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Da santuari inviolabili del bene a luoghi della paura: un rischio evidente per le strutture sanitarie

Il III Rapporto FNOMCeO-Censis indaga le cause della violenza contro medici e operatori sanitari.
Una sintesi presentata oggi a Foggia in anteprima nazionale.

 Oltre 18mila operatori sanitari aggrediti in un anno, un solo interrogativo: perché?

A cercare una risposta, andando alle radici dell’escalation di violenza contro medici, infermieri, veterinari, farmacisti è il Terzo Rapporto FNOMCeO-Censis, “Centralità del medico e qualità del rapporto con i pazienti per una buona sanità: alle origini della criticità della condizione dei medici nel Servizio sanitario”. Una sintesi dei principali risultati è stata presentata questo pomeriggio a Foggia, nell’ambito delle celebrazioni della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, per la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, alla presenza del Ministro della Salute Orazio Schillaci, del Sottosegretario Marcello Gemmato, del Governatore Michele Emiliano, dell’Assessore regionale alla Salute Raffaele Piemontese, della Sindaca di Foggia Maria Aida Episcopo e di molte altre autorità.

“All’indignazione e alla dissuasione – afferma il Presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli – deve affiancarsi la potenza della ragione, per individuare il senso e le cause dell’incredibile trasformazione dei luoghi della cura: da santuari inviolabili, quasi sacri per cittadini e medici a luoghi della frustrazione e della rabbia per troppi cittadini, a luoghi della paura per i medici”.

Medici che, insieme agli infermieri e agli altri operatori sanitari, diventano capro espiatorio delle difficoltà evidenti del Servizio sanitario nazionale.

“I medici – spiega Anelli – per pazienti e familiari frustrati e disillusi, sono visti come i terminali di tutto quel che non funziona nella sanità, solo perché presenti nelle strutture e fisicamente raggiungibili. Così i professionisti della salute da vittime di una crisi sistemica esito di scelte fatte altrove da altri attori, agli occhi di pazienti e familiari ne diventano i principali responsabili”.

Altra causa originaria della frustrazione dei pazienti – continua – che, in alcuni casi, si trasforma in rabbia consiste nelle aspettative eccessive che ormai sono riposte nella medicina e nella sanità. L’unico esito considerato accettabile è la guarigione, cioè risposte assistenziali risolutive e, nei casi in cui gli esiti sono diversi scatta l’immediata colpevolizzazione del medico”.

“Così – chiosa Anelli – le difficoltà evidenti del Servizio sanitario e le aspettative eccessive verso la medicina fanno da incubatore allo stato di frustrazione dei cittadini che, oltre a essere il terreno di coltura delle inaccettabili aggressioni, per molti medici ha reso ostili i luoghi del proprio lavoro”.

Il rapporto incrocia i dati provenienti da fonti istituzionali quali Istat e Ministero della Salute con quelli provenienti da due indagini condotte in parallelo: la prima su un campione nazionale rappresentativo di mille cittadini maggiorenni, la seconda su un panel di cinquecento medici.

Le risposte speculari di pazienti e medici confermano quello che la FNOMCeO aveva scelto come slogan per una delle tante campagne di comunicazione ed educazione contro la violenza: medici e pazienti rappresentano le due facce di uno stesso disagio.

“Dalle esperienze convergenti di pazienti e medici – conclude Anelli – emerge che per sradicare la violenza sugli operatori sanitari, oltre al pugno di ferro sui responsabili di atti violenti, occorre un massiccio rilancio del Servizio sanitario che allenti la pressione che nel quotidiano la domanda sanitaria dei cittadini esercita su strutture e servizi e che è la prima causa della difficile condizione lavorativa di medici, infermieri e altro personale sanitario. Del resto, come mostrato nelle prime due edizioni del Rapporto, investire in sanità significa anche promuovere lo sviluppo dell’economia italiana, visto che ogni euro di spesa sanitaria pubblica ne genera quasi due di valore nella produzione dei vari settori economici attivati. Inoltre, il rilancio del Servizio sanitario è oggi l’obiettivo più desiderato e condiviso dagli italiani, che confermano l’alta fiducia nei medici e l’amore per la nostra sanità”.

 

I numeri dell’inaccettabile violenza.

Sono stati 18.213, nel 2023, gli operatori sanitari coinvolti in aggressioni: il 26% sono state aggressioni fisiche, circa il 68% verbali e il 6% contro la proprietà. Tra gli operatori sanitari coinvolti, il 64% è di genere maschile e il 36% femminile. Il 60% delle aggressioni ha riguardato infermieri, il 15% medici chirurghi, il 12% operatori sociosanitari e il 3% altri come personale non sanitario. Le aggressioni sono state perpetrate nel 69% dei casi da pazienti, nel 28% da parenti, caregiver e nel 3% da una persona non legata a pazienti. Il 78% delle aggressioni ha avuto luogo in ospedali e il 22% nella sanità del territorio.

