La medicina narrativa: un convegno a Cagliari

Malattia e racconti, malattia e cinema, malattia e mass media: sono i tre nodi intorno ai quali si articolerà il Convegno “La medicina narrativa è un modo di pensare?“, che, organizzato dal gruppo di lavoro Slow Medicine dell’Ordine di Cagliari, si svolgerà nell’Azienda ospedaliera del capoluogo sardo il 18 e 19 ottobre 2012 (programma qui).

“La relazione di cura è un incontro tra due storie, due narrazioni, quella del medico, che deve spiegare le possibilità e i limiti della scienza, e quella del paziente, con il suo vissuto, le sue convinzioni, le sue credenze, i suoi desideri, le sue paure” ama ripetere il presidente della FNOMCeO, Amedeo Bianco.

Proprio di questo incontro si fa portavoce la Medicina narrativa, metodologia che affianca all’osservazione delle evidenze scientifiche l’ascolto dei racconti, dei sogni, delle aspettative del malato, espressi anche con mezzi “non convenzionali”, quali i disegni.

“La Medicina narrativa parte dal presupposto che le attuali modalità di cura, fortemente condizionate dall’uso delle tecnologie e dall’attenzione all’Evidence Based Medicine, abbiano ”spersonalizzato” il ruolo dei due principali attori in campo: il medico e il paziente” spiegano gli organizzatori del Convegno.

“La qualità delle cure – afferma Anna Rita Ecca, consigliere dell’Ordine di Cagliarinon dipende soltanto dalle abilità e dalle competenze cliniche del medico, pur fondamentali, ma anche dalle relazioni tra operatori, malati e familiari, e dall’interpretazione delle storie e dei vissuti dei pazienti”.

Un ascolto partecipe, dunque, che va oltre l’analisi delle “medical humanities” in se stesse, applicando tali rapporti tra medicina, arte, letteratura, storia, religioni come modalità innovativa di cura.

Una modalità sempre più gradita anche ai pazienti. Proprio in questi giorni – e precisamente il 2 ottobre – il Censis ha presentato a Roma una ricerca sulla relazione di cura, dalla quale risulta che la maggioranza degli italiani vorrebbe sì che il sanitario fosse autorevole, ma soprattutto che fosse disposto ad ascoltare il malato che ha di fronte.

Con buona pace – per tornare alla narrativa, questa volta alla fiction – del Dr House, che chiedeva provocatoriamente a uno dei suoi primi pazienti: “Tu cosa preferisci? Un medico che ti tenga la mano mentre muori o un medico che ti ignori mentre migliori?”. Forse oggi la risposta sarebbe, se non diversa, almeno più articolata. 

Autore: Redazione FNOMCeO

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