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Sanità negli Usa: Obama va avanti, nuovo ok alla Camera

Con una cerimonia ufficiale, il Presidente degli USA Barack Obama ha firmato oggi la riforma della Sanità, nel testo varato ieri dalla Camera dei Rappresentanti. 219 voti a favore, 212 contrari, questo l’esito alla Camera, con tre voti in più dei 216 necessari. Si è arrivati a questo risultato a seguito dell’accordo con i deputati democratici antiabortisti, mentre i deputati repubblicani hanno votato contro, compatti, e minacciano sbarramento in Senato sugli emendamenti al testo, concordati alla Camera.

“Yes we did”, “Sì, l’abbiamo fatto”, è il nuovo slogan di Obama, dopo l’ormai famoso “Yes we can”, quel “Si può fare”, grido di battaglia che accompagnò la trionfale campagna elettorale durante la quale la riforma della Sanità era uno dei punti cardine. Una riforma che, nelle intenzioni di Obama, non solo segna un passaggio ‘storico’ della storia degli Stati Uniti perché per la prima volta vengono assicurate cure sanitarie a chi non le aveva mai avute, ma anche perché questa riforma introduce un nuovo modo di concepire il welfare, più equo, più solidale, più vicino ai cittadini.

Dopo il voto della Camera, nella serata di domenica, Obama aveva così inquadrato il significato della riforma: “Siamo ancora un popolo capace di fare grandi cose ed affrontare le grandi sfide. Il voto di oggi – ha dichiarato – realizza i sogni dei tanti che si sono battuti per questo”. Con il tempo, ha poi proseguito il capo della Casa Bianca, una volta che “il dibattito si sarà affievolito”, “ciò che resterà” sarà “un sistema sanitario che riunisce in sé idee di entrambi i partiti. Il provvedimento non risolverà tutto ciò che riguarda il nostro sistema sanitario- ha aggiunto il Presidente- ma ci fa muovere nella giusta direzione. Stasera abbiamo risposto alla chiamata della storia", ha proseguito Obama, ringraziando "ogni esponente del Congresso che si è battuto questa sera con coraggio e convinzione per fare di questa riforma una realtà. So che questo non è stato un voto facile per molti. Ma era il voto giusto. Questa non è una riforma radicale ma è una riforma importante. E’ così – ha concluso – che si presenta il cambiamento". Insomma, al di là degli slogan, al di là di qualche riferimento alla portata ‘storica’ della riforma, se non altro perché era attesa da cento anni, il ragionamento di Obama è con i piedi in terra, concreto, realistico, consapevole delle difficoltà e delle tante incrostazioni che si sono dovute superare per conseguire il risultato.

I contenuti della riforma
Sul nostro portale ci siamo occupati due volte della riforma sanitaria USA, sempre a fine 2009, nei precedenti passaggi istituzionali. Anche allora siamo entrati nel merito, nei contenuti della riforma e nella vicenda aborto, proprio la vicenda che è stata alla base dell’accordo con i deputati democratici antiabortisti, che ha consentito a Obama di portare a casa il risultato. Ma, rispetto a quel testo di Natale 2009, qualcosa è ulteriormente cambiato, anche alcuni numeri. Ecco, in sintesi, i dati salienti della riforma Obama:

940 miliardi: questi sono i dollari che il governo americano dovrà stanziare nei prossimi 10 anni per applicare la riforma. La cifra è il frutto di un compromesso tra quella contenuta nel testo approvato al Senato, di 79 miliardi inferiore, e quella alla Camera, che era superiore di 112 miliardi, in prima lettura.
138 miliardi: è questa la riduzione del deficit federale che la riforma potrà portare sempre nei prossimi 10 anni, mentre, secondo le stime del Congressional Budget Office, organismo indipendente che valuta i provvedimenti legislativi, nel decennio successivo il risparmio dovrebbe arrivare a 1200 miliardi di dollari.
32 milioni: saranno gli americani attualmente senza assicurazione sanitaria che potranno averla grazie alla nuova legge. Secondo il censimento del 2009 sono oltre 46 milioni gli americani attualmente senza assistenza sanitaria, oltre il 15% del totale della popolazione.
695: saranno i dollari di multa annuale che ogni individuo dovrà pagare se violerà la misura che per la prima volta impone l’obbligo di avere un’assicurazione sanitaria. Sarà di 2mila dollari, sempre all’anno, la multa per i datori di lavoro che non la forniranno ai dipendenti. La riforma estende i servizi sanitari a 32 milioni di statunitensi, il 95% dei quasi 300 milioni di cittadini americani disporrà ora di una copertura sanitaria.

