• Home
  • Articoli slide
  • Stato di agitazione di categoria alla base del “sit in” a Montecitorio dei medici ospedalieri

Stato di agitazione di categoria alla base del “sit in” a Montecitorio dei medici ospedalieri

Armati di fischietti e bandiere di ogni colore e relativa organizzazione sindacale, alcune centinaia di medici ospedalieri, in rappresentanza dei circa 130.000 colleghi come sempre al lavoro, hanno occupato ieri mattina per alcune ore l’area di Montecitorio a Roma, fortunatamente risparmiati dalla pioggia prevista e sotto lo sguardo comprensivo dei poliziotti del servizio d’ordine, abituati a ben più pericolose manifestazioni.

La dichiarazione dello “stato di agitazione”, la proclamazione di uno sciopero sono richieste di attenzione alla gente comune da parte di una specifica categoria di lavoratori.

Al medico ospedaliero arriva un trattenuta netta in busta paga di 235 euro per una giornata di 12 ore.

Pronto Soccorso, Anestesia e Rianimazione, 118, anche se aderiscono idealmente non possono farlo nella pratica, in quanto i medici sono poi precettati, e visto che lavorano non sono considerati in sciopero e quindi sottratti alla massa calcolata degli scioperanti, in quanto vengono pagati.

Così a livello ospedaliero è proprio difficile difendere i propri diritti scioperando, anche volendolo fare: ad esempio in chirurgia sono presenti precettati 3 medici al mattino, 1 di guardia e 2 per la sala operatoria per emergenze, al pomeriggio altri 3 medici diversi, stesso incarico, la notte un medico di guardia mentre uno è smontato al mattino dalla notte.

Nel prossimo sciopero dichiarato del 9/11/2018 vi lasciamo immaginare le problematiche perché, teoricamente, il medico dovrebbe regolarmente presentarsi al lavoro al mattino e dichiarare solo in quel momento di voler restare a “braccia incrociate” o tornare a casa. Gli “altri” dovrebbero lavorare al posto suo: ma quali altri? Molte équipe sono già esaurite così.

Ma dopo 9 anni di blocco contrattuale e con il peggioramento continuo delle condizioni di lavoro appare comprensibile lo stato di agitazione di una categoria di professionisti preoccupata in primis di non poter più rendere un adeguato servizio al cittadino per carenza di numeri dei sanitari in servizio, per i recuperi impossibili da turni innaturali.

Secondo Eurostat inoltre l’Italia ha la percentuale maggiore di medici con età pari o superiore a 55 anni a livello continentale (dati ottobre 2018).

Filippo Anelli, Presidente della FNOMCeO, ha dichiarato: “La Federazione sostiene e condivide le ragioni dello stato di agitazione indetto dall’Intersindacale della Dirigenza Medica, Veterinaria e Sanitaria. La politica deve rendersi conto che sono stati i medici, insieme a tutti gli operatori sanitari, a tenere insieme questo Servizio Sanitario Nazionale anche nei momenti di crisi, e che investire sui medici significa investire sulla salute dei pazienti, sulla sicurezza e sulla qualità delle cure”.

Carlo Palermo, segretario nazionale del sindacato di categoria Anaao Assomed, afferma che

“il servizio sanitario pubblico vive un momento critico con un quadro preoccupante, che ha portato i sindacati dei medici a interrompere oggi l’interlocuzione tecnica per il rinnovo del contratto con l’Aran e a proclamare lo stato di agitazione, con una o più giornate di sciopero a ottobre da definire.”

“Stiamo vivendo un momento critico per il SSN con un grave sottofinanziamento, e le notizie che arrivano in queste ore dal Governo per il Def non sono buone” aggiunge Palermo. “Si tratta di avere un finanziamento incrementale per dare a tutti le cure, e alle Regioni la possibilità di allargare le offerte, garantire i nuovi Lea e permettere la chiusura del contratto.”

“Il fallimento della programmazione nella formazione post-laurea rappresenta oramai una vera emergenza nazionale e uno dei fattori più importanti delle difficoltà in cui versa il nostro SSN.

Mancano pediatri, anestesisti, ortopedici, ginecologi, ma anche specialisti in medicina e chirurgia d’urgenza: le difficoltà più importanti negli ospedali più periferici che ricorrono a cooperative di medici che offrono prestazioni a gettone.

Chiediamo una ripresa delle assunzioni nel SSN in modo da sostituire in modo tempestivo le uscite per l’arrivo della gobba pensionistica e l’incremento immediato dei contratti di formazione specialistica post laurea: servono 3000 nuovi contratti per la carenza di specialisti che si prospetta.”

Guido Quici, presidente Cimo, accusa le Regioni di aver lucrato sui risparmi del costo del personale: “Ricordo” sottolinea “che nei prossimi anni mancheranno 7mila medici ogni anno, soprattutto medici di famiglia. Noi non possiamo lavorare in queste condizioni, aumenta l’insicurezza per il paziente.

