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Composizione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie

Cassazione Civile Ordinanza interlocutoria n. 596/15 – Composizione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie – Eccezione di illegittimità costituzionale – Non manifesta infondatezza. La Corte di Cassazione Seconda Sezione Civile ha sollevato questione di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 108, secondo comma, 111 e 117, primo comma, Cost. (quest’ultimo in riferimento all’art. 6, par. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), in quanto lesivo dei principi di imparzialità e indipendenza necessari per l’esercizio della giurisdizione, dell’art. 17 del d.lgs. C.p.S 13 settembre 1946, n. 233, nella parte in cui prevede che due componenti della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie – organo avente natura giurisdizionale – siano nominati su designazione discrezionale governativa e, nelle more della nuova attività, restino incardinati nelle pregresse funzioni istituzionali amministrative.

FATTO: Il Consiglio dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri  della Provincia di Milano nella seduta del 26 ottobre 2009 ha deliberato di non accogliere la richiesta del dott. G.S., cittadino siriano, di iscrizione all’albo degli odontoiatri. Il Consiglio dell’Ordine ha osservato che lo Scambio di note tra Italia e Repubblica Araba Unita per regolare l’esercizio della professione medica in Italia e in Siria non può essere esteso ai titoli conseguiti in un Paese terzo e successivamente dichiarati equipollenti in Siria, in quanto il riconoscimento automatico del titolo esercita i suoi effetti esclusivamente tra le parti contraenti. La Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie ha respinto il ricorso del Dott. S. Per la cassazione della decisione della Commissione centrale il Dott. S. ha proposto ricorso. In particolare nel ricorso si denuncia, con riferimento alla composizione del collegio giudicante, la nullità della sentenza per violazione dei canoni del giusto processo per la mancanza di un giudice terzo, autonomo e indipendente in relazione agli artt. 6 e 13 della convenzione europea dei diritti dell’uomo.

DIRITTO: Questa Corte ha più volte esaminato eccezioni di legittimità costituzionali aventi ad oggetto l’art. 17  del D.Lgs. C.P.S. n. 233 del 1946 (e la connessa normativa regolamentare contenuta nel D.P.R. n. 221 del 1950) per dedotta violazione dei principi di terzietà ed indipendenza degli organi giurisdizionali conseguente alla attribuzione della facoltà di nomina e revoca dei membri della Commissione stessa al potere esecutivo, e li ha sempre dichiarati manifestamente infondati. Il Collegio intende rimeditare tale orientamento. Occorre rilevare che lo stesso Ministero della Salute designa due componenti la Commissione (uno tra i dirigenti amministrativi del Ministero, l’altro tra gli ispettori generali (oggi tra i dirigenti di seconda fascia, medici, veterinari o farmacisti). Siffatta designazione, ad avviso di questo giudice a quo, non assicura la terzietà e l’indipendenza dei predetti componenti. I dirigenti ministeriali nominati componenti della Commissione centrale, anche durante lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali, continuano a rimanere incardinati e ad espletare le funzioni istituzionali presso il Ministero della Salute, parte del processo, e quindi rimangono soggetti a tutti i condizionamenti dovuti alla loro posizione di dipendenza dell’amministrazione stessa, che ne garantisce lo stato giuridico ed economico. Infine, la terzietà dei membri della Commissione centrale designati dal Ministero della Salute appare compromessa anche dalla disposizione del quinto comma del citato art. 17 che prevede, al termine del quadriennio, la possibilità di riconferma dell’incarico, secondo il discrezionale apprezzamento del Ministero stesso, posto che la sola prospettiva del reincarico esclude l’indipendenza di costoro dall’amministrazione designate (cfr. Corte cost., sentenza n. 25 del 1976). Come ha ricordato la Corte costituzionale, il principio di terzietà e di indipendenza del giudice "concerne non solo l’ordine giudiziario nel suo complesso … ma anche i singoli organi, ordinari … o speciali …, al fine di assicurare che l’attività giurisdizionale, nelle sue varie articolazioni, come la sua intrinseca essenza esige, sia esercitata senza inammissibili influenze esterne" (sentenza n. 284 del 1986). Tale principio è "applicabile ad ogni giudice", anche delle giurisdizioni speciali, "ed in qualsiasi processo" (sentenza n. 353 del 2002), quindi anche in quello in esame, dovendo essere comunque "osservata la regola che il giudice rimanga sempre super partes ed estraneo rispetto agli interessi oggetto del processo" (sentenza n. 193 del 2014, cit.). In particolare, "per qualsiasi dipendente in servizio presso una amministrazione pubblica, che sia parte in senso sostanziale … o che gestisca o concorra a gestire un determinato settore di attività amministrativa, si esigono particolari e puntuali garanzie … di indipendenza e terzietà, anche attraverso una nuova e speciale posizione di stato giuridico … quando il medesimo sia chiamato a funzioni giurisdizionali nella stessa materia comunque affidata all’amministrazione di provenienza o di codipendenza" (sentenza n. 353 del 2002, cit.). Ad avviso di questo Collegio, la norma censurata – non fornendo adeguate garanzie quanto ai meccanismi di selezione e alla presenza di regole di autonomia dei componenti della Commissione centrale designati dal Ministero della salute – non sembra superare nemmeno il test di conformità con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva con la legge di autorizzazione alla ratifica 4 agosto 1955, n. 848, la quale vuole che sia assicurato il diritto di ogni persona ad un processo equo davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge: di qui il dubbio del contrasto anche con l’art. 117 Cost. , comma 1, in riferimento all’art. 6, par. 1, della Convenzione. . La Corte pertanto afferma che il dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 17 del D.Lgs. C.P.S. n. 233 del 1946 è rilevante ai fini della definizione di questo giudizio. La Seconda Sezione Civile ha sollevato questione di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 108, secondo comma, 111 e 117, primo comma, Cost. (quest’ultimo in riferimento all’art. 6, par. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), in quanto lesivo dei principi di imparzialità e indipendenza necessari per l’esercizio della giurisdizione, dell’art. 17 del d.lgs. C.p.S 13 settembre 1946, n. 233, nella parte in cui prevede che due componenti della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie – organo avente natura giurisdizionale – siano nominati su designazione discrezionale governativa e, nelle more della nuova attività, restino incardinati nelle pregresse funzioni istituzionali amministrative).

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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