Luci e ombre nel VI Rapporto Audit civico di Cittadinanzattiva

Report n. 63/2010    

LUCI E OMBRE DAL VI RAPPORTO AUDIT CIVICO DI CITTADINANZATTIVA

In questi giorni, alla presenza del Ministro della Salute Fazio e di altri esponenti di primissimo piano della sanità pubblica, è stato presentato il VI Rapporto Audit civico di Cittadinanzattiva. Molti gli aspetti presi in esame, analizzando i dati di 87 tra Asl e Aziende Ospedaliere condotta da 3.000 cittadini in equipe miste che, appositamente formati, hanno passato al setaccio ospedali, ambulatori e uffici: dal confort alla sicurezza, dai tempi di attesa al rispetto dei diritti dei cittadini sanciti dalla “Carta Europea dei diritti del malato.

Il Servizio Sanitario nazionale sta imparando a combattere gli errori. “L’informazione che se ne ricava è quella di un sistema nel quale ogni questione, dal dolore alla sicurezza, dall’assistenza domiciliare all’oncologia, è normata, acquisita, messa in agenda, fino al livello di azienda”, ha commentato Teresa Petrangolini, Segretario generale di Cittadinanzattiva. “Quello che manca è la certezza dell’attuazione, con una grande frammentazione, da zona a zona, da dirigente a dirigente, quasi che non siano queste le questione che pesano e che fanno la differenza tra un bravo dirigente ed uno cattivo, tra una Asl virtuosa e una no. Non si valuta su questi oggetti, cioè su ciò che interessa realmente ai cittadini”.

Vediamo ora nel dettaglio alcuni aspetti significativi.

Curare il dolore: al sud missione impossibile. Le Aziende peggiori dal punto di vista della gestione del dolore rappresentano circa il 7% del totale delle Aziende analizzate (12 su 82): si collocano soltanto al Centro, dove rappresentano il 23% delle Aziende, e al Sud, dove ben 40% delle Aziende partecipanti ha riporto un valore pessimo o scadente. Tra le ASL peggiori, due siciliane e una ASL del Lazio. E’ quindi necessario introdurre sanzioni importanti nei confronti dei responsabili dei “luoghi del dolore”. Le prassi da adottare, infatti, sono ormai definite e consolidate.

Liste di attesa: in viaggio per stare nei tempi. Nella maggioranza delle strutture osservate vengono rispettati i limiti stabiliti dalle norme in vigore nel momento della rilevazione sui tempi massimi. Per farlo però, in troppi i casi i cittadini devono affrontare viaggi di molti chilometri all’interno del proprio territorio, spostamenti all’interno della ASL se non addirittura fuori. Vediamo ora nello specifico i dati relativi a 8 diverse prestazioni.

  • Visita urologica: a fronte dei 30 giorni previsti dalla legge come limite, 7 Asl sulle 45 prese in esame la eroga nei 90 giorni, 2 nei 120. Due offrono la prestazione nei tempi prestabiliti solo fuori zona di competenza.
  • Visita oculistica: a fronte dei 30 giorni previsti, 14 Asl la offrono con una attesa entro i 90 giorni e 2 entro i 120. Anche per questa prestazione in due casi si è costretti ad andare fuori Asl per ottenere nei tempi previsti.
  • Visita specialistica neurologica: a fronte del limite imposto di 30 giorni, 12 Asl la erogano invece con una attesa nei 90 giorni.
  • Ecografia ginecologica: la situazione qui sembra migliore, anche se solo in 5 Asl si è costretti ad aspettare fino a 90 giorni a fronte dei 60 previsti, in due casi si può aspettare molto di più di 120. E in 4 casi (circa il 10%) si è costretti ad andare fuori Asl per vedere rispettati i tempi massimi.
  • Ecocolordoppler cardiaco: (tempo massimo previsto 60 giorni): in 10 Asl si è costretti ad aspettare fino a 90 giorni, in 7 fino a 120, mentre in 4 oltre.
  • Per la spirometria, i cui tempi massimi sono stabiliti dalla legge in 60 giorni, la situazione è migliore: solo in 1 caso si devono aspettare 4 mesi e in un altro si va oltre.
  • Rmn cervello e tronco encefalico: a fronte del limite di 60 giorni, in 6 Asl la si può ottenere in 90 giorni, in 2 asl si aspetta fino a 120, in ben 7 si va oltre i quattro mesi di attesa.
  • Per la TAC addome completo, tempo massimo stabilito 60 giorni, in 1 Asl si va fino ai 90 giorni, in 2 fino ai 120 e in altrettante oltre i 120 giorni.

