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Mancata ammissione nella graduatoria unica del concorso per l’ammissione al corso di laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Chieti

Consiglio di Stato  – Mancata ammissione nella graduatoria unica del concorso per l’ammissione al corso di laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Chieti – Il Consiglio di Stato ha ritenuto l’appello fondato perché il comportamento tenuto dai Commissari e risultante dai verbali redatti delle operazioni compiute ha messo a rischio ogni accorgimento predisposto a livello normativo generale e di settore per garantire l’anonimato nella fase di correzione. “La violazione del principio di anonimato che la richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria ha ricordato essere il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza e di quelli del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione risulta, nella specie, evidente, senza che sia necessario accertare l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione, assumendo che la condotta dell’ Amministrazione e di chi svolge le sue funzioni, sia considerata già ex ante implicitamente come offensiva, per essere connotata dall’attitudine a porre in pericolo o anche soltanto a minacciare il bene protetto”.Sentenza n. 4474/15

FATTO: M. X propone ricorso contro il Ministero dell’Istruzione, dell’Università  e della Ricerca e l’Università di Chieti per la riforma della sentenza n.104 del T.A.R. ABRUZZO – PESCARA (Sezione Prima) del 3 marzo 2014. Dalla documentazione acquisita agli atti risulta che l’attuale appellante e originario ricorrente si rivolgeva al TAR per l’Abruzzo per l’annullamento della graduatoria unica del concorso per l’ammissione al corso di laurea in medicina e chirurgia dell’Ateneo di Chieti, pubblicata in data settembre 2013, in cui, pur idoneo, non risultava ammesso. Chiedeva, altresì, l’accertamento del diritto ad essere ammesso in sovrannumero e in subordine, il risarcimento dei danni e la condanna specifica, ai sensi dell’articolo 30, comma 2 del codice del processo amministrativo. Il ricorrente lamentava, infine, la violazione dei principi di segretezza della prova e dell’anonimato, nonché’ della trasparenza e parità’ di trattamento.

DIRITTO: L’appello è fondato e le argomentazioni utilizzate a sostegno delle censure proposte nei motivi di appello vanno condivise per la loro ragionevolezza e logicità, richiamandosi peraltro a recenti orientamenti giurisprudenziali di questa Sezione, anche in sede cautelare, e alla decisione dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio n.26/2013. La documentazione acquisita agli atti consente di poter affermare che i medesimi Commissari hanno illegittimamente, invero rispettando le indicazioni ministeriali oggi modificate: a) visionato la scheda anagrafica, abbinando il nome al codice segreto al fine di verificarne la concordanza; b) obbligato i candidati a compilare prioritariamente la scheda anagrafica, a sottoscriverla e a disporla accanto al documento di identità onde evitare scambi di plichi tra i candidati; c) costretto questi ultimi a tenere la carta di identità’ sul banco e ad attendere, al termine della prova per il ritiro dei plichi, l’arrivo di un commissario che ha contestualmente verificato l’identità’ con il modulo anagrafico. In sostanza, come incisivamente annotato dalla difesa dell’appellante, prima della correzione degli elaborati, i Commissari sono stati in grado di attribuire il codice abbinato a ciascun candidato, il che ha comportato la tracciabilità dell’elaborato sia da parte dei Commissari che degli stessi candidati potenzialmente in grado di intervenire su questi ultimi. Ciò inevitabilmente ha violato il principio dell’anonimato, dal momento che l’elaborato è diventato riconoscibile prima della sua valutazione e dell’assegnazione della sua posizione in graduatoria, rendendo possibile, quanto meno in astratto, l’alterazione dei risultati della prova. Il comportamento tenuto dai Commissari e risultante dai verbali redatti delle operazioni compiute ha così messo a rischio ogni accorgimento predisposto a livello normativo generale e di settore per garantire l’anonimato nella fase di correzione. La violazione del principio di anonimato che la richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria ha ricordato essere il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza e di quelli del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione risulta, nella specie, evidente, senza che sia necessario accertare l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione, assumendo che la condotta dell’ Amministrazione e di chi svolge le sue funzioni, sia considerata già ex ante implicitamente come offensiva, per essere connotata dall’attitudine a porre in pericolo o anche soltanto a minacciare il bene protetto.

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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