CIMO. Programmazione sanitaria: un ufficio collocato in un eremo

CIMO Regione Veneto prende atto con profondo sollievo delle allarmate comunicazioni a stampa di questi giorni da parte delle Istituzioni come Ministero, Regione e AULSS del Veneto, da sempre preposte alla gestione del personale sulla carenza dei medici dipendenti e del personale in genere nei rispettivi ambiti di attività.

Oggi, 31 gennaio 2019, sulla stampa un allarme corale a più firme, intenso ed appassionato, con dovizia di dati sulla tipologia delle carenze.

Come nei romanzi di Agatha Christie mi sembra però che manchi il colpevole, forse è il caso di interpellare l’acuto detective Hercule Poirot protagonista indimenticato di intere serie di gialli?

Chi è l’assassino del ricambio generazionale?

Esiste in realtà, qui e là, un riferimento generico e lontano alla Programmazione Sanitaria, un ufficio evidentemente collocato in un eremo, isolato anche dai comuni mezzi di comunicazione, che da anni riportano allarmi di Sindacati, Ordini e Federazioni dei Medici sul problema del mancato ricambio generazione dei medici, sull’imbuto formativo, sulla carenza di specialisti, sui 10.000 colleghi laureati ma non specializzati.

Adesso come per magia si aprono i concorsi ma, fatalità, non ci sono i candidati, bisogna inventarsi una soluzione o interi reparti sono a rischio chiusura.

Da una parte sono sollevato dalla presa di posizione di chi ha realmente il potere di cambiare le cose, dall’altra mi sembra evidente che qualche domanda sul perché siamo ridotti in questi stati, anno dopo anno, i cittadini comuni ai loro rappresentanti dovrebbero farla.

Qui uno dei tanti articoli a tema del sottoscritto del 18 ottobre 2018, in cui sottolineavo “l’alto numero di candidati alla Facoltà di Medicina è il segnale di come la professione sia ancora ambita nonostante il definanziamento costante della sanità, i problemi di responsabilità professionale e i contratti bloccati da circa 10 anni”. Ma se si vuole risolvere il problema della carenza di medici, “bisogna aumentare il numero di specialisti e non i laureati”. Resti, dunque, il test d’accesso. Che però, per Leoni, deve sapere selezionare i futuri medici “su base scientifica dedicata, con attenzione al profilo etico ed attitudinale”.

Che sia ben chiaro a tutti che sono oltre 10.000 in Italia i medici laureati e non specializzati, cominciamo da quelli prima che vadano tutti all’estero.

Comunque, per carità, bene così.

Autore: Redazione

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