Roberta Chersevani intervista Ranieri Guerra

Meno due giorni al Simposio internazionale che, sabato prossimo a Salerno, parlerà di “Precision prevention: from Big Data to individual Health”.

Ad aprire la Sessione pomeridiana del Convegno sarà la lettura magistrale di Ranieri Guerra, “La Guerra della Prevenzione: evidenze, prospettive, scelte di politica sanitaria”. A presentare Guerra, attuale Direttore Generale della DG Prevenzione del Ministero della Salute e fresco di nomina a Vicedirettore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sarà il presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici (FNOMCeO), Roberta Chersevani. A lei abbiamo voluto affidare allora, con procedura un po’ irrituale, questa intervista tra passato, presente e futuro, nella quale Guerra traccia il bilancio di tre anni al Ministero e anticipa le linee programmatiche dell’OMS.

Ranieri, noi ci siamo conosciuti quando eri già al Ministero della Salute. Tu però nasci come medico, impegnato in prima linea anche nel volontariato in Paesi in via di sviluppo. Vuoi raccontarci brevemente questa tua esperienza?

Nasco infatti professionalmente in Africa, dove sono andato a lavorare praticamente subito dopo l’abilitazione. Sono stato in situazioni sociali e sanitarie ai limiti estremi del gestibile, riviste successivamente anche in campi profughi e rifugiati in giro per il mondo. Sono stato in oltre cento Paesi, molti dei quali ai livelli più bassi dello sviluppo, in belligeranza o in guerra aperta, come la regione balcanica, il corno d’Africa, il Medio-oriente, l’Africa centrale e la costa settentrionale dell’Africa, le repubbliche centroasiatiche. Ho visto crolli di regime e sviluppi spesso disordinati e colpiti da epidemie che hanno devastato società già poverissime. È stata un’esperienza umana e professionale unica, che mi ha insegnato e arricchito, e anche orientato sugli approfondimenti accademici successivi: ho cercato di studiare e capire per evitare errori clinici e organizzativi che tuttora vedo inevitabilmente accadere. Erano gli anni della nascita della cooperazione allo sviluppo italiana, che si innestava su una tradizione di ONG di eccellenza, come il CUAMM di Padova, che è stata la mia prima e indimenticabile affiliazione. Devo dire che il percorso professionale che parte dalla prima linea è fondamentale per non perdere mai i legami con la realtà operativa: quando si va ad abitare la gerarchia istituzionale si rischia di perdersi in corridoi politici e amministrativi che si auto-perpetuano invece che rivolgersi alla professione e all’utente finale, la gente, la cui salute collettiva dobbiamo proteggere con gli strumenti della scienza, della ricerca e della politica nobile, che è quella che la nostra ministra ha adottato e promosso sistematicamente durante tutto il suo mandato. Molto del pragmatismo e della ricerca di risultato che ho cercato di perseguire durante il mio mandato al Ministero deriva proprio dal senso di urgenza e di servizio che ho imparato nei miei anni precedenti, dove la questione spesso era semplicemente di vita o di morte, con poco spazio per le chiacchiere e i sofismi.

In particolare, i nostri rapporti si sono rafforzati la scorsa primavera, durante l’iter ‘travagliato’ della Legge sui vaccini: nelle nostre lunghe telefonate quasi quotidiane ho avuto modo di apprezzare ancora di più la tua competenza, professionalità, il tuo spirito di collaborazione e anche la tua umiltà, il tuo rispondere a tutti quelli che ti fanno domande cercando di capire. Se dovessi scegliere tre ‘goal’ raggiunti dal Ministero in termini di prevenzione sanitaria, sotto la tua guida della DG Prevenzione, quali privilegeresti?

Sicuramente il piano vaccinale, voluto fortemente da una ministra che non ha esitato a lanciare una battaglia di civiltà, sia parlamentare che sociale, che sta dando frutti importantissimi, che rimarranno con noi per molti anni. In secondo luogo, un’azione che ha avuto poca visibilità, ma che ugualmente avrà impatti rilevanti, con l’adozione dei piani di sicurezza dell’acqua e lo sviluppo di un impianto di valutazione di impatto sanitario che valorizza e privilegia la dimensione della salute nei processi autorizzativi degli impianti industriali: la riclassificazione dei siti contaminati nel nostro Paese e il loro risanamento e recupero passa attraverso questi due provvedimenti che ci mettono all’avanguardia dei paesi OCSE. Infine, in prospettiva, il lancio del piano nazionale sulla genomica, che regolerà nei prossimi anni la medicina, la diagnostica e la prevenzione personalizzate, con l’impiego di diagnostica avanzata capace di riformulare anche i paradigmi di controllo delle infezioni e limitare progressivamente la diffusione dell’antimicrobico-resistenza, una delle piaghe del nostro Paese.

