Irap e medici con segretaria nello studio

Cassazione Civile Ordinanza Interlocutoria n. 5040/15 – Irap e medici con segretaria nello studio – Rimessione della controversia alle Sezioni Unite al fine di risolvere un contrasto conclamato ed insanabile circa il significato attribuibile, ai fini della configurabilità del presupposto di imposta, alla presenza di un lavoratore dipendente nello studio medico.

FATTO:  L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti di C.N. per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con la quale la CTR della Campania ha confermato la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dal C.N. avverso il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso dell’Irap versata – per gli anni dal 2000 al 2004 – dal predetto, che esercitava la professione di avvocato avvalendosi di un solo dipendente con mansioni di segretario ed in assenza di beni strumentali di rilievo.

DIRITTO: Dall’analisi (ovviamente solo indicativa e non esaustiva) della giurisprudenza in argomento emerge dunque un contrasto conclamato ed insanabile circa il significato attribuibile, ai fini della configurabilità del presupposto dell’autonoma organizzazione, alla presenza di un lavoratore dipendente, ed in particolare circa il fatto che essa costituisca (o meno) sempre ed in ogni caso elemento di per sè sufficiente a configurare l’esistenza del suddetto presupposto (in pratica il primo orientamento, a differenza del secondo – per il quale v. in particolare le già citate cass. nn. 22019, 22020, 22021, 22022, 22023, 22024 e 22025 del 2013 – identifica sempre nella presenza di un dipendente un potenziamento dell’attività produttiva, anche quando l’apporto di detto dipendente si riduca soltanto, per esempio, ad una maggiore comodità per il professionista e/o per i suoi clienti, evidentemente ritenendo che anche solo tale "maggiore comodità" potrebbe aumentare il numero dei clienti o comunque consentire al professionista di produrre di più). All’orientamento che ritiene integrato il presupposto dell’autonoma organizzazione ogni volta che il lavoratore autonomo si avvalga del lavoro di un dipendente si è andato più recentemente affiancando, prima in maniera sporadica, da ultimo in maniera sempre più insistente, un diverso orientamento, escludente che la presenza di un dipendente costituisca di per sè sola elemento decisivo ed insuperabile per determinare la sussistenza del presupposto della "autonoma organizzazione". Si va infatti radicando nella giurisprudenza di questo giudice di legittimità, via via in maniera sempre più netta, un contrasto sul punto specifico della rilevanza della presenza di uno o più dipendenti ai fini della configurabilità della autonoma organizzazione. Ad esempio (e sempre senza alcuna pretesa di completezza), cass. nn. 22019, 22020, 22021, 22022, 22023, 22024 e 22025 del 2013 hanno escluso che l’apporto di un unico dipendente possa di per sè indurre a ravvisare la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, tra l’altro affermando che "l’automatica sottopozione ad IRAP del lavoratore autonomo che disponga di un dipendente, qualsiasi sia la natura del rapporto e qualsiasi siano le mansioni esercitate vanificherebbe l’affermazione di principio desunta dalla lettera della legge e dal testo costituzionale secondo cui il giudice deve accertare in concreto se la struttura organizzativa costituisca un elemento potenziatore ed aggiuntivo ai fini della produzione del reddito, tale da escludere che l’IRAP divenga una (probabilmente incostituzionale) tassa sui redditi di lavoro autonomo" e precisando che "vi sono ipotesi in cui la disponibilità di un dipendente (magari part-time o con funzioni meramente esecutive) non accresce la capacità produttiva del professionista, non costituisce un fattore "impersonale ed aggiuntivo" alla produttività del contribuente, ma costituisce semplicemente una comodità per lui (e per i suoi clienti)". La Corte di Cassazione Sez. 5 rileva che la giurisprudenza sembra propensa ad identificare la ricorrenza del presupposto impositivo esclusivamente sulla base di una valutazione di fatto da condursi caso per caso (quindi incensurabile in cassazione se non nei limiti in cui si riconosca una qualche sopravvivenza del vizio di motivazione), con l’effetto di rendere più difficile anche la "prevedibilità" dell’assoggettamento alla imposta in questione. Ciò detto,  ritiene doverosa la rimessione della controversia al Primo Presidente perché valuti l’opportunità di investire della questione le sezioni unite, essendo appena il caso di evidenziare quanto possa essere grave il permanere di un contrasto così netto e radicato in ordine alla sussistenza di un presupposto di imposta).

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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