Nella mozione si rileva che le vaccinazioni rappresentano uno degli interventi più efficaci e sicuri a disposizione della sanità pubblica per la prevenzione primaria delle malattie infettive. Tale pratica comporta benefici non solo per l’effetto diretto sui soggetti vaccinati, ma anche in modo indiretto, inducendo protezione ai soggetti non vaccinati (herd immunity); i vaccini hanno cambiato la storia della medicina e si sono affermati come strumento fondamentale per la riduzione della mortalità e della morbosità, modificando profondamente l’epidemiologia delle malattie infettive.
Negli ultimi anni sono stati registrati vaccini che hanno dimostrato elevata efficacia nel prevenire malattie infettive con un grave decorso clinico (meningiti ed altre infezioni invasive da meningococco C e da Streptococcus pneumoniae), o malattie che, pur decorrendo nella maggior parte dei casi senza complicanze, hanno un’elevata incidenza (varicella). L’obbligatorietà è stata introdotta in Italia circa 50 anni fa (più recentemente per l’epatite B), a fronte di malattie che avevano causato migliaia di morti infantili, situazioni invalidanti, temporanee o permanenti, e tantissime sofferenze. Nel tempo è stata raggiunta in Italia una percentuale di copertura molto elevata, per alcune malattie addirittura vicina alla totalità della popolazione infantile.
L’obbligo vaccinale è previsto per 4 delle 13 vaccinazioni offerte dal Servizio sanitario nazionale, mentre 9 sono quelle raccomandate dal Ministero della salute e quindi da Regioni e Asl: (obbligatorie: poliomielite, difterite, tetano ed epatite B. Raccomandate: pertosse, Hemophilus influenzae, morbillo, rosolia, parotite, meningococco C, pneumococco, influenza e, recentissimo, papillomavirus); constatato che:secondo i dati del Ministero della salute, dal 2013 si registra un progressivo calo della pratica vaccinale, che espone al rischio di focolai epidemici di grosse dimensioni per malattie attualmente sotto controllo e la ricomparsa di malattie non più presenti nel nostro territorio. Se la media attuale delle vaccinazioni obbligatorie è attorno al 93 per cento, in alcune aree (ad esempio provincia autonoma di Bolzano e regione Friuli-Venezia Giulia) la percentuale è del 90 per cento.
Diversità ancora più accentuate si registrano per le vaccinazioni consigliate; a fronte della media nazionale variabile tra l’85 per cento ed il 90 per cento a seconda del tipo di vaccinazione, in alcune Regioni o aree geografiche la percentuale è addirittura inferiore al 50 per cento. In tali aree, quindi, il rischio di ricomparsa di situazioni epidemiche è molto elevato, con la possibilità di diffusione anche in altre aree. Si riscontra quindi che attualmente le vaccinazioni sono abbondantemente sotto la "soglia di sicurezza", secondo la quale il 95 per cento della popolazione dovrebbe sottoporsi a vaccinazione. In particolare, il 95 per cento è indicato come soglia limite per garantire una copertura efficace in grado di contrastare l’insorgere di malattie che si ensavano ormai debellate; considerato che: l’Ordine dei medici ha valutato la possibilità di deferimento e di radiazione per i medici che si rifiutano di praticare la vaccinazione o che si prestano alla divulgazione di informazioni allarmistiche non suffragate da adeguato supporto scientifico; la stessa Federazione nazionale ha proposto di valutare la possibilità di introdurre il divieto di iscrivere i bambini non vaccinati all’asilo nido; impegna il Governo tra l’altro ad attuare con urgenza il nuovo piano nazionale delle vaccinazioni, prevedendo la collaborazione del personale sanitario, delle istituzioni scolastiche, delle università e dei mass media, anche per favorire e promuovere la cultura vaccinale, mediante l’organizzazione con cadenza ciclica di incontri con i genitori, convegni tematici, interventi mirati nell’ambito dei corsi di preparazione alla nascita, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, e per informare gli adulti sulle vaccinazioni e sui richiami da effettuare nel corso della propria vita, anche attraverso l’operato del medico di famiglia, attivando un percorso di informazione permanente e ad investire risorse per migliorare i servizi di prevenzione sanitaria e di adesione ai programmi vaccinali, anche per favorire la protezione di persone che non possono essere vaccinate per condizioni di salute che creano impedimenti o controindicazioni.