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Report: la prima giornata di lavori del convegno “Pensare per la professione”

Dopo il prologo di giovedì e il Consiglio Nazionale della mattinata, ieri pomeriggio è finalmente entrato nel vivo il convegno FNOMCeO-Ordine di Padova “Pensare per la professione”. In una Sala dei Giganti gremita, i lavori si sono aperti con la scopertura del busto in memoria del professor Mario Austoni, cui amici, colleghi e autorità presenti hanno voluto tributare il proprio ricordo.

L’INTRODUZIONE DI BENATO
I temi della giornata sono stati introdotti da Maurizio Benato, vicepresidente della FNOMCeO e presidente dell’Ordine dei Medici ospite. Per quanto riguarda la medicina del futuro, Benato ha spiegato che “c’è la necessità di un nuovo punto di equilibrio tra le evidenze reali, l’esperienza del medico e le dinamiche  narrative del paziente fatte di storia, di cultura, di affetti, ma anche di tensioni derivate da difficoltà di tipo economico e sociale”. E’ necessaria, dunque, una “approfondita rivisitazione di che cos’è l’atto di cura”. “Occorre un modello – ha concluso il vicepresidente della Federazione – in cui la medicina si possa organizzare tra scienza e umanità, tra tecnologia e relazione, tra un livello micro, costituito dall’autonomia clinica di cui il medico ancora gode in relazione al contesto di esercizio della professione, e un livello macro, dove è preponderante il ruolo regolatorio delle istituzioni civili”.

SALVINO LEONE SULLA MEDICINA DEL FUTURO
La prima relazione del pomeriggio è stata affidata a Salvino Leone, docente di Medicina Sociale e Bioetica al corso di laurea in Servizio Sociale della LUMSA e direttore dell’Istituto Siciliano di Bioetica, che è intervenuto sul tema “Il metodo di lavoro del medico nell’era del biopotenziamento e della postgenomica”. Leone si è soffermato sul modello di medicina dei prossimi anni, definito “cyber-olistico”, in cui cioè dovranno convivere high tech (alta tecnologia) e high touch, ovvero un approccio al malato di grande sensibilità. Il medico si dovrà confrontare con una medicina sempre più predittiva e tecnologica, ma anche maggiormente legata ai “desideri” piuttosto che ai “bisogni”. Per quanto riguarda il metodo di lavoro, Leone ha sottolineato come il rapporto medico-paziente si stia trasformando in un rapporto medico-internet-paziente, il che rende difficile soprattutto la comunicazione della verità. Secondo Leone, inoltre, stiamo assistendo ad una “crisi dell’onnipotenza della medicina”, per cui è necessario che paziente e medico facciano propria “l’idea del limite”. La medicina di domani, insomma, deve diventare sempre più “sostenibile” sotto ogni punto di vista, e al binomio scienza-coscienza deve aggiungersi la “sapienza” nell’esercizio della professione.

SCANDELLARI: L’INSEGNAMENTO “PER LA PROFESSIONE”
Cesare Scandellari, professore ordinario di Medicina Interna dell’Università di Padova, ha tenuto una relazione su “La didattica tra fenomenologia elementare e malato (I problemi attuali dell’insegnamento e lo sviluppo continuo professionale)”. Scandellari ha affermato che “il futuro  medico deve formarsi in modo diverso, usufruendo di una didattica adatta a rispondere alle esigenze della nuova società”. Per questo, è necessario un maggiore sforzo sull’insegnamento “per la professione”, che oggi è sottostimato. Diventa, dunque, necessario capire quali modifiche apportare al percorso di formazione dei medici: secondo Scandellari, cambiare l’ordinamento didattico non sarebbe uno strumento sufficiente, così come introdurre nuove discipline nel curriculum di studi. Più incisivo potrebbe essere modificare gli ambiti in cui avviene l’apprendimento, visto che la società moderna è sempre più caratterizzata da “anzianità” e “cronicità” delle patologie. L’aspetto fondamentale resta, comunque, studiare “il paziente come persona”. Il medico del futuro, infatti, dovrà riuscire a “interpretare la condizione – non solo fisica – del malato”.

