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Report da Bari: una formazione professionalizzante per un medico migliore

Uno dei teatri più prestigiosi della cultura italiana, un modello comunicativo preciso, sintetico ed efficace (un video, una relazione dei giovani medici, una relazione dei giovani odontoiatri, una relazione di un componente del Comitato centrale), un dibattito finale: questa la descrizione sintetica del format e dello scenario in cui si è svolto il convegno "Formazione e accesso al lavoro" (Bari, 13 e 14 giugno 2014), uno dei più efficaci e meglio riusciti tra quelli realizzati nella recente storia della FNOMCeO. Scenario che durante l’inaugurazione (con oltre mille persone presenti durante la serata di venerdì 13) ha visto le introduzioni di Amedeo Bianco e Filippo Anelli (presidente dell’Ordine provinciale), del sindaco Michele Emiliano e del presidente della provincia Francesco Schitulli, del sottosegretario Massimo Cassano e dell’assessore regionale Elena Gentile.

Splendido ed elegante lo scenario del teatro Petruzzelli, così come stimolante e diretta la scelta di ricorrere al video-clip operata dai giovani medici dell’Osservatorio FNOMCeO coordinato da Domenico Montemurro e Giulia Zonno: sul grande schermo sono apparse immagini di giovani in formazione, di neo-laureati, di "quasi-specializzati", tutti in cerca di identità, tutti in difetto di futuro lavorativo. Video che hanno dato il via alle relazioni, aperte dal medico Marco Tescione (che dopo aver ripercorso il dibattito recente Giannini-Lorenzin ha ricordato che la programmazione del fabbisogno deve tener conto di molti parametri non puramente numerici: sostenibilità previdenziale, modello di organizzazione del lavoro, medicina di genere, nuove tecnologie) e Tiziano Palma, odontoiatra (che ha ricordato che per evitare disoccupazione professionale, sottoccupazione ed emigrazione all’estero, occorre proseguire la lotta all’abusivismo, programmare gli accessi e sfruttare la prossima gobba pensionistica per riequilibrare il rapporto dentisti-pazienti, che in Italia é di 1:1042, a fronte di quel 1:2000 suggeritore dall’OMS). A queste considerazioni ha provato a dare sintesi Ezio Casale, che ha espresso le ipotesi di risposta della FNOMCeO: Mantenere il numero programmato in base a trasparenza, equità e obiettività, identificare il numero di accessi ai Cdl correlato al bisogno di medici specializzati, disegnare una riforma del percorso formativo pre e post laurea.

SCOPI E CRITICITÀ

Ma sul modello formativo italiano si sono concentrate le relazioni della seconda tornata di interventi. Ricordando che è impossibile aprire il corso a tutti (i 64mila partecipanti ai test del 2014 potrebbero aumentare di due o tre volte), Laura Iorio ha sottolineato quanto nel nostro paese si punti sulla parte di preparazione teorica e quanto poco si sviluppi la parte pratico esperienziale dell’imparare facendo, mentre un’efficacissima Maria Amelia Pomarico ha ricordato il "rischio di apartheid odontoiatrica", dicendo un forte "no" all’esodo all’estero, "no" alla mercificazione della professione, "sì" ad un rinnovato sistema (anche fiscale) che aiuti il giovane dentista a intraprendere la sua professione. E’ stato quindi Maurizio Benato, vicepresidente della Federazione, a ricondurre l’attenzione al centro del problema: "Scopo della formazione é creare un professionista completo e responsabile. Ma oggi registriamo una formazione piena di nozioni non inquadrate clinicamente e di conoscenze separate. Per userò chiediamo una sostanziale revisione del piano di studi, in cui si realizzi la necessaria integrazione tra conoscenze di base e medical humanities per realizzare una completa consapevolezza dell’essere medico". Qualità della formazione: problema non indifferente, su cui si è concentrato anche Giuseppe Renzo (presidente nazionale CAO), che ha ricordato come soprattutto in ambito odontoiatrico ci siano CdL che non hanno capacità di formare e che su uno scenario sempre più europeo e internazionale, le università italiane corrono il rischio di rimanere fuori dal mercato della formazione di qualità.