Non sentirsi rispettati: dove nasce la frustrazione dei cittadini in sanità.

L’87,3% degli italiani quando sta male vorrebbe tempo per dialogare con il medico, informazioni per capire la diagnosi, le terapie, la prognosi. Nell’esperienza concreta però al 48,4% il medico ha potuto concedere troppo poco tempo, al 47,8% non hanno dato le informazioni di cui aveva bisogno. Il 52,2% ha vissuto, per sé o per un parente, un’esperienza negativa nel Pronto soccorso, con lunghissime attese e carenza di informazioni. In sintesi: al 35,1% dei cittadini è capitato di non sentirsi rispettato nel rapporto con la sanità. Poi, il 66,4% dei cittadini ha verificato la forte carenza di medici e infermieri nelle strutture sanitarie e il 72,3% un peggioramento nel Servizio sanitario nel tempo. Il 90,4% degli italiani apprezzerebbe nei Pronto Soccorso e negli ospedali mediatori, persone di riferimento competenti che informano, si relazionano con pazienti e familiari. Ecco i risultati di un’indagine su un campione nazionale rappresentativo di 1.000 italiani maggiorenni.

 

Senza investimenti, in primis sul personale, tutto peggiorerà.

Il 66% dei medici, di fronte alle richieste di attenzioni di pazienti e familiari, non ha mai abbastanza tempo per dialogare o dare informazioni e spiegazioni. Del resto, il 66% lavora in strutture o servizi con forti carenze di personale e il 51,8% deve ricorrere a attrezzature obsolete o non perfettamente funzionanti. Non sorprende che per il 90,4% dei medici per rilanciare il Servizio sanitario non basteranno ritocchi, per quanto apprezzabili, come nel caso dell’aumento di spesa sanitaria pubblica. Ritengono ineludibili investimenti massici, prolungati, dando priorità alle condizioni del personale. Ecco i risultati di un’indagine realizzata su 500 medici.

 

La crescente paura dei medici sul posto di lavoro.

Il 41,2% dei medici non si sente più sicuro nello svolgere il suo lavoro a causa delle violenze, il 18% ha paura di lavorare di notte, l’11,8% ha paura di recarsi nel suo luogo di lavoro. Per il 91,2% dei medici è sempre più difficile e stressante lavorare nel Servizio sanitario. Inoltre, il 74,6% dei medici sente di lavorare troppo e si sente psicologicamente a rischio burn-out, (il 78,4% tra chi lavora negli ospedali).

Dalla conflittualità alla violenza: le difficoltà con i pazienti vissute dai medici.

Il ridimensionamento almeno ventennale del Servizio sanitario fa da contesto alla deriva conflittuale, a volte violenta, del rapporto medico-paziente. Infatti, il 25,4% dei medici ha subito minacce da pazienti o dai loro familiari (il 34,1% dei medici che lavorano tra ospedali e ambulatori), il 16,4% ha subito denunce da familiari o pazienti, il 5,8% è stato perseguitato da hater sui social per ragioni legate al suo lavoro, il 3,8% ha subito qualche forma di violenza fisica. Ormai il 42,8% dei medici ha paura delle reazioni di pazienti o familiari alle sue decisioni. Il 70,2% si sente stressato proprio dalle difficoltà nel rapporto con pazienti e familiari.

Il sentiment dei medici: sentirsi capro espiatorio di una situazione in cui si è vittime.

Il 71,8% dei medici si sente il capro espiatorio delle carenze del Servizio sanitario. Da eroi a colpevoli di quel che non funziona: ecco la traiettoria psicologica ingiusta e insopportabile vissuta da tanti medici in questo quadriennio. Del resto, il 51% sente di essere esposto in totale solitudine di fronte a aggressività o controversie con i pazienti o familiari.

Io me ne andrei: l’irresistibile tentazione di fuga dal Servizio sanitario

Il 51,4% dei medici dichiara esplicitamente di avere la tentazione di andare a lavorare in un altro paese. È il 53% tra medici ospedalieri e oltre il 68% tra coloro che lavorano in ospedale e in ambulatorio. Inoltre, il 32,6% vorrebbe cambiare posto di lavoro, ed è oltre il 38% tra chi lavora solo negli ospedali. D’altro canto, l’84,8% dei medici (l’89,5% tra i medici ospedalieri) ritiene di non guadagnare abbastanza per quel che fa.