SANDRO SPINSANTI E LA BIOETICA
Sul tema della bioetica si è soffermato, invece, Sandro Spinsanti, fondatore e direttore dell’Istituto Giano per medical humanities e il management in sanità di Roma, che ha presentato una relazione intitolata “Risorse e diritti in sanità nella prospettiva della bioetica”. Spinsanti ha definito la bioetica come scienza del “fare bene, pensare bene, ma anche del vedere bene”. Proprio in quest’ottica, va rivisto il modello del rapporto tra medico e paziente, che segna il passaggio dall’etica medica alla bioetica: oggi si va configurando un rapporto alla pari, in cui il medico “si deve confrontare con un paziente che ha dei valori, delle scelte, delle preferenze sulla vita e sulla morte”. Parlando di consenso informato, Spinsanti ha indicato come siano sempre più necessarie delle “decisioni etiche ritagliate su misura per ogni singola persona”, sia per il fine vita sia per altre scelte che riguardano il malato. In questo senso, “il primo passo è l’ascolto”. Un ascolto che deve essere fondato su un approccio metodologico sistematico da parte del medico. Perché, ha concluso Spinsanti, “l’informazione non è un atto, ma un processo”.

TAVOLA ROTONDA: “COME DECIDERE IN MEDICINA”
Al termine delle tre relazioni, ha preso il via la tavola rotonda sul tema “Come decidere in medicina”, moderata da Maurizio Benato. Il primo intervento è stato di Gianfranco Gensini, professore di Medicina Interna e preside della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze, che ha sottolineato l’eccessiva unilateralità della ricerca universitaria in termini di fisiopatologia, mentre “servirebbe maggiore bilanciamento con la ricerca epidemiologica” in vista di una “conoscenza completa del malato”.
Andrea Lenzi, direttore del Dipartimento di Fisiopatologia Medica dell’Università “La Sapienza” di Roma e presidente del Consiglio Universitario Nazionale, ha ricordato che sarà necessario del tempo per valutare l’efficacia del nuovo ordinamento didattico dei corsi di laurea in Medicina e che comunque “i medici che stiamo formando oggi saranno più bravi nel saper fare che nel sapere, ma probabilmente saranno anche meno bravi nel saper essere rispetto a quelli che li succederanno”.
Proprio sul nuovo ordinamento didattico è voluto tornare Giuseppe Realdi, direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche e responsabile della Commissione giudicatrice per l’esame di stato in Medicina dell’Università di Padova. Realdi ha evidenziato come il documento generi “forte disomogeneità di applicazione a livello nazionale”. Inoltre, sempre secondo Realdi, andrebbero aumentate le esercitazioni teorico-pratiche e le attività di tirocinio, specialmente sul territorio, dove la situazione clinica è molto diversa rispetto a quella dell’ospedale.
Giovanni Leonardi, direttore generale delle risorse umane e professioni sanitarie del Ministero della Salute, ha focalizzato l’attenzione sulla formazione del medico di Medicina Generale, spiegando che il Ministero attiverà un Osservatorio per individuare gli obiettivi specifici del corso in Medicina Generale e per l’insegnamento della Medicina Generale all’interno del corso di laurea in Medicina. “E’ importante – ha spiegato Leonardi – anche rendere più appetibile la Medicina Generale, che attualmente è considerata un fanalino di coda da chi vuole accedere alla professione”.
Ha concluso il giro di interventi Paolo Livrea, presidente dell’OMCeO di Bari, che ha affrontato alcuni dei temi emersi dal convegno FNOMCeO di Bari dello scorso settembre (leggi qui), rilevando come nella città pugliese sia stato fatto “un primo passo per avviare il dialogo inter-istituzionale” in fatto di formazione dei medici. Secondo Livrea, il problema dell’accesso alla facoltà di Medicina oggi è che “viene totalmente ignorato il percorso di humanities fatto dagli studenti prima dell’Università” e, inoltre, non vengono realmente capite le attitudini degli aspiranti medici. Tre sono gli aspetti su cui lavorare maggiormente: l’insegnamento della deontologia, gli esami di stato e gli ambiti della formazione.

Autore: Redazione FNOMCeO

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