Reato di esercizio arbitrario della professione medica

Cassazione Penale  – Reato di esercizio arbitrario della professione medica di cui all’art. 348 c.p.. da parte dell’infermiere. La Corte di Cassazione ha affermato che il reato di abusivo esercizio di una professione ha natura di reato istantaneo sicché, per la sua consumazione, è sufficiente il compimento anche di un solo atto tipico o proprio della professione. (Sentenza n.16265/15)

FATTO: Con sentenza del 28 giugno 2013, la Corte d’appello di Trento ha confermato la sentenza del 23 novembre 2011, con la quale il Tribunale della stessa città ha condannato M.G. alla pena di anni uno, mesi due e giorni nove di reclusione e 1.300 Euro di multa, in relazione ai reati di cui all’art. 348 c.p. , (capo a), art. 356 c.p. , (capo b) e 640 cpv. c.p., (capo e limitatamente alle ipotesi specificamente indicate in dispositivo), per avere, quale infermiere della associazione denominata "Nursing – studio infermieristico associato", operando nella casa di riposo di —–, somministrato ai pazienti farmaci senza la prescrizione medica obbligatoria, dunque esercitando abusivamente la professione medica (capo a); per avere prestato, presso diverse case di riposo e poliambulatori, un numero di ore lavorative inferiore a quello risultante dai cartellini segnatempo (capo b); per avere, con artifici e raggiri – consistiti nel timbrare l’uno per l’altro i cartellini segnatempo, indotto in errore l’ente pubblico ed ottenuto corrispettivi maggiori di quelli dovuti (capo c). Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’Avv. G. Andrea, difensore di fiducia di M.G., e ne ha chiesto l’annullamento.

DIRITTO: La Corte di Cassazione ha rilevato che “come ricostruito dalla Corte distrettuale, l’imputato somministrava, in almeno nove occasioni, a diversi pazienti ricoverati nelle strutture sanitarie ove egli prestava l’attività di infermiere, farmaci per i quali era necessaria la prescrizione medica, essendo privo della qualifica professionale richiesta ed in assenza di prescrizione di un sanitario, in quanto non presente nel diario clinico, né nel piano terapeutico del singolo paziente, neanche con somministrazione al bisogno".D’altra parte, come argomentato in modo puntuale e congruo dal Collegio di merito alla luce delle concordi dichiarazioni rese dal responsabile sanitario D.M. e dall’infermiera N. G., la prescrizione di tale tipologia di farmaci poteva essere certamente impartita dal sanitario oralmente per telefono e, nondimeno, della prescrizione orale del medico avrebbe dovuto necessariamente essere lasciata traccia scritta sul quaderno infermieristico, nella specie del tutto mancante. Né l’integrazione della fattispecie potrebbe ritenersi esclusa per il fatto che la somministrazione ai pazienti di medicinali soggetti a specifica prescrizione sanitaria sia avvenuta in "sole" nove occasioni, come prospettato dal ricorrente. Secondo il costante insegnamento di questo giudice di legittimità, il reato di abusivo esercizio di una professione ha infatti natura di reato istantaneo sicché, per la sua consumazione, è sufficiente il compimento anche di un solo atto tipico o proprio della professione . Pertanto risulta essere infondato anche l’ultimo motivo col quale il ricorrente contesta l’integrazione del reato di esercizio arbitrario della professione medica di cui all’art. 348 c.p.. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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