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Pagani: i medici non siano i “controllori” dei comportamenti scorretti di altri

Una revisione sistematica della Legge Brunetta, che preveda anche l’autocertificazione in capo al lavoratore per i primi tre giorni di malattia, e soprattutto un sistema efficiente di controlli da parte dei medici fiscali. Sono alcune delle proposte emerse dal Convegno “La certificazione dello stato di malattia del dipendente pubblico e privato”, patrocinato dalla FNOMCeO e organizzato dall’Ordine di Piacenza, che si è svolto sabato scorso nella città emiliana.

Prossimi step previsti, l’istituzione di un Tavolo di Lavoro e la condivisione di un Documento di Consenso.

Apertura all’autocertificazione – ma con le ovvie e dovute cautele a tutela dei pazienti – anche da parte del presidente della FNOMCeO, Amedeo Bianco, che ha partecipato al Convegno come relatore, tracciando il “Perimetro deontologico – giuridico” della delicata materia.

“È giusto iniziare a pensare all’autocertificazione – ha commentato infatti Bianco ma dobbiamo trovare un giusto compromesso per non lasciare eccessivi spazi a una sorta di automedicazione che potrebbe sminuire la nostra funzione di tutela”.

Ma quali sono gli interventi che i medici reclamano, per una semplificazione della burocrazia, che responsabilizzi tutti gli attori coinvolti? L’Ufficio Stampa lo ha chiesto al presidente dell’OMCeO di Piacenza, Augusto Pagani.

Presidente, dal Convegno del 26 è uscita una proposta “forte”: lasciare al lavoratore il compito di autocertificare i primi tre giorni di malattia. Può spiegarci meglio la genesi del tutto?
Tutto è iniziato in marzo, quando il Consiglio Direttivo dell’OMCeO di Piacenza ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti di un iscritto, accusato di aver rilasciato certificazioni di malattia attestanti dati clinici non direttamente constatati.
Il Consiglio, ritenendo che tale violazione di legge non debba necessariamente comportare pene di assoluta gravità, come quelle previste dalla Legge Brunetta, ha creduto opportuno e doveroso segnalare alla Federazione Regionale e a quella nazionale la necessità di procedere ad una revisione delle vigenti norme giuridiche, con l’introduzione dell’autocertificazione per i primi tre giorni di malattia.

E qual è, oggi, il quadro giuridico?
Ogni giorno vengono redatti migliaia di certificati di malattia per attestare l’inabilità al lavoro dei dipendenti pubblici e privati. Ma la certificazione, talora, viene rilasciata sulla base di sintomi riferiti dal paziente, poco o nulla evidenti sul piano clinico e con scarsa o nessuna possibilità di accertamento o verifica.
Pensiamo a un mal di testa, a dolori addominali, a uno stato di malessere generale. Sindromi difficilmente verificabili, che vengono certificate sulla base del rapporto di fiducia tra il paziente e il suo medico. Medico che però corre un rischio che definirei spropositato: per il rilascio di certificati falsi o attestanti dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente documentati, la Legge Brunetta prevede la reclusione da uno a cinque anni, una multa da quattrocento a milleseicento euro, il licenziamento o la perdita della convenzione, e la radiazione dall’Albo.

Non crede che l’autocertificazione possa portare con sé il rischio di un’impennata nelle assenze? D’altra parte, sembra che anche la Legge Brunetta non abbia posto un freno all’assenteismo, esponendo inoltre il medico a sanzioni severe…
Io non so se la Legge Brunetta abbia abbattuto il tasso di assenteismo dei pubblici dipendenti. Quello di cui sono profondamente convinto è che, in ogni caso, non si possa chiedere ai medici di fare da “controllori” dei comportamenti scorretti dei lavoratori, assoggettandoli, per legge, a sanzioni gravissime e sproporzionate e obbligando addirittura l’Ordine a radiare un iscritto per un reato penale di modesta entità.
Al Convegno, il presidente Bianco ha parlato di “strafalcione giuridico” della Legge Brunetta, quando lega la radiazione dall’Albo, che è una sanzione disciplinare, a una procedura di carattere penale. Può illustrarci la problematica?
Ha detto bene il presidente Bianco: come anche ha sostenuto e argomentato, nella sua relazione al Convegno, l’avvocato Giuseppe Manfredi, questo aspetto costituisce un elemento di dubbia costituzionalità, dal momento che impone agli Ordini un automatismo della sanzione disciplinare in conseguenza di una sentenza penale di condanna o patteggiamento che, in tutta evidenza, non regge.

All’estero esiste già la possibilità di autocertificazione da parte del lavoratore? E se sì, con quali risultati?
Nei paesi anglosassoni esiste questa possibilità.
Porto l’esempio del Canada, dove – lo ha riferito il dottor Franco Del Zotti – il dipendente dispone di un “carnet” di giorni di assenza, che può utilizzare nel corso dell’anno. In caso di malattia breve, può così autocertificare la propria indisposizione, semplicemente telefonando al datore di lavoro.
Nell’evenienza, al contrario, del mancato utilizzo di giorni del carnet annuale, il lavoratore matura invece un “premio”, che consiste in un mese di anzianità lavorativa aggiuntivo ogni venti giorni “risparmiati”.
Trovo che questo potrebbe essere un modello da prendere in considerazione, perché ha certamente un valore educativo.

In definitiva cosa chiedete, in materia, alla politica?

Ritengo che i medici – rappresentati dalla FNOMCeO e dalle Associazioni sindacali – debbano tutti insieme adoperarsi per trovare il giusto modo di regolare la materia, affidando la propria parte di responsabilità e riconoscendo i diversi ambiti di competenza a tutti gli attori coinvolti: il datore di lavoro, il lavoratore e il medico.
In questo quadro complesso, bisogna anche tenere presente che deve essere garantita al datore di lavoro la possibilità di attuare gli opportuni controlli, tramite un sistema di visite fiscali efficiente ed efficace.

Autore: Redazione FNOMCeO

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