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Partecipazione in soprannumero a un corso di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2013-2016

TAR CAMPANIA  – Partecipazione in soprannumero a un corso di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2013-2016 – Osserva il Collegio come l’art. 3, comma 1, della L. n. 401/2001, preveda che “i laureati in medicina e chirurgia iscritti al corso universitario di laurea prima del 31 dicembre 1991 e abilitati all’esercizio professionale sono ammessi a domanda in soprannumero ai corsi di formazione specifica in medicina generale di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 256. I medici ammessi in soprannumero non hanno diritto alla borsa di studio e possono svolgere attività libero-professionale compatibile con gli obblighi formativi”. (Sentenza n. 1478)

FATTO: Parte ricorrente, partecipava in soprannumero a un corso di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2013-2016, ai sensi dell’art. 3, comma 1, della L. n. 401/2001, che consente ai laureati in medicina e chirurgia iscritti al corso universitario di laurea prima del 31 dicembre 1991 e abilitati all’esercizio professionale sono ammessi a domanda in soprannumero ai corsi di formazione specifica in medicina generale di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 256. Con decreto dirigenziale della Regione Campania, n. 85 del 19.05.2014, parte ricorrente veniva escluso dalla frequenza del corso, in considerazione di un contratto di lavoro a tempo determinato, intrattenuto con la Casa di Cura convenzionata "La Quiete" dal 6.11.2013 al 05.02.2014, che sarebbe risultato incompatibile con gli obblighi formativi, in considerazione del disposto dell’art. 3, comma 1, della L. n. 401/2001, che ammette la possibilità dei medici ammessi in soprannumero di “svolgere attività libero-professionale compatibile con gli obblighi formativi”. Il medesimo ricorrente impugna in questa sede l’indicato decreto di esclusione dal corso di formazione specifica in medicina generale, per il triennio 2013/2016, nonché la nota prot. n. 6702 del 26.05.2014, con la quale gli è stato inibito di frequentare il corso di formazione e la nota prot. n. 0744 del 26.05.2014, che gli ha vietato la frequenza alle attività didattiche ospedaliere con decorrenza immediata. Si costituiva in giudizio la Regione Campania depositando scritti difensivi.

DIRITTO: Osserva il Collegio come l’art. 3, comma 1, della L. n. 401/2001, preveda che “i laureati in medicina e chirurgia iscritti al corso universitario di laurea prima del 31 dicembre 1991 e abilitati all’esercizio professionale sono ammessi a domanda in soprannumero ai corsi di formazione specifica in medicina generale di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 256. I medici ammessi in soprannumero non hanno diritto alla borsa di studio e possono svolgere attività libero-professionale compatibile con gli obblighi formativi”. La questione decisiva è se nell’ambito della “attività libero-professionale”, consentita dalla norma in questione, rientri o meno anche il rapporto di lavoro a termine intrattenuto dal ricorrente con la Casa di Cura. Il Collegio ritiene al riguardo che la norma debba essere interpretata in modo estensivo, in conformità con la sua ratio ispiratrice e tenendo conto della peculiarità della posizione dei soggetti ammessi al corso in sovrannumero, ai sensi dell’art. 3 preso in esame, che, a differenza dagli altri frequentatori, non hanno diritto ad alcuna borsa di studio. La disciplina speciale di coloro che (come il ricorrente) usufruiscono della previsione dell’art. 3 della L. n. 401 del 2000 si caratterizza per l’ammissione in soprannumero, in deroga al principio del numero chiuso; conseguentemente non è prevista la borsa di studio, pur restando fermi tutti gli impegni relativi all’attività formativa.  Viene quindi attenuato il regime delle incompatibilità, in quanto è consentita una certa attività lavorativa (definita libero-professionale) purché compatibile, di fatto, con gli obblighi formativi. La ratio di quest’ultima deroga è evidente, perché viene a controbilanciare la mancata previsione della borsa di studio nel contesto di un sistema che chiede comunque ai partecipanti al corso (ancorché soprannumerari) di prestare una certa attività lavorativa (non retribuita) nell’ambito del corso di formazione. In forza di tale ratio, e al di là della questione se il rapporto intrattenuto dal ricorrente costituisca lavoro subordinato o parasubordinato, non può risultare di per sé ostativo alla frequenza nel corso in esame un rapporto lavorativo, come quello in esame, caratterizzato dalla ridotta durata temporale rispetto alla durata del corso (un rapporto trimestrale che si è sostanzialmente sovrapposto per soli due mesi), e dalle modalità di svolgimento concretamente compatibili con la frequenza. L’amministrazione, a fronte di tale specifica situazione e in presenza di un’attività lavorativa di tale natura e limitata durata, avrebbe dovuto, nel caso, effettuare almeno una concreta valutazione della compatibilità dell’attività lavorativa svolta con la proficua frequenza del corso in esame.Valutazione che non è stata effettuata e che, peraltro, avrebbe dovuto tener conto della circostanza che il ricorrente ha concretamente regolarmente frequentato il corso in questione, effettuando un solo giorno di assenza. Per le ragioni esposte, che assorbono ogni altro motivo, il ricorso va accolto, con annullamento degli atti impugnati

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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