FORMAZIONE SPECIALISTICA

Parlando invece di formazione specialistica è proprio vero, come ha detto Antonio Velluto, che le aree critiche della formazione in medicina generale sono quelle di una disomogeneità dell’offerta e di elementi deboli quali la bassa retribuzione ed un’organizzazione didattica non sufficientemente professionalizzante, mentre Lorenzo Capasso, ha sottolineato come la non-corretta programmazione porti a sottoccupazione ed emigrazione. Qui sono arrivati gli interventi di Roberto Stella ("non si può prescindere da un investimento sulla MMG, basato su semplici parole chiave: uniformare, professionalizzare, assicurare l’accesso alla professione con borse di studio, intervenire sulle graduatorie, con l’ipotesi di inserimento nelle graduatorie regionali già al terzo anno di scuola") e di Luigi Conte. Quest’ultimo ha sintetizzato alcune proposte della Federazione, da un lato proponendo la creazione di un organismo unico per la determinazione del fabbisogno degli specialisti, dall’altro una doppia possibilità riguardante la durata delle scuole: ridurre di un anno la specializzazione (in linea con l’Europa), ma con gli ultimi due anni in cui gli specializzandi siano già dipendenti del servizio sanitario, oppure divisione del percorso in una prima fase di low-level ed una seconda high-level, comunque fortemente basata sull’imparare facendo. "La nostra formazione post laurea prevede scarsissima formazione pratica – ha detto Conte visto che al sesto anno si fa ancora trasmissione teorica del sapere. Segnaliamo così l’insufficienza della didattica medica tradizionale centrata sull’insegnamento e non sull’apprendimento, sul docente e non sul discente". Risposte immediate a queste criticità? Comprendere quali sono le scuole migliori e più performanti attraverso test della progressione che siano in grado di valutare la qualità della formazione della scuola.

LE CONCLUSIONI

Lo spazio dedicato al dibattito (dove è rimasta vuota la sedia preparata per l’intervento del Miur: assenza grave e immotivata) è stato moderato da Filippo Anelli ed Amedeo Bianco ed ha visto gli interventi di Paolo Livrea, che ha ricordato l’assurdità di un test d’ingresso realizzato in aprile ("mentre gli studenti hanno la testa alla maturità") e la necessità di un orientamento liceale reale; dal canto suo Giovanni Leonardi (ministero Salute) ha presentato l’azione italiana all’interno del WP5 della Joint action health workforce planning ed ha purtroppo segnalato che la differenza regionale nei meccanismi di pianificazione e metodologie non permette una programmazione dei fabbisogni coerente ed omogenea. Qui si sono innestati gli interventi sindacali, tra cui quello di Giacomo Milillo (Fimmg), Carlo Palermo (ANAAO), Gabriele Peperoni (Sumai), Guido Quici (Cimo), Teresita Mazzei (intervenuta come docente universitaria), ognuno sottolineando la necessità di passar dalle parole ai fatti. Ma nel complesso uno dei risultati piú efficaci del simposio barese é stato proprio la capacità di far proposte: formazione pre e post laurea, fabbisogni, analisi della qualità accademica, su ognuno di questi settori la Federazione ha avanzato ipotesi, che ora saranno condivise a livello ministeriale. Proposte la cui responsabilità è stata assunta proprio di fronte ai diretti interessati: il Petruzzelli era denso di giovani medici, sia appartenenti a sigle sindacali, che presenti per interesse personale. La loro voce si è sentita lungamente durante le relazioni. É a loro che le istituzioni, il sistema formativo e il Ssn dovrà dare risposte, trasformando in realtà le tante promesse e speranze.

Autore: Redazione FNOMCeO

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