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Seminario Nazionale Farmaci e Donne: l’intervento di Maurizio Benato

Il vicepresidente della FNOMCeO, Maurizio Benato ha partecipato al IV Seminario Nazionale Farmaci e Donne sul tema “Salute e Medicina in una prospettiva di genere”, tenutosi a Roma il 20 gennaio (Aula Pocchiari – ISS -viale Regina Elena n. 299) e organizzato dalla Società Italiana di Farmacologia in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità. Al centro dei lavori un tema che in passato è stato troppo spesso trascurato, almeno fino a circa quindici anni or sono, e sul quale oggi siamo chiamati a confrontarci essendo il genere un elemento dai connotati non solo biologici, ma anche sociali.

“Da diversi anni siamo sollecitati dal Consiglio dell’Unione europea a raccogliere dati specifici di genere in materia di sanità, ad analizzarne le statistiche, perché pochissimo è stato fin ora realizzato” ha detto Benato rifacendosi ai contenuti della relazione presentata al Seminario.
“Il genere, infatti, assunto come un determinante essenziale della salute, riposiziona l’analisi e la valutazione dei dati, rende esplicite evidenze che non sarebbero altrimenti riconosciute e che rimarrebbero invisibili. Ed inoltre contribuisce a delineare nuove priorità, nuove azioni, obiettivi e programmi. Promuovere la ricerca e la ricerca sanitaria differenziata in base al genere significa, pertanto, affrontare le disuguaglianze nella salute e garantire parità di trattamento e di accesso alle cure”.

Quale è oggi – presidente Benato la posizione della medicina internazione nei confronti della medicina di genere?
Diversi organismi e istituzioni internazionali dedicano all’argomento importanti progetti di ricerca, finanziamenti e gruppi di lavoro; tra questi l’Organizzazione Mondiale della Sanità che si è posta numerosi e ambiziosi obiettivi nella riduzione delle disuguaglianze di genere per mezzo di specifici programmi di ricerca e di valutazione delle politiche nazionali.
Emerge sempre con più chiarezza che gli uomini stanno guadagnando in anni di vita ‘di salute’ mentre le donne guadagnano in anni di vita ‘di disabilità’, malgrado l’aspettativa di vita stia crescendo in tutti i Paesi.
Questo paradosso di tassi più bassi in termini di mortalità e più alti in termini di morbosità delle donne rispetto agli uomini rinfocola il dibattito attuale tra biologi, clinici e sociologi. Ci si chiede se queste differenze siano biologiche o sociali oppure riferite ad entrambi gli aspetti.
La maggior parte della ricerca che sta alla base delle azioni mediche è stata condotta sull’uomo e le azioni mediche vengono quotidianamente traslate alla donna in molti casi senza prove, quasi che l’uomo sia considerato il riferimento normale.

Può fornirci qualche esempio?
Certamente. La malattia che prevale nel mondo occidentale e che provoca più del 50% delle morti è quella cardiovascolare. Studi dagli anni ’50 si sono succeduti per capire le cause di questa malattia: la maggior parte dei lavori epidemiologici tuttavia sono stati condotti sugli uomini. Oggi invece constatiamo che la malattia coronarica, considerata una tipica malattia maschile, prevale più nella donna che nell’uomo. Perché? Non solo perché la donna invecchia di più, ma anche perché i fattori che provocano questa malattia hanno un impatto molto diverso nella donna rispetto all’uomo ; e allora le azioni di prevenzione sono state condotte probabilmente in modo sbagliato! Il risultato è che nella donna queste malattie non sono diminuite come nell’uomo nel corso degli ultimi 30 anni, anzi sono in aumento.
Qualche flash: la cosiddetta aspirinetta, caposaldo della prevenzione dell’infarto, nella donna non funziona, il diabete è molto più cattivo nella donna (provoca infarto 3 volte più che nell’uomo), l’infiammazione provoca aterosclerosi nella donna più che nell’uomo, il colesterolo totale ha un diverso significato nella donna; nella donna poi ci sono fattori psicosociali che influiscono sulla malattie vascolari”.

Esistono quindi differenze anatomiche ed elettrofisiologiche…
E’ accertato che la frequenza cardiaca è più veloce nella donna anche durante il sonno, che nella donna si ammalano di più i piccoli vasi dell’albero coronarico, mentre nell’uomo i grossi vasi (la coronarografia può non essere l’esame giusto nel sesso femminile!). Che i sintomi di infarto possono essere profondamente differenti nella donna rispetto all’uomo; che la placca aterosclerotica nell’uomo si ulcera mentre nella donna è più giovane e si erode. E così in molti altri campi: il cancro del polmone nella donna è localizzato prevalentemente in periferia, e quindi causa meno sintomi, nell’uomo invece più spesso si localizza a livello mediastinico e paramediastinico. Il cervello nell’uomo è più grande e ha più cellule. Il cervello della donna invece ha più connessioni intracellulari. La composizione della bile è differente nei due sessi e la donna ha più facilità ad avere calcoli. Molti farmaci hanno azioni diverse nell’uomo e nella donna (differente espressione di diversi citocromi) con conseguente diverso metabolismo. Purtroppo il mondo scientifico (epidemiologi, biologi, medici) nei confronti del mondo femminile possiamo dire che è stato colpito dalla “sindrome del bikini”: gli studi sulla donna negli ultimi decenni si sono concentrati sull’apparato riproduttivo e sul seno!

Possiamo dire che oggi, finalmente, si corre ai ripari visto che la medicina ha deciso di affrontare in un modo nuovo i problemi di salute della donna e dell’uomo?
Si, ed ecco la necessità e la nascita della “Medicina di genere”, che non è la medicina che studia le malattie che colpiscono prevalentemente le donne rispetto agli uomini, ma è la scienza che studia l’influenza del sesso (accezione biologica) e del genere (accezione sociale) sulla fisiologia, fisiopatologia e clinica di tutte le malattie per giungere a decisioni terapeutiche basate sull’evidenza sia nell’uomo che nella donna.
La medicina di genere, che vede oggi nascere istituti, cattedre universitarie e centri di ricerca in tutto il mondo, è quindi una scienza multidisciplinare che vuole dedicarsi alla ricerca per descrivere le differenze anatomo-fisiologiche nell’uomo e nella donna, identificare le differenze nella fisiopatologia delle malattie, descrivere le manifestazioni cliniche eventualmente differenti nei due sessi, valutare l’efficacia degli interventi diagnostici e terapeutici e delle azioni di prevenzione ed infine sviluppare protocolli di ricerca che trasferiscano i risultati delle ricerche genere-specifiche nella pratica clinica.

Autore: Redazione FNOMCeO

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