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Legalità e trasparenza: i medici si muovono

Il mondo medico può permettersi di osservare con distacco le problematiche della legalità? Può essere un soggetto che non interpreta e non incide sui valori di giustizia di una società che guarda al proprio futuro e alle nuove generazioni, tentando di essere adulta e pienamente responsabile? La risposta è un “no” che con forza è stato pronunciato da tutti i relatori del convegno "La professione medica a tutela della legalità. Gli Ordini, la Magistratura, la Politica. Sua maestà la Trasparenza", che nel pomeriggio dell’8 luglio ha visto oltre trecento partecipanti affollare la magnifica aula magna della Società di storia patria, situata a Palermo, nel piano nobile del magnifico convento di S.Domenico.

Il capoluogo siciliano, città dai ruvidi contrasti e dalle purissime testimonianze artistiche, esercita sempre un fascino particolare su tutti coloro che amano gli intrecci tra culture millenarie e tra le variegate radici del sapere. E proprio i differenti approcci – professionale, giurisprudenziale, etico, politico, penale – sono stati il segreto di un convegno che è riuscito a mettere la figura del medico a confronto con le possibili deviazioni e responsabilità penali del suo percorso etico e deontologico. Un convegno che, esplicitamente, ha anche toccato il tema della responsabilità ordinistica in merito a procedimenti e sanzioni dei suoi iscritti, argomento che spesso viene utilizzato per chiedere a gran voce (una voce che a volte pare rispondere ad interessi non propriamente… trasparenti) l’abolizione dell’Ordine stesso. Cosciente delle mille sfumature in gioco nel rapporto tra medico e legalità, Amedeo Bianco, presidente della FNOM, ha argomentato per primo, ricordando che la Federazione non fugge dalle sue responsabilità e richiamando la necessità di armonizzare tre tematiche fondamentali nel corretto bilanciamento del rapporto tra realtà ordinistiche e magistrati sul tema delicato delle sanzioni disciplinari: “la struttura del procedimento disciplinare verso il medico, che è senza dubbio da modernizzare; rendiamo evidente che non ci muoviamo lentamente, ma siamo consoni ai tempi della magistratura; il rapporto tra magistratura e ordini, che a volte non è sereno e ben funzionante”. Su quest’ultimo punto ha convenuto il procuratore capo della procura di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, che ha ammesso che “non c’è un gran rapporto tra magistratura e medici, soprattutto per colpa dei magistrati. Motivo per cui questi ultimi sono visti spesso come nemici dai medici, colpevoli di quella gogna mediatica che purtroppo affligge molta della quotidianità del nostro Paese”. Ma Pignatone, dopo aver richiamato la speranza di una convergenza tra le due professioni e di una rinnovata stima, ha anche ricordato i molteplici terreni su cui i medici si trovano ad aver a che fare con episodi di criminalità organizzata, “soprattutto quando ci sono di mezzo eventi elettorali e gestioni di medi e grandi budget assistenziali”.

Così, quando i medici entrano in correlazione o in appartenenza malavitosa, ha sottolineato Giovanni Fiandaca, ordinario di diritto penale all’università di Palermo, violano proprio il codice di deontologia medica, perché svolgono attività censurabili, contravvenendo alla necessità di autonomia e di non-subalternità che sono prerogative dell’ars medica eticamente irreprensibile. Proprio parlando di deontologia e di sua valenza contemporanea, è intervenuto Aldo Pagni, che, chiedendosi se il codice abbia valore giuridico, ha domandato ai giuristi presenti la possibilità e l’opportunità di un adeguamento istituzionale alle norme che si sono date i medici italiani, in quanto espressione della nuova realtà medica che professionalmente garantisce la salute dei cittadini italiani.

Ma, dopo gli interventi di Iadecola e Sanseverino, capaci di analizzare le sfumature esistenti tra responsabilità, sanzione, radiazione e condanna, la parola è passata alla politica. In primis con l’intervento passionale di Massimo Russo, assessore siciliano alla salute, che ha ricordato come nella sua Regione la scelta di affidare la sanità ad un magistrato sia “stata proprio una risposta a tutti coloro che consideravano inevitabile il connubio tra gestione degli enormi bilanci della sanità regionale e infiltrazioni malavitose”. Russo, che ha orgogliosamente ricordato come nella Regione Sicilia sia in atto un profondo rinnovamento del sistema-sanità che sta portando la regione fuori dalle secche dei buchi neri di bilancio, “con un piano sanitario che è stato considerato tra i virtuosi del nostro Paese”, ha ceduto il microfono a Salvatore Iacolino, parlamentare europeo del PPE, vicepresidente della commissione Giustizia del Parlamento Europeo, tra i firmatari del primo rapporto sulla criminalità organizzata in Europa. Iacolino ha condiviso con la platea la considerazione che probabilmente il vecchio continente è indietro sia nella sua legislazione sulla mafia, che nella conoscenza stessa del fenomeno; motivo per cui l’Italia, con le sue Istituzioni e i suoi soggetti responsabili – l’Ordine dei medici tra gli altri – potrebbe “fornire un patrimonio documentale e culturale utile a tutti i Paesi dell’Ue, oltre che alle stesse istituzioni europee”.

E’ stato quindi Giuseppe Lumia a portare il convegno sui binari delle proposte. “Continuo a credere che siamo pronti – e uso il plurale perché vorrei comprendervi il mondo professionale medico, il mondo della giurisprudenza e quello della politica – per un passo avanti che renda gli Ordini capaci di superare l’attesa delle decisioni della magistratura, per poter esprimere in proprio proprie sanzioni anche in mancanza di un giudizio penale definitivo”. Sarebbe un salto di qualità sostanziale: di fronte a “prove provate” e indiscutibili di atti contrastanti con l’etica medica, gli Ordini potrebbero motu proprio prendere decisioni sanzionatorie (come, aveva ricordato Bianco, già in passato è accaduto a Torino).

Su questa proposta sono giunte le conclusioni del convegno, ad opera di Salvatore Amato – mentre il moderatore, Orfeo Notaristefano, ricordava ai presenti di non compiere l’errore che un convegno su medicina e legalità “sia concepito come riguardante solo Palermo o Napoli, mentre tutte le più recenti indagini confermano che è invece il Nord, Milano in particolare, il nuovo terreno di investimento della malavita organizzata – che ha accolto con attenzione l’ipotesi-Lumia e l’ha inserita all’interno di “un dialogo con la facoltà di legge dell’università di Palermo, per comprendere quali possono essere i limiti e le possibilità offerte dalle basi giurisprudenziali italiane per lo sviluppo di azioni ordinistiche autonome verso medici il cui comportamento travalica i limiti della legalità e dell’etica. Il tutto nell’ottica di un’autentica trasparenza”. Il sipario si è chiuso con una frase precisa di Amato: “Non abbiamo paura di muoverci. Anzi: vogliamo far sapere che siamo in movimento”. Parole dette ai presenti, ma soprattutto rivolte a tutto il mondo medico e delle istituzioni. Non frasi facili, bensì espressione di un sentire che sta diventando il fattor comune di tutta la professione medica. 

Autore: Redazione FNOMCeO

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