I ripetuti interventi del Ministero e delle Regioni per la riduzione delle liste di attesa hanno certamente favorito una migliore organizzazione generalizzata del sistema delle prenotazioni. I Centri unificati di prenotazione gestiscono, finalmente, il 92% delle agende delle prestazioni ospedaliere e sempre più gli utenti riescono a costruire ragionevoli percorsi di svolgimento degli esami e delle visite, per via telefonica, con la collaborazione competente degli operatori. L’assenza di accessi telefonici ai Cup è inaccettabile e dovrebbe essere sanzionata. La gestione delle liste di attesa però resta un fatto critico. Ricordiamo infine che al momento non è stato rinnovato il piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa.

La burocrazia rimane il vero ostacolo per i diritti dei pazienti oncologici e dei cittadini con patologia cronica. Quest’area è decisiva per il controllo della spesa sanitaria (secondo recenti stime rappresenta il 70% delle spese del SSN) e insieme per il mantenimento dell’universalità del sistema. Il 23% delle Aziende resta ancora ad un livello mediocre o scadente, la situazione più critica è soprattutto al Sud, dove solo il 33% tra le strutture prese in esame raggiunge appena il livello discreto, il 66% è quindi mediocre o addirittura pessimo. Gli indicatori meno rispettati, tra quelli presi in considerazione, sono la semplificazione delle procedure per il rinnovo delle esenzioni per patologia (15 Aziende hanno punteggio 0) e quello relativo alle procedure per l’accesso al riconoscimento del diritto ai presidi, ausili e protesi (11 Aziende con punteggio 0).

Comfort: fatiscenza e trascuratezza in un ospedale su due. In oltre metà degli ospedali visitati sono stati rilevati segno di fatiscenza, trascuratezza e disattenzione. Si rilevano difficoltà a garantire un buon livello di manutenzione: nel 40% dei casi sono stati riscontrate richieste di intervento non soddisfatte dopo 15 giorni. In generale, il comfort risulta comunque sensibilmente migliorato. Le stanze con più di 4 posti letto sono meno del 10%, e quelle prive di servizi igienici il 20%; nell’83% degli ospedali è disponibile un Bancomat, solo poche realtà insistono nel mantenere ambulatori sprovvisti di spazi di attesa o nel non fornire ai degenti gli accessori per la consumazione dei pasti.

Sicurezza: il Sud ancora fanalino di coda. I Ser.T. esempi di trascuratezza. In questo settore si registrano alcuni degli importanti successi delle campagne promosse dal Tribunale per i diritti del malato. Infatti, rispetto al dramma registrato 10 anni fa, oggi il 100% delle strutture adotta il documento di valutazione dei rischi. E’ importante però sottolineare che in tema di sicurezza, non si possono ammettere eccezioni o omissioni, che – invece – si continuano a registrare. Sono infatti 16 gli ospedali nell’area di mediocrità e uno nella pessima. In queste strutture, che rappresentano il 20% del totale, si concentrano però, tutti insieme gli aspetti più critici, come la mancata adozione di alcuni protocolli di aspirazione dei liquidi durante l’intervento chirurgico, in 6 si segnala la mancata adozione delle linee guida relative alla prevenzione della ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico, solo per fare alcuni degli esempi riportati nel rapporto.
Per quanto riguarda poi la sicurezza strutturale, il Sud si conferma purtroppo come fanalino di coda. Mentre il 70% delle aziende del Nord e la metà di quelle del Centro si trovano nell’area dell’eccellenza, le strutture che si collocano nella mediocrità riguardano solo il Sud. Particolare effetto poi fa leggere i dati relativi ai Ser.T.. Sono qui infatti che annidano le aree peggiori rispetto al rischio strutturale, con spazi poco curati e con evidenti segni di fatiscenza.

Roma 22/06/2010

Autore: Redazione FNOMCeO

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