Il prolungato ridimensionamento del Servizio sanitario

Il numero di Pronto Soccorso era pari a 659 nel 2003 e sono 433 nel 2023: -226 punti di Pronto Soccorso in 20 anni. Il totale degli accessi è sceso da 22,7 milioni del 2003 a 18,4 milioni nel 2023. Il numero medio di accessi per Pronto Soccorso da 34.463 del 2003 a 42.386 del 2023: +7.923 unità annue pari a +23%. Tra 2003 e 2023 poi sono diminuite le strutture di ricovero da 1.281 a 996 nel 2023 (-285 unità); nello stesso periodo i posti letto nelle degenze ordinarie delle strutture di ricovero sono stati tagliati di -59 mila unità, cioè da 233.576 a 174.663 nel 2023. I posti letto per struttura (indicatore puramente statistico, teorico) sono scesi da 182,3 del 2003 a 175,4 del 2023. I Medici di Medicina Generale sono 37.983: -9 mila rispetto a 20 anni fa. Per 10 mila abitanti erano 8,2 nel 2003 e sono 6,4 nel 2023. Quelli con più di 1.500 assistiti erano meno del 16% nel 2003, sono il 51,7% nel 2023.

Un riferimento solido: il Medico di medicina generale

In un contesto di crisi conclamata del Servizio sanitario e in un momento di incrinatura nel rapporto medico-paziente, c’è un baluardo che tiene: il medico di medicina generale.

Per l’88,9% dei cittadini è importante perché lo aiuta a trovare soluzioni adatte alle sue esigenze (ad esempio percorsi diagnostici, terapeutici, di cura). Lo pensa in particolare l’88,2% dei residenti al Nord Ovest, il 91,5% al Nord Est, l’85,4% al Centro e il 90% al Sud e Isole.

Inoltre, per il 76% è essenziale avere il medico vicino casa. Opinione condivisa dal 75,6% dei residenti al Nord Ovest, dal 77,3% al Nord Est, dal 76,5% al Centro e dal 75,3% al Sud e Isole.

Ed è comunque il 71,8% che non rinuncerebbe mai al proprio medico di fiducia, opinione nettamente prevalente in modo trasversale ai gruppi sociali e ai territori.

Soluzioni condivise

Il rapporto con il Servizio sanitario degli italiani è fatto di uno straordinario amore per l’istituzione e di una insofferenza, molto diversificata tra i territori, per il concreto funzionamento. Tuttavia, il sentiment collettivo è di voglia di rilancio e che, nel concreto, ci sarebbero soluzioni che potrebbero intanto alleviare alcune delle situazioni più difficili e meno accettabili.

Così, ad esempio, come già detto, il 90,4% degli italiani apprezzerebbe nei Pronto Soccorso e negli ospedali la presenza di persone di riferimento, competenti con il compito di relazionarsi direttamente con i familiari e/o i pazienti per informarli. Uscire dall’indeterminatezza che magari si protrae per ore all’interno dei luoghi dell’emergenza è, in questa fase per gli italiani un obiettivo con un valore in sé. Una parte della tensione che si accumula nei luoghi più esposti della sanità, appunto il Pronto Soccorso, potrebbe così essere gestita, allentando la pressione sui medici e infermieri e, anche, depotenziando una frustrazione da mancata informazione che notoriamente è facile all’esplosione.

D’altro canto, l’86,8% degli italiani ritiene che nell’investire sul rilancio del Servizio sanitario un’attenzione particolare deve essere data a tutela e potenziamento dell’umanità, intesa come maggiore attenzione al malato come persona, più ascolto nel rapporto medico-paziente. Empatia, relazionalità, dialogo sono aspetti cruciali di una buona sanità che, per gli italiani, vanno valorizzati e potenziati come dimensioni specifiche importanti quanto l’efficienza e l’innovazione delle tecnologie.

Non sorprende quindi che ben il 72,4% degli italiani si dichiara convinto che algoritmi e IA non potranno mai e poi mai sostituire il rapporto umano diretto col medico.

Ogni suggestione ipertecnologica, di pura sostituzione del fattore umano con quello freddo, artificiale, asettico della tecnologia semplicemente non coglie un lato decisivo del rapporto degli italiani con la sanità.

Secondo i medici: l’urgenza di un impegno di rilancio di lungo periodo

Chi opera nella sanità ha la netta sensazione che, se non si procederà ad un cambio radicale di rotta, dall’entità dei finanziamenti all’investimento sulle professionalità, si arriverà ad una crisi ancor più profonda e radicale.

Infatti, è il 90,4% a condividere l’idea che ormai ci vuole molto più che, pur apprezzabili, ritocchi, come nel caso della spesa sanitaria pubblica. Ci vuole un impegno di lunga durata, una intenzionalità condivisa con forza addirittura superiore a quella che di fatto si è costituita nel ventennio trascorso e che ha portato all’attuale fragilizzazione del Servizio sanitario.

Il 73% dei medici di medicina generale ritiene che il rapporto di dipendenza nel Servizio sanitario per la medicina generale non sia una soluzione, e che sarebbe opportuno proseguire con il regime attuale.

Ufficio Stampa FNOMCeO
informazione@fnomceo.it
12 marzo 2025

Autore: Ufficio Stampa FNOMCeO

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