Permettetemi però di concludere ricordando il contributo alla gestione sanitaria dei migranti che ha caratterizzato questi tre anni al Ministero: oltre mezzo milione di arrivi sono stati gestiti dai nostri medici e infermieri di prima linea, assieme alla CRI e alle amministrazioni regionali, la cui generosità non viene mai abbastanza ricordata. Lo sviluppo della capacità di bio-contenimento che il Paese ha realizzato (assieme alla sanità militare) ci ha anche permesso di evacuare e trattare con successo casi di Ebola che in altri luoghi del mondo hanno generato casi secondari. Abbiamo realizzato qualcosa di unico che rimarrà nella storia della medicina e negli annali. Cito il presidente della Commissione Europea Juncker: abbiamo salvato l’onore d’Europa e siamo ora pronti per sostenere senza discriminazioni e riconoscendo il diritto alla salute anche della popolazione migrante il programma di accoglienza diffusa che il governo ha lanciato dieci giorni fa.

Ora la tua esperienza andrà al servizio dell’Organizzazione mondiale della Sanità: il nuovo Direttore Generale Tedros Adhanom Ghebreyesus ti ha infatti chiamato come suo vice. Un grande onore per l’Italia, un ruolo del tutto meritato per te. A noi, egoisticamente, un po’ dispiace perderti… Ma veniamo ai programmi.  Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato: “I envision a world in which everyone can lead healthy and productive lives, regardless of who they are or where they live”. Quali sono le strategie di prevenzione attuabili, sostenibili ed efficaci per ridurre realmente le disuguaglianze in termini di salute?

Questa è la domanda da cento milioni. Siamo in una situazione in cui la conoscenza scientifica è vasta e approfondita, abbiamo una ricerca globale che ci fornisce strumenti formidabili, abbiamo un’armata medica e infermieristica di grande qualità e capacità e abbiamo una disponibilità di risorse anche economico-finanziarie che probabilmente sono sufficienti sul livello globale, se ridistribuite e gestite in maniera efficiente, come fa l’Italia, che, lo ricordo, ha la migliore qualità a fronte del costo minore tra i grandi Paesi dell’area OCSE. E allora cosa manca? La visione della dimensione politica della salute, dove non è soltanto la competenza che conta, ma anche, e qualche volta soprattutto, la coerenza delle azioni che mirano all’inclusione, al recupero degli individui e delle comunità marginali, alla ridistribuzione delle risorse per raggiungere coloro che altrimenti rimangono sconosciuti ai sistemi sanitari, abbattendo le barriere economiche e finanziarie che ancora scoraggiano molti dal ricorrere tempestivamente a servizi disegnati troppo spesso in maniera passiva, tradizionale, poco calata nella realtà della vita quotidiana. Tedros ha subito affermato che l’OMS deve diventare un’agenzia di governo delle politiche sanitarie, che si rivolga proprio alla dimensione politica, alimentandola con le evidenze e con la scienza.

In ambito preventivo siamo di fronte all’ingresso rivoluzionario della nuova diagnostica molecolare, alla capacità di definire la filogenesi dei patogeni rintracciandone insorgenza e movimenti, alle scienze omiche che rivoluzionano i testi di medicina, alla valutazione epigenetica delle influenze dei macrofattori di rischio e del decadimento ambientale sui prodotti di salute, alla comprensione dei determinanti di malattie cronico-degenerative che iniziano ad attaccare la speranza di salute fin dalla vita fetale. Insomma, una batteria di strumenti fondamentali per rilanciare una prevenzione personalizzata che tuteli la nostra gente lungo tutto il percorso di vita anche in presenza dei cambiamenti epocali determinati, ad esempio, dal mutamento climatico e dalla circolazione di vettori e patologie tra paesi e società mobili e globalizzati. Porto con me il modello del nostro piano nazionale della prevenzione, avanzatissimo e calato nei setting fondamentali della famiglia, della scuola e del lavoro, che abbiamo portato anche in Europa in un’azione congiunta che identifica proprio i meccanismi dell’equità e della salvaguardia del diritto fondamentale alla salute. Non a caso una delle linee cruciali della nuova direzione dell’OMS è proprio la copertura universale a cui tutti gli Stati membri hanno aderito.

Roberta Chersevani – Presidente Fnomceo

A cura dell’Ufficio Stampa Fnomceo

Autore: Redazione FNOMCeO

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