Non c’è nessuna prospettiva, i medici escono dal sistema e lo fanno prima della pensione perché il lavoro è pesante e le notti da coprire sono tante. È difficile andare in ferie, lo stress si accumula e questo diventa oggetto di scontro tra i colleghi.

Inoltre, mentre le Regioni per i 64.000 medici della medicina convenzionata hanno accantonato 356 milioni (elemento che ha consentito di destinare 300 mln di euro alla sigla dell’Accordo Collettivo Nazionale di questa categoria), per i circa 130.000 medici dipendenti del SSN le Regioni hanno invece accantonato solo 12,9 milioni, somma irrisoria alla quale peraltro hanno contribuito per il 95% solo due regioni, Lombardia ed Emilia Romagna.”

“Così come stanno le cose il SSN fallirà” ha affermato Aldo Grasselli, segretario del Sivemp, il sindacato dei veterinari pubblici. “Servono risposte altrimenti il sistema si inabisserà”.

Giuseppe Ettore, presidente Fesmed, dichiara: “Dopo nove anni il contratto dei dirigenti medici è ancora un traguardo lontano e la colpa è dell’inerzia della politica”. A questo si aggiungono “i gravi problemi per il nostro SSN”, come la carenza di medici “a causa della mancata programmazione e di una precisa volontà politica orientata oramai al declino della sanità pubblica”. Per Ettore servono “proposte migliorative e di tutela non solo per il blocco del salario, ma soprattutto per la sicurezza e la qualità di lavoro dei medici, la formazione, la turnazione, la premialità, la tutela legale e assicurativa”. Della stessa opinione Uil e Cisl Medici.

Durante lo sciopero i reparti con attività ambulatoriale sono facilitati, con una sospensione delle visite ordinarie che comunque vanno recuperate in sovrannumero nei giorni seguenti. Tanto per complicarsi la vita con le liste di attesa.

Ma i reparti di Medicina continuano a ricoverare come niente fosse, ovvio, le Chirurgie rimandano interventi non urgenti – tipo le ernie – ma per tutto il resto come trapianti e oncologia i conflitti di coscienza del professionista sono enormi.

A volte si è d’accordo in tutto e per tutto con le motivazioni dello sciopero ma si lavora lo stesso, perché la coscienza è più forte del desiderio della difesa dei propri diritti: il primo di tutti, quello più sentito di questi tempi è “lasciateci riposare, siamo esseri umani anche noi”.

Un messaggio per chi decide in un ufficio di giorno la vita di chi lavora di notte e di domenica

I medici crescono e si sviluppano in un sottoinsieme di persone dedicate all’assistenza del prossimo. Lottano duramente per anni per fare questo mestiere perché “ci credono”, e una volta raggiunto questo ruolo si nutrono per sopravvivere della riconoscenza dei pazienti.

Il messaggio più forte deve essere quindi per i cittadini: basta con ll definanziamento della Sanità mascherato sotto varie forme, con buona pace degli “inni” alla qualità del Sistema Sanitario Nazionale che proprio in questi giorni compirà 40 anni di vita così come lo conosciamo, universale, equo e solidale.

È quantomeno ipocrita celebrare le varie eccellenze della Sanità pubblica, perpetrando scientificamente la sua demolizione per asfissia del personale, a tutti i livelli, per questioni di risparmio economico sulla pelle del cittadini, ponendo le basi di un conflitto sociale.

Gli sprechi in Sanità ci sono eccome, ma non è questo il sistema corretto per ottenere il miglioramento dei bilanci, sistema peraltro seguito accuratamente negli ultimi anni da tutti i governi in carica, di ogni appartenenza politica.

Basta diminuire le risorse a chi ne ha bisogno, lo dicono dei professionisti che tutti i giorni nel rapporto con i loro pazienti ci mettono la faccia e questo mestiere non lo fanno per un tempo limitato grazie a una carica elettiva, lo hanno scelto per tutta la vita e hanno studiato anni ed anni per farlo. Un po’ di rispetto sarebbe gradito.

In conclusione per i medici non si tratta di chiedere un nuovo contratto per portare a casa un po’ dì spiccioli in più, bensì del riconoscimento del ruolo sociale che ha il medico in una società civile. Curarsi di chi cura gli altri significa riconoscere la dignità di un cittadino che ha dedicato la sua vita a tutelare per gli altri cittadini il diritto alla cosa più importante: la salute.

Senza medici non può esistere questa tutela e con pochi medici viene messa a rischio la tenuta del sistema.

Questo e solo questo deve essere il messaggio finale alla gente comune, che non capisce perché vede i medici scioperare al TG e poi lavorare regolarmente in ospedale anche in quei giorni.

Giovanni Leoni Vicepresidente FNOMCeO
Roberto Monaco Segretario FNOMCeO

Autore: Redazione

© 2023 - FNOMCeO All Rights Reserved. Via Ferdinando di Savoia, 1 00196 ROMA CF: 02340010582

Impostazioni dei Cookie.