Flavia Franconi: storia e prospettive nella Farmacologia di genere

Flavia Franconi, professore ordinario di Farmacologia Cellulare e Molecolare presso la Facoltà di Farmacia di Sassari, da anni si occupa di Farmacologia di Genere e ne coordina il Dottorato di ricerca in Farmacologia di genere. Coordina il gruppo di studio specifico della Società Italiana di Farmacologia, è vicepresidente della Società italiana per la Salute e la Medicina di Genere e presidente del Gruppo Italiano Salute e Genere. Ha recentemente pubblicato due volumi sul tema (La salute della donna, un approccio di genere, Franco Angeli Editore; Farmacologia di genere, Edizioni Seed) ed è stata tra le relatrici del recente convegno di Roma: con lei abbiamo percorso le tappe recenti della farmacologia.

Professoressa Franconi, può raccontarci la nascita della farmacologia di genere?
La prima segnalazione sulle differenze di genere risale al 1932,quando si evidenziò che nelle femmine di ratto la dose di barbiturici ipno-inducente era del 50% inferiore rispetto a quella dei ratti maschi. Fu una segnalazione che venne lasciata cadere. Per molto tempo si continuò a sostenere che non vi fossero differenze importanti nel metabolismo dei farmaci legate al sesso; e che le risposte ai farmaci riscontrate come differenze sesso-dipendenti fossero tali da non richiedere aggiustamenti terapeutici. Fino ai primi anni 90 le donne erano escluse dagli studi clinici, e pertanto non vi erano conoscenze di farmacocinetica, e farmacodinamica, di efficacia e sicurezza.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha preso atto delle differenze di genere nel 1998 e già dal 2002 ha chiesto che l’integrazione delle considerazioni di genere nelle politiche sanitarie diventi pratica standard in tutti i suoi programmi.
La farmacologia di genere non si limita ad evidenziare le differenti risposte fra maschi e femmine, considerare infatti le variazioni fisiologiche della donna che avvengono in funzione della ciclicità della vita riproduttiva e dell’eventuale assunzione di preparati ormonali. Le differenze di genere iniziano in utero e abbiamo visto come nelle culture cellulari siano necessari oltre dieci passaggi per rendere alcune cellule, come i globuli rossi, privi delle caratteristiche di genere.

Lei è stata l’unica italiana invitata a partecipare, nel 2010 a Parigi, al meeting “Gender, Science e technology”, indetto dall’ONU e dall’Unesco, incentrato sulla tematica delle discriminazioni sessuali in campo medico: quali dati ha presentato?
La discriminazione inizia già in fase preclinica dei test, cioè quando si sperimenta la molecola sulle cavie, quasi sempre di sesso maschile. Anche nella fase clinica vige la regola dell’uomo come cavia “pura”, rispetto alla più complessa strutturalità della donna. Le variazioni legate al il ciclo mestruale e alla gravidanza o all’eventuale introduzioni di ormoni introducono molte variabili da considerare negli esperimenti.
Questa pratica diffusa ci porta ad avere nelle donne quasi il doppio di eventi avversi da farmaci rispetto ai maschi, e spesso si tratta di gravi eventi avversi. Inoltre anche quando usate, le cavie femmine sono prese troppo giovani, quando cioè non hanno mai avuto una gravidanza.
Nella vita i farmaci, mediamente, sono prescritti soprattutto a donne adulte che hanno già avuto figli e la ”tempesta ormonale’ che si verifica in seguito a una gravidanza modifica molto l’organismo femminile e la sua risposta ai farmaci.
Nelle sperimentazioni cliniche oggi vi è stato un parziale miglioramento: tra i volontari arruolati in fase I e II solo il 30% è donna; e nell’ultima fase sperimentale, fase III, siamo giunti oggi quasi a un pareggio uomo/donna tra i volontari, tranne che per alcuni farmaci come i cardiovascolari.
I farmaci oggi in commercio per varie indicazioni non sono testati studiando eventuali interazioni con l’anticoncezionale (il 30% delle donne fertili usa la pillola):che influiscono sul metabolismo di altre medicine. La più dimenticata resta la donna anziana che in genere assume politerapie e non si pensa che le eventuali terapie ormonali assunte possono interferire con altri farmaci.

