Corte di Cassazione Penale: responsabilità medica

CORTE DI CASSAZIONE PENALE – Responsabilità medica: morte del paziente a causa dell’esistenza di un aneurisma cerebrale, non risponde il medico che abbia adottato prescrizioni terapeutiche attendiste. La Corte di Cassazione ha ripetutamente chiarito che anche nell’ambito della causalità omissiva vale la regola di giudizio della ragionevole, umana certezza; e che tale apprezzamento va compiuto tenendo conto da un lato delle informazioni di carattere generalizzante afferenti al coefficiente probabilistico che assiste il carattere salvifico delle misure doverose appropriate, e dall’altro delle contingenze del caso concreto (sentenza nr. 49707/14).  

FATTO:  Confermando la prima sentenza, la Corte d’appello di Milano ha affermato la responsabilità dell’imputata in epigrafe in ordine al reato di omicidio colposo in danno di F.A.; e la ha altresì condannata al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili. Il fatto ritenuto dei giudici di merito è il seguente. La vittima giunse al reparto di neurologia della clinica privata Santa Rita di Milano essendo affetta da un grave aneurisma cerebrale. L’imputata, sanitario in servizio presso il nosocomio, non provvide a tutti i pertinenti approfondimenti diagnostici, non diede ricorso alle cure appropriate, non prese in esame la necessità di atto chirurgico, non valutò neppure la necessità di ricovero presso nosocomio attrezzato per il trattamento del caso. In esito a tale condotte sopravveniva la morte; dopo che la paziente era stata ricoverata in altro nosocomio. Di qui l’affermazione di responsabilità. Ricorrono per cassazione l’imputata ed il responsabile civile Istituto clinico Città studio. La sentenza impugnata considera che l’imputata ha commesso un grave errore diagnostico, non essendosi immediatamente avveduta dell’esistenza di aneurisma cranico, nonostante il risultato della TAC che ne dava quantomeno un sospetto,insieme a plurime manifestazioni come perdita di coscienza, stato confusionale, problemi neurologici, vomito. Tutto ciò avrebbe dovuto indurre ad ipotizzare come diagnosi differenziale l’origine della emorragia in un aneurisma.

DIRITTO: La Corte di Cassazione ha ripetutamente chiarito che anche nell’ambito della causalità omissiva vale la regola di giudizio della ragionevole, umana certezza; e che tale apprezzamento va compiuto tenendo conto da un lato delle informazioni di carattere generalizzante afferenti al coefficiente probabilistico che assiste il carattere salvifico delle misure doverose appropriate, e dall’altro delle contingenze del caso concreto. Nella fattispecie in esame tale apprezzamento non è stato correttamente compiuto. Le informazioni statiche prospettate dalla Corte di merito descrivono una situazione nella quale non emerge per nulla l’umana razionale certezza dell’effetto salvifico; ma anzi traspare che si è in presenza di una affezione gravissima, difficilmente governabile, nella quale il risanguinamento costituisce una eventualità per nulla rara ed altamente drammatica. E’ soprattutto emerso che sia in caso di risanguinamento sia nell’eventualità che tale contingenza non si verifichi, le probabilità di salvezza sono limitate. Anche un intervento tempestivo ed appropriato al massimo non assicura il superamento della crisi. In tale situazione, in fatto nitidamente esposta dalla Corte d’appello, manca la possibilità di ritenere che con razionale, umana certezza l’evento sarebbe stato evitato da un atteggiamento terapeutico diverso. Manca in breve la prova del nesso causale; e non essendo controverse le contingenze fattuali che fondano tale giudizio, la sentenza va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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