiara insoddisfatto della risposta del sottosegretario, che lascia insoluti due problemi. Il primo riguarda il mancato rispetto dei limiti posti dalla normativa europea all’orario di lavoro e la conseguente inosservanza della disciplina sui riposi. La questione è, a suo avviso, particolarmente grave, non solo nei confronti dei lavoratori del servizio sanitario ma anche dei pazienti, che sono trattati da personale stanco e poco lucido. Il secondo problema che, a suo parere, dovrebbe essere affrontato dal Governo è quello del superamento del blocco del turn-over, per effetto del quale, negli ultimi anni, a fronte di cinque lavoratori che hanno avuto accesso al pensionamento, solo uno è stato sostituito da un nuovo assunto. Ciò ha, ovviamente, comportato la necessità di riorganizzare i tempi di lavoro, massimizzando la presenza dei lavoratori in servizio, in spregio delle più elementari regole di rispetto delle capacità fisiche individuali”

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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