Come previsto a fine 2009, il nodo dell’aborto è stato cruciale. In quel momento, la situazione si presentava così: il testo della Camera vietava fondi pubblici per spese mediche legate all’aborto. Anche il testo del Senato andava nella stessa direzione, ma lasciava margini di copertura caso per caso. Per i Democratici ‘liberal’ questi margini erano troppo blandi, per quelli moderati erano il minimo. Sia gli uni, sia gli altri minacciavano di non votare. Ma, alla fine, si è arrivati ai 219 voti a favore grazie al sostegno dei deputati democratici anti-abortisti che hanno strappato in extremis alla Casa Bianca un decreto sul bando all’uso di fondi pubblici nelle interruzioni volontarie di gravidanza. La svolta è arrivata nel pomeriggio di Washington, il voto sul testo del Senato, che entra nei codici come ‘Law of the Land’, è seguito poche ore più tardi. Un comunicato della Casa Bianca aveva preceduto di pochi istanti l’annuncio che Bart Stupak, il deputato cattolico leader degli anti-abortisti della Camera, si era spostato sul fronte del sì. Per il suo cambia-bandiera, Stupak è stato insultato da un repubblicano in Aula come “baby killer”, uccisore di bambini. Determinante nella gestione dell’Aula il ruolo della Speaker Nancy Pelosi, pubblicamente ringraziata da Obama: “Hai fatto quel che nessuno prima di te aveva fatto”.

Qualche altro dato
A fine 2009 parlammo non a caso di ‘riforma a tappe’, ‘a piccoli passi’, sia per il percorso di Obama, sia per i riferimenti ‘storici’ della Sanità made in Usa, così sintetizzati dal capogruppo democratico John Larson: “Il presidente Roosevelt ha fatto approvare la Social Security; Johnson, il Medicare. Oggi è la volta di Obama”. E i repubblicani ironizzano ribattezzando la riforma ‘Obamacare’.

Oltre all’estensione della copertura assicurativa, altri contenuti della riforma sono:

Obbligatorietà dell’assicurazione. È di fatto obbligatorio acquistare una copertura sanitaria individuale, pena una multa di 695 dollari oppure – se la cifra dovesse risultare maggiore – del 2% dei redditi entro il 2016 (695 dollari e il 2,5%, con l’emendamento).
Obbligo per i datori di lavoro. Il testo del Senato non lo include, ma richiede alle aziende con 50 o più impiegati di contribuire alla spesa se questa è a carico dei contribuenti. L’emendamento prevede per le stesse imprese una tassa annuale di 2mila dollari, ma applicabile solo a partire dal trentesimo impiegato.
Aborto. Obama ha approvato un executive order che di fatto mantiene lo status quo – niente fondi federali se non in casi estremi – nonostante la legge preveda la possibilità di ricorrere alle assicurazioni per le interruzioni di gravidanza, pagandole tuttavia come un servizio a parte rispetto alla normale copertura.
Finanziamento. La copertura finaziaria alla legge è assicurata dai tagli al programma Medicare (il vecchio programma di assistenza sanitaria agli anziani ndr.) e a nuove tasse, comprese quella sulle coperture assicurative che superano i 23mila dollari per una famiglia di quattro persone, nonché le coppie con un reddito superiore ai 250mila dollari l’anno. L’emendamento ritara l’impatto fiscale ma prevede anche una tassa sugli investimenti del 3,5% sempre per le coppie con un reddito superiore ai 250mila dollari l’anno.
Ampliamento della copertura per gli indigenti. Il servizio per i cittadini indigenti verrebbe ampliato fino a coprire chiunque guadagni meno del 133% della soglia di povertà a livello federale (circa 29mila dollari l’anno per una famiglia di quattro persone). L’emendamento viene incontro alle esigenze dei governi statali aumentando il contributo federale alla copertura dei costi.

Tutta questa vicenda ha dimostrato che gli americani non scherzano. A livello di Senato, di Camera dei Rappresentati e in altre sedi politiche le polemiche tra fautori e detrattori della riforma Obama sono state feroci e sono destinate a esserlo anche nelle fasi applicative del provvedimento. La notizia del voto della Camera USA è rimbalzata in tutto il mondo ed è chiaro che su una riforma così la politica si divide.

