La medicina del futuro è condivisa

“Di tutte le scienze, la medicina è quella caratterizzata da una connessione più diretta con la vita umana. Di questa essa comprende tutti gli aspetti, dai meccanismi molecolari alle narrazioni personali, alle credenze e ai sentimenti di ogni individuo”. Si apre con queste parole l’articolo di Richard Lehman dell’Institute of Applied Health Research dell’University of Birmingham, pubblicato su JAMA Internal Medicine, in cui l’autore presenta una nuova serie in uscita sulla rivista con cadenza settimanale sul tema della cosiddetta sharing medicine (1). Un concetto che fa riferimento alla condivisione di conoscenze, dati, abilità ed esperienze all’interno della professione medica e nel rapporto con il pubblico e la società (2). Non a caso, il primo di questa serie di articoli suggerisce una nuova agenda di ricerca utile a migliorare la comunicazione tra medico e paziente nell’ambito delle patologie gravi (3).

 “Le sfide si presentano immediatamente quando ci addentriamo nel dialogo con i pazienti e cerchiamo di allineare le nostre idee con le loro. Un processo spesso definito shared decision-making ma che fa invece riferimento, come emergerà da questa serie di articoli, a un insieme più ampio e complesso di attività”, scrive Lehman. L’autore denuncia ad esempio che la prima fase di incontro, quella che dovrebbe far emergere gli obiettivi e le reali necessità del paziente, viene spesso saltata. Una visita medica dovrebbe sempre iniziare con una “diagnosi di preferenza” (4), il momento in cui si raggiunge un accordo circa i motivi che hanno portato il paziente a rivolgersi al medico e gli outcome da considerare come prioritari.  A questa fase dovrebbe poi seguirne un’altra dedicata al trasferimento, in forma trasparente e comprensibile, delle informazioni relative allo stato di salute e alle terapie disponibili.

Ma la conoscenza “non dovrebbe essere solo resa disponibile e condivisa con il paziente – sottolinea Lehman –  ma anche interiorizzata dal medico a livello personale, così da poter essere comunicata in modo efficace”. Ciò è particolarmente problematico dal momento che nella maggior parte dei casi la fonte di questa conoscenza è costituita da trial clinici i cui risultati trovano difficilmente riscontri immediati nella pratica clinica e sono riportati in modo incomprensibile per i non esperti. Inoltre, non sempre è possibile accedere a tutte le informazioni che emergono da questi studi. Una prima soluzione, almeno parziale, a questo problema potrebbe quindi essere rappresentata dalla condivisione di tutti i dati relativi ai trial in cui sono stati testati i trattamenti attualmente utilizzati. È infatti anomalo che in ambito medico le informazioni raccolte negli studi sperimentali siano considerate proprietà di chi conduce o finanzia la ricerca. “Altre scienze, come l’astronomia, la fisica delle particelle e la genomica, fioriscono perché gli operatori condividono le informazioni in tempo reale”.

Un ruolo altrettanto importante è giocato tuttavia dalle competenze, specie quelle riguardanti l’ascolto e la comunicazione con i pazienti, in quanto in assenza di queste la trasmissione della conoscenza può portare a fraintendimenti. Sarebbe quindi opportuno prevedere dei percorsi di formazione continua che uniscano le competenze diagnostiche alle capacità di condividere le informazioni in modo efficace con i propri pazienti. Inoltre, il rapporto medico-paziente dovrebbe prevedere una certa dose di narrazione delle rispettive esperienze, utile a contestualizzare le evidenze scientifiche e a favorire un dialogo più aperto e supportivo. In alcuni contesti clinici, come quello della chirurgia elettiva, si tende infatti a ridurre la comunicazione a un mero trasferimento di nozioni seguito dalla richiesta di firmare un consenso informato. “Ma questo ha poco a che fare con gran parte della pratica medica”, sottolinea Lehman. “La cura non consiste in una serie di semplici scelte definite ma in un processo di comprensione che va sviluppato e approfondito nel tempo”.

Nel primo articolo della serie di JAMA Internal Medicine, Tulsky e colleghi riportano le considerazioni emerse da una consensus conference e da altre attività volte a indagare lo stato dell’arte della ricerca sulla comunicazione tra medico e paziente. Nello specifico, i ricercatori hanno identificato cinque aree di ricerca in cui sarà necessario realizzare studi ulteriori per poter ottenere un miglioramento significativo del rapporto tra le due figure: misurazione e metodologia, inclusi i processi di valutazione della qualità; meccanismi della comunicazione, tra cui l’identificazione dei comportamenti che fanno apparire i clinici come onesti e compassionevoli agli occhi del paziente e i vari bias che caratterizzano le visite mediche; approcci alternativi di programmazione delle cure nelle condizioni patologiche più gravi; formazione ed educazione riguardanti le competenze comunicative; approcci, come incentivi finanziari e altri fattori motivanti, utili a cambiare le strategie comunicative.

In un momento storico in cui in ambito medico i grandi avanzamenti tecnologici, dall’utilizzo dei big data a quello dell’intelligenza artificiale, sembrano offrire possibilità fino a ora inesplorate, è quindi fondamentale che i medici non rinuncino al lato umano della pratica clinica e fondino il rapporto con i pazienti su principi di apertura e di fiducia. Conclude Lehman: “Il progresso deve essere sempre reso significativo attraverso un processo di comprensione condivisa. Una comprensione che riguarda in primis i clinici come individui, ma che deve essere condivisa all’interno della comunità scientifica e nel rapporto con i pazienti. Il futuro della medicina sta nel condividere la medicina”.

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore su www.torinomedica.com

Bibliografia

  1. Lehman R. Sharing as the Future of Medicine. JAMA Internal Medicine 2017; doi:10.1001/jamainternmed.2017.2371.
  2. Steinbrook R, Redberg RF. Sharing Medicine—A JAMA Internal Medicine Series. JAMA Internal Medicine 2017; doi:10.1001/jamainternmed.2017.2348.
  3. Tulsky JA, Beach MC, Butow PN, et al. A Research Agenda for Communication Between Health Care Professionals and Patients Living With Serious Illness. JAMA Internal Medicine 2017; doi:10.1001/jamainternmed.2017.2005
  4. Mulley  AG, Trimble  C, Elwyn  G.  Stop the silent misdiagnosis: patients’ preferences matter. The British Medical Journal 2012; 345: e6572.

Autore: Redazione FNOMCeO

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