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Responsabilità penale del medico curante per il rilascio del certificato anamnestico ai fini del porto d’armi

Cassazione Penale Responsabilità penale del medico curante per il rilascio del certificato anamnestico ai fini  del porto d’armi. Risponde di omicidio colposo e di falso ideologico omissivo il medico curante che abbia omesso di segnalare nel certificato anamnestico emesso ai fini del rilascio del porto d’armi che il paziente era affetto da “disturbo psicotico dispercettivo”. La procedura prevista dalla normativa vigente per il rilascio del porto d’armi è preordinata proprio ad evitare che la licenza venga ottenuta da persone prive di equilibrio psichico in considerazione dell’estrema pericolosità che la disponibilità di armi può comportare. (Sentenza n. 22042/15)

FATTO: Caio veniva tratto a giudizio dinanzi al Tribunale di Chieti per rispondere: a) del reato di cui all’art. 481 c.p. (falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità) perché nella sua qualità di medico curante di —-, nel certificato anamnestico emesso in funzione del successivo accertamento delle condizioni psico-fisiche per il rilascio dell’autorizzazione al porto d’armi per la difesa personale aveva attestato contrariamente al vero che il paziente non era affetto da turbe psicofisiche, mentre in realtà aveva appreso dal Dott. —-, specialista in neurologia e psichiatria che gli era stato riscontrato un disturbo psicotico dispercettivo ed era stato sottoposto a trattamento farmacologico con Risperdal Soluzione; B) del reato di cui all’art. 589 c.p. (omicidio colposo) perché nella predetta qualità per colpa consistita in imperizia, imprudenza e negligenza e in particolare per aver omesso di segnalare nel certificato anamnestico che il paziente era affetto da disturbo psicotico dispercettivo aveva fatto conseguire a —- il porto d’armi.

DIRITTO: Sul piano poi della causalità della colpa, ossia dell’efficacia eziologica rispetto all’evento della violazione della regola cautelare da osservarsi da parte dell’imputato nel rilascio del certificato anamnestico, non può dubitarsi della rilevanza causale dell’omissione della segnalazione, nel certificato anamnestico rilasciato all’imputato, quale medico curante, ai fini della richiesta di autorizzazione al rilascio di porto d’armi, nella successiva catena degli eventi, avuto riguardo alla funzione che, nella previsione normativa, riveste tale passaggio iniziale dell’iter amministrativo, che è quella di fornire una prima base informativa, appunto anamnestica, per le successive determinazioni dei medici dell’ASL e degli altri funzionari chiamati a valutare  e attestare l’idoneità del richiedente. La procedura prevista dalla normativa vigente per il rilascio del porto d’armi è preordinata proprio ad evitare che la licenza venga ottenuta da persone prive di equilibrio psichico in considerazione dell’estrema pericolosità che la disponibilità di armi può comportare. L’avere colposamente omesso da parte del medico curante proprio la segnalazione di distrurbi di tal specie, a lui certamente noti, costituisce comportamento idoneo a creare una falsa apparenza di normalità psichica soprattutto a fronte della possibilità, certamente non remota, di un esame superficiale da parte del medico certificatore che è puntualmente avvenuto. Per converso, la consapevolezza del fine in vista del quale era chiesto ed emesso il certificato anamnestico avrebbe richiesto una ben maggiore attenzione a non trascurare elementi di intuibile rilevanza ai fini delle successive determinazioni. La Corte ritiene pertanto configurabile il concorso colposo dei medici che abbiano consentito il rilascio del porto d’armi ad un paziente affetto da gravi problemi di ordine psichico, nei delitti dolosi di omicidio e lesioni personali commessi dal paziente

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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