E anche la riforma Usa in Italia è occasione per litigare su tutto
Anche in Italia, dove però i toni sono naturalmente accesi e sopra le righe: da noi si litiga anche per una riforma sanitaria fatta Oltreoceano, come se litigare su Obama potesse cambiare il risultato del confronto elettorale tra Emma Bonino e Renata Polverini nel Lazio o tra Roberto Formigoni e Filippo Penati in Lombardia. Un rapporto causa-effetto inteso in maniera bizzarra. Ma, si sa, in Italia si litiga su tutto. Silvio Berlusconi su Obama è calmo e si congratula: “La riforma della Sanità approvata questa notte grazie alla ferma volontà e alla nobile decisione del presidente Obama, – si legge in una nota – rappresenta un successo della democrazia e il valore di una politica che mantiene gli impegni assunti con gli elettori. Si tratta di una forte testimonianza anche per noi – aggiunge – che lavoriamo per un progresso e un ampliamento della libertà che non lasci nessuno ai margini della società”. Tutto a posto? Neanche per idea. La riforma Obama è un motivo in più per attaccare Berlusconi. Il capogruppo di Italia dei Valori al Senato Felice Belisario la vede così: “Il presidente degli Usa si batte e vince per una sanità pubblica, nel rispetto delle regole e nell’interesse dei cittadini; noi invece abbiamo un premier che anziché affrontare i problemi del Paese reale si occupa solo di difendere i suoi interessi privati: ecco la differenza – conclude Belisario – tra un grande politico e uno piccolo, piccolo”. Non è da meno la capogruppo del PD al Senato Anna Finocchiaro che, nel fare i complimenti a Obama, attacca Berlusconi accusandolo di “sparare bufale come quella di sconfiggere il cancro in tre anni dal palco di piazza San Giovanni, mancando di rispetto ai tanti che purtroppo conoscono la realtà di quella malattia. Perché il nostro presidente, si sa, preferisce gli annunci alle risposte concrete. Come quelle che ancora attendono i cittadini italiani”.

In soccorso al Premier il vicecapogruppo alla Camera Simone Baldelli, che se la prende ovviamente con la sinistra italiana: “Il fatto che Berlusconi abbia pubblicamente apprezzato la riforma del sistema assicurativo sanitario in USA, voluta dal Presidente Obama, ha suscitato le reazioni irritate e volgari di diversi esponenti delle opposizioni, impegnati nel tentativo ridicolo e fallace di dar vita ad una sorta di speculazione elettorale, ipocrita e provinciale, sulla scia del risultato politico di questa riforma storica. Gli elettori italiani hanno la consapevolezza che, specie in ambito sanitario, la sinistra nostrana è identificabile con il debito di 1.200 milioni di euro lasciato nel Lazio da Marrazzo o con la gestione Bassolino in Campania, o con la malasanità in Puglia, ma non certo con la riforma di Barack Obama”.

Più equilibrato il commento di Ignazio Marino, conoscitore della realtà americana, che però assesta comunque un colpo al Governo italiano: “Grazie a questa riforma, fortemente voluta e sostenuta dal presidente Obama, gli Usa vanno nella direzione di colmare una grave carenza per un grande paese democratico. Una nazione – continua Marino – che mette a disposizione le risorse per mantenere più di mille basi militari in giro per il mondo non può ignorare le esigenze dei suoi cittadini in termini di cure mediche. Non dimentichiamo che negli USA se non hai un’assicurazione privata non hai nessuna possibilità di accedere alle cure, se per esempio hai un tumore nessun ospedale ti opererà’, se hai il diabete nessuno ti fornisce i farmaci. Con il voto di ieri gli Stati Uniti riconoscono il principio che la salute va garantita e va considerata come un fondamento di uno stato democratico evitando gravi ingiustizie tra chi può permettersi di curarsi e chi può solo sperare nel destino. Ma va ricordato che l’assenza di garanzie sociali e di diritti come quello alle cure rischiano di dare origine a instabilità sociale, tensioni, conflittualità. Va dato atto al coraggio, alla determinazione e alla volontà ferrea di Obama che non ha ceduto alle pressioni e agli interessi di gruppi di potere. E’ questo che ci si aspetta da un Presidente di un grande paese: ci si aspettano riforme strutturali che contribuiscano al progresso di tutto il paese e al miglioramento generale delle condizioni di vita dei cittadini. Esattamente il contrario di quanto accade in Italia dove le riforme annunciate dal Governo restano nell’album dei sogni mentre la scuola pubblica viene di fatto smantellata e la sanità pubblica viene tenuta sempre meno in considerazione”. Sì, e così di corsa, litigando su tutto, verso le regionali del 28 e 29 marzo.

Autore: Redazione FNOMCeO

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