Medico capo equipe chirurgica

CORTE DI CASSAZIONE PENALE – Addebito per colpa per violazione della regola prudenziale di informare e
rendere edotti i sanitari subentranti a fine turno della situazione del
paziente. La responsabilità del medico è da ricondurre alla posizione
di garanzia derivante dall’essere egli il primo esecutore
dell’intervento, capo dell’equipe chirurgica, posizione che non é
limitata all’ambito strettamente operatorio, ma estesa al contesto post
operatorio. (Sentenza n. 51730/14)

FATTO: Con sentenza del 23/4/2013 la Corte d’Appello di Torino, rideterminando la pena inflitta, confermava nel resto la sentenza del giudice di primo grado che aveva dichiarato T.P. e S.M. responsabili del reato di lesioni colpose perché, secondo l’imputazione, nelle rispettive qualità di medico chirurgo esecutore dell’intervento chirurgico di plastica addominale sul paziente I.B. e di infermiera professionale preposta all’assistenza postoperatoria del medesimo paziente, per colpa cagionavano al predetto l’aggravamento della complicanza emorragica insorta – senza colpa – a seguito del predetto intervento chirurgico, facendo insorgere shock emorragico e concreto pericolo per la vita del paziente. Al medico, il quale operava in regime di libera professione quale primo operatore di una equipe medica esterna presso la casa di cura —- s.r.l., struttura medica complessa dotata di uno stabile presidio medico e infermieristico convenzionata con il SSN, si rimproverava che, dopo l’esecuzione dell’intervento e dopo aver personalmente constatato che il paziente lamentava forti dolori, pur se aspecifici, ancorché fosse nota la possibile insorgenza di complicanza emorragica in conseguenza del tipo d’intervento (in presenza, tra l’altro, di condizioni soggettive – cardiopatia con pregresso infarto del miocardio – annotate nel referto di visita cardiologica inserito in cartella clinica, che lo esponevano a rischio di gravi conseguenze in caso di emorragia) di aver omesso di impartire adeguate istruzioni al personale di assistenza, nonché di assicurarsi che fosse disposta adeguata vigilanza postoperatoria sul paziente nel corso della notte e, inoltre, a fronte dell’insorgenza di ulteriori sintomi tali da indurre il sospetto di insorgenza della complicanza, dopo aver visitato il paziente, di aver lasciato la clinica comunicando che sarebbe tornato l’indomani. In seguito il dott. T., avvisato dal collega che aveva visitato il paziente, non formulava alcun sospetto di complicanza e non allertava il personale medico e paramedico del possibile pericolo. Cosicché il paziente, per il progressivo aggravarsi delle sue condizioni veniva ricoverato alle 13.15 nel reparto di terapia intensiva in stato di shock con importante ipotensione ed era sottoposto a nuovo intervento di revisione chirurgica, cui seguiva l’arresto dell’emorragia.

DIRITTO: La Corte d’Appello di Torino respingeva gli assunti difensivi del medico, fondati sul rilievo che nella qualità di esterno egli aveva fatto affidamento sul controllo che la clinica doveva garantire rispetto a rischi emorragici del decorso operatorio normali e prevedibili. I giudici del merito, di primo e secondo grado, rilevavano che la responsabilità del T. era da ricondurre alla posizione di garanzia derivante dall’essere egli il primo esecutore dell’intervento, capo dell’equipe chirurgica, posizione che non era limitata all’ambito strettamente operatorio, ma estesa al contesto post operatorio, alle esposte considerazioni aggiungendosi che il T. all’atto della contro visita pomeridiana aveva constatato che il paziente lamentava forti dolori, elemento che avrebbe dovuto porre in allarme rispetto alla complicanza emorragica. A tale ultimo proposito correttamente la Corte evidenzia una situazione meritevole di attento controllo, pur se ancora non evoluta in un quadro emorragico conclamato, in ogni caso rilevante in una prospettiva di doverosa comunicazione al personale subentrante, e ciò ancor più ove si consideri la inidoneità della struttura ospedaliera ad assicurare assistenza e vigilanza adeguate nel decorso operatorio, evincibile dallo stesso comportamento dell’infermiera. La Corte di Cassazione, alla luce delle argomentazioni svolte in sentenza, che pongono in evidenza la rilevanza dell’omessa informazione in relazione alle condizioni del paziente, alle peculiarità dell’atto operatorio ed ai sintomi constatati in sede di visita pomeridiana, nel corso della quale il paziente aveva accusato forti dolori, ha rigettato il ricorso del medico.

A cura di Marcello Fontana- Settore Legislativo FNOMCeO

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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