Nel 2010 sono usciti due suoi importanti volumi. Uno dei quali, "La salute della donna, un approccio di genere", edito in collaborazione con O.N.Da. e Farmindustria. Quali temi affronta?
Principalmente il rapporto e le difficoltà del genere femminile nel mondo del lavoro perché le donne gestiscono in modo diverso dagli uomini l’asse dello stress (ipotalamo-ipofisi-surrene) e reagiscono diversamente agli stressor di qualsiasi natura essi siano: fisici, chimici e psichici. Occorre comprendere la patogenesi e lo sviluppo della malattie, la sicurezza e l’efficacia della terapia per poter arrivare a una cura personalizzata, secondo il noto slogan: il farmaco giusto al paziente giusto nella dose giusta

Quali argomenti affronta, invece, il secondo volume, "Farmacologia di genere"?
Ho scritto il libro insieme a Simona Montilla e Stefano Vella (leggi qui un’intervista sul libro) per favorire una diffusione capillare di tante conoscenze ormai certe. Le donne vivono più a lungo degli uomini, si ammalano di più, usano di più i servizi sanitari e hanno un maggior numero di anni in cattiva salute. dai dati istat del 2007 si evidenzia come la disabilità femminile sia circa doppia in confronto a quella maschile.
Gli uomini e le donne , pur essendo soggetti alle medesime patologie presentano sintomi, progressione di malattie e risposta ai trattamenti molto diverse tra loro.
Il corpo maschile metabolizza i farmaci in modo diverso da quello femminile e si suppone che in alcuni casi il farmaco abbia addirittura un meccanismo d’azione diverso nei due sessi.
Importanti sono le variazioni fisiologiche che avvengono nella donna in funzione della ciclicità della vita riproduttiva dell’età e dell’uso di associazioni estroprogestiniche: le donne consumano più farmaci e li associano frequentemente. E differenze farmacocinetiche sono legate alla dimensione corporea e alle differenze della composizione corporea. La dimensione corporea è un parametro essenziale così come la quantità di tessuto adiposo mediamente superiore del 25% rispetto a quello maschile. Il tessuto adiposo varia anche in funzione dell’età: in età fertile è pari a circa il 33% del peso corporeo e aumenta fino al 48% dopo la menopausa, mentre negli uomini il valore passa dal 18 al 36% Vorrei soffermarmi su alcune delle tante differenze che speso si ignorano:
Il metabolismo ossidativo raggiunge il massimo durante la fase ovulatoria nella gravidanza e nell’allattamento. L’attività del CYP 3A4 che metabolizza il 50-60 dei farmaci è maggiore nel sesso femminile , più espressa in età giovanile, modulata da estrogeni e dai progestinici.
Il succo gastrico della donna ha una minore acidità (il ph gastrico varia in funzione degli ormoni e varia nel corso del ciclo mensile e in gravidanza). I processi di filtrazione glomerulare sono influenzati dal peso ma , anche dopo la sua correzione, la velocità di filtrazione è minore del 10% nelle donne rispetto agli uomini.

Ci saranno a breve altri occasioni di approfondimento dopo il IV Seminario Nazionale "Farmaci e Donne" appena tenuto a Roma?
Si terrà a Sassari dal 19 al 22 Settembre 2011 la Summer School 2011 on "Gender Medicine". Vorrei che da questo incontro si creasse in Federazione una partecipazione tale da consentire l’assunzione di queste temi come caratterizzanti almeno per alcune realtà ordinistiche.

Autore: Redazione FNOMCeO

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