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Medici specialisti ambulatoriali – Rimborsi spese di viaggio non tassabili

Cassazione Civile – Medici specialisti ambulatoriali – Rimborsi spese di viaggio non tassabili – La Corte di Cassazione ha affermato che assumono una funzione risarcitoria e non retribuiva le somme corrisposte al dipendente in relazione all’attribuzione di incarichi che comportino spese superiori a quelle rientranti nella normalità della prestazione lavorativa. Pertanto alla luce della concreta disciplina del "rimborso spese" di cui trattasi, deve essere senz’altro escluso che possa farsi applicazione dei principi invocati dalla parte ricorrente, assimilandone il trattamento a quello della retribuzione di lavoro dipendente (ai fini dell’imponibilità). (Ordinanza n. 6793/15)
FATTO: L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Palermo, con la quale -in controversia concernente impugnazione del silenzio rifiuto su istanza di rimborso per IRPEF per gli anni dal 2001 al 2003 – è stato parzialmente accolto l’appello proposto dall’Agenzia medesima avverso la sentenza della CTP di Agrigento n. 301-07-2008 che aveva accolto il ricorso della parte contribuente G.G. volto ad ottenere il rimborso delle trattenute sulle somme corrispostegli a titolo di indennità per spese di viaggio sostenute per lo svolgimento dell’incarico di medico specialista presso gli ambulatori esterni al comune di residenza sicché, pur avendo il giudicante riconosciuto la debenza del rimborso, limitatamente agli anni 2002 e 2003, ne era stata ordinata la riliquidazione alla luce delle compensazioni effettuate dal contribuente nella dichiarazioni relative alle predette annualità.La sentenza impugnata (per quanto qui ancora rileva, con riferimento alla questione dell’imponibilità delle somme percepite) ha ritenuto che le corresponsioni a fronte delle spese di viaggio effettivamente sostenute, siccome parametrate ai chilometri effettivamente percorsi, debbano considerarsi (anche alla luce dell’insegnamento di Cass. 21.6.2002 n. 9107) alla stregua di "rimborsi spese", non assimilabili alle retribuzioni e perciò non assoggettabili ad imposta. L’Agenzia ha proposto ricorso affidandolo a unico motivo. La parte contribuente non si è difesa.
DIRITTO: La Corte di Cassazione afferma che occorre muovere dal testo dell’art. 35 del  D.P.R. n. 271 del 2000 che contempla il "Regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni", e cioè: "per incarichi svolti in comune diverso da quello di residenza, purché entrambi siano compresi nello stesso ambito zonale, viene corrisposto, per ogni accesso, un rimborso spese nella misura di L. 533 per chilometro a decorrere dal 1°. gennaio 2000. Dalla data di sottoscrizione del presente accordo, la misura di tale rimborso, limitatamente al 50%, viene rideterminata con cadenza semestrale al 1^ gennaio e al 1^ luglio sulla base del prezzo "ufficiale" della benzina "verde" (AGIP) a tali date per uguale importo in percentuale……". Alla luce della concreta disciplina del "rimborso spese" di cui trattasi, deve essere senz’altro escluso che possa farsi applicazione dei principi invocati dalla parte ricorrente, assimilandone il trattamento a quello della retribuzione di lavoro dipendente (ai fini dell’imponibilità), tenuto conto dell’indirizzo interpretativo costante di codesta Corte secondo il quale: "In tema di imposte sui redditi, non ogni somma corrisposta in dipendenza del rapporto di lavoro deve considerarsi di natura retributiva, e perciò assoggettabile, ai sensi tanto dell’art.48 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 , che dell’art. 48 del vigente t.u.i.r. del 1986, a ritenuta IRPEF, salve le eccezioni dagli stessi articoli previste. Assumono infatti funzione risarcitoria, e non retribuiva, le somme corrisposte al dipendente in relazione all’attribuzione di incarichi che comportino spese superiori a quelle rientranti nella normalità della prestazione lavorativa. Anche nella specie di causa appaiono sussistere i presupposti di fatto per l’applicazione dei suddetti principi (presupposti accertati dal giudice del merito con apprezzamento in fatto che è rimasto immune da censure), atteso che il "rimborso spese" di cui trattasi è determinato non con criterio forfetario, e perciò sganciato dall’effettivo esborso sostenuto dal prestatore d’opera, ma con specifica parametrazione rispetto al chilometraggio effettivamente percorso ed al costo del carburante di tempo in tempo rilevato, sicché non vi è dubbio che l’indennità di cui si tratta assolva alla concreta funzione di ripristinare il patrimonio del prestatore d’opera depauperato per causa degli esborsi effettivamente sostenuti nell’interesse dell’amministrazione datrice di lavoro. La Corte di Cassazione decide che il ricorso dell’Agenzia dell’entrate va